Quante sono? A essere sinceri non lo sa nessuno, né gli avvocati né i sindacati e neppure le diverse associazioni interessate all’argomento. Si sa solo che da mesi, con cadenza ravvicinata, si moltiplicano le sentenze che smontano l’obbligo di vaccinazione anti Covid come misura legittima per fare fronte alla pandemia. A rivolgersi ai giudici sono infermieri, insegnanti, medici o semplici dipendenti, i quali avendo deciso di non sottostare al ricatto dell’iniezione in cambio del lavoro, sono stati sospesi dagli incarichi e collocati a casa senza stipendio. A distanza di mesi, chiusa la fase dell’emergenza, la maggior parte delle vittime di un provvedimento fortemente lesivo delle libertà costituzionali (ci si ricorda che la Repubblica è fondata sul lavoro solo quando conviene) ha deciso di rivolgersi alla magistratura. E i tribunali stanno dando loro ragione, riconoscendo i torti subiti e condannando enti a risarcire quanti sono stati danneggiati dai diktat governativi.
Certo, ora sono in pochi a ricordarsi dei dpcm che costringevano le persone a offrire il braccio alla patria in cambio del diritto a conservare posto e retribuzione, oltre che a utilizzare i trasporti e ad accedere ai locali pubblici. Eppure, quella stagione non soltanto ha scalfito le regole della democrazia («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» recita l’articolo 3 della Costituzione, anche questo usato soltanto quando fa comodo), ma ha danneggiato professionalmente ed economicamente migliaia di famiglie, che per non chinare la testa hanno deciso di non vaccinarsi. Però ora, passato l’allarme, i licenziamenti e le sospensioni dal lavoro finiscono davanti ai giudici, i quali sempre più spesso riconoscono la totale illegittimità dei provvedimenti che tolsero lavoro, retribuzione ma anche dignità ai «ribelli». Già, in molti furono allontanati con disprezzo, tacciati di essere pericolosi per la collettività, senza mai ascoltarne le ragioni e senza mai comprendere i rischi connessi alla vaccinazione. È il caso di una docente di Benevento in servizio in un istituto di Parma la quale, avendo seguito una terapia a base di cortisone, facendosi forte di un parere medico, aveva rifiutato l’inoculazione anti Covid, chiedendo alla propria scuola di essere esentata dall’obbligo vaccinale. Inutile dire che i dirigenti dell’istituto non accolsero la richiesta, ma la sospesero dal servizio con effetto immediato. A distanza di due anni e mezzo, il tribunale non soltanto ha ritenuto che l’allontanamento fosse illegittimo, ma ha disposto la corresponsione di tutti gli stipendi che la docente non ha potuto incassare, aggiungendo in sovrappiù un risarcimento dei danni non patrimoniali. A L’Aquila, nel caso di un ultracinquantenne che era stato lasciato a casa in quanto non vaccinato, ha dichiarato illegittimo il provvedimento e ha condannato il datore di lavoro al pagamento dei mancati stipendi, riconoscendo anche un risarcimento per «il danno biologico causato dallo stress del lavoratore». Nella sentenza, non soltanto è richiamato l’articolo uno della Costituzione, ma si fa anche menzione della discriminazione che consentiva che alcuni lavoratori potessero accedere al luogo di lavoro e altri no. Tutto ciò, spiega il magistrato, sulla base di valutazioni errate e prive di fondamento.
Insomma, ciò che la Consulta non ha avuto il coraggio di fare, ossia dichiarare incostituzionale il green pass, lo fanno con i loro pronunciamenti tanti magistrati che smontano pezzo dopo pezzo la cultura giuridica dell’emergenza e ne riconoscono l’illegittimità. Il fatto che ormai siano molte le condanne di enti pubblici e aziende che hanno disposto la sospensione dei lavoratori non vaccinati pone però almeno un paio di problemi. Chi risarcirà ministeri e uffici pubblici, ma anche le aziende private, che seguendo alla lettera le misure del governo hanno disposto la sospensione di un lavoratore provocando a lui e alla sua famiglia un danno? La Corte dei conti è sempre pronta a sanzionare i pubblici amministratori che con il loro comportamento causano una perdita allo Stato. Dunque, in questo caso, chi si farà carico materialmente degli indennizzi fissati dalla magistratura?
Non solo. C’è un problema forse ancora più grosso del precedente. Se davvero le misure che hanno lasciato senza lavoro e senza stipendio, ma anche senza treni e senza autobus, sono illegittime, chi risponderà della violazione dei principi costituzionali? Matteo Salvini, per aver tenuto un centinaio di migranti su una barca, è a processo con l’accusa di aver sequestrato le persone. E con chi ha rinchiuso in casa milioni di italiani o li ha discriminati, che si fa? Si archivia come a quanto pare qualcuno vorrebbe fare con Roberto Speranza e compagni?