Fabio Panetta (Ansa)
Per Ambrosetti il futuro è senza cash ma, come ricorda Bankitalia, quote di cittadini rimarrebbero ai margini della società. E gli alloggi verdi? «Portano risparmi per 19 miliardi». Peccato che bisognerà spenderne 330...
«Roses are red / Violets are blue / We will stay the course / And return inflation to 2», cinguettava l’account Twitter della Bce a San Valentino. L’atmosfera attorno a Christine Lagarde tuttavia non è delle più romantiche. Le notizie meno brutte sulla tenuta economica del Vecchio continente non chiudono le polemiche e le critiche sulla gestione della politica monetaria da parte dell’ex ministro francese. Lei ci mette del suo: dopo essere passata alla storia per l’imbarazzante lettera (svelata nel 2013) a Nicolas Sarkozy in cui si offriva all’allora numero uno dell’Eliseo («Usami per il tempo che ti serve», «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno»), ha recentemente ribadito l’essenziale necessità di non subire «interferenze della politica», proprio mentre ha dichiarato che la transizione ecologica rientra negli obiettivi dell’istituto che dirige.
Se due mesi fa destava scalpore l’intemerata di Guido Crosetto contro la guida della Bce, oggi è difficile trovare in Italia qualcuno che sostenga l’operato tecnico, politico e comunicativo dell’ex numero uno del Fondo monetario. Alle uscite di Sileoni (Fabi), Patuelli (Abi), Visco (Bankitalia), ha fatto seguito ieri il posizionamento forse più clamoroso: quello di Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo dell’istituto di Francoforte.
Quest’ultimo, fortemente corteggiato da Giorgia Meloni (e Sergio Mattarella) per il ruolo di numero uno del Mef nell’autunno scorso, è intervenuto ieri al Centre for european reform di Londra: «Considero imprudente», ha detto, «muoversi molto velocemente. Siamo di fronte a una incertezza molto elevata. Non dico che dobbiamo fermarci, ma di prenderci il tempo che serve per valutare meglio l’economia». Una posizione indubitabilmente eccentrica rispetto all’annuncio della Bce di voler innalzare i tassi di interesse di altri 50 punti base a marzo. Ci fossero dubbi, Panetta ha rincarato: «In un simile contesto la Bce non dovrebbe vincolare in modo incondizionato la sua politica monetaria futura», poiché «non è più necessario porre enfasi unicamente sui rischi inflazionistici al fine di evitare gli scenari peggiori. Occorre invece considerare il rischio che la stretta monetaria risulti eccessiva, oltre all’eventualità che la nostra azione possa rivelarsi insufficiente. Dobbiamo procedere con gradualità, al fine di evitare costi eccessivi per l’economia reale».
Panetta, come mostra la direzione annunciata dalla Lagarde, non incarna certo una visione maggioritaria in Bce, ed è anche possibile che le sue dichiarazioni siano da leggere in ottica molto «italiana» come manifestazione d’interesse per la posizione di governatore di Bankitalia. Di certo, l’alto funzionario ha il merito di puntare il dito sull’altra gigantesca grana per la Lagarde: l’allargarsi dell’Atlantico in termini di differenze tra Fed e Bce. Negli Usa, ha detto Panetta, se si commettessero errori al rialzo sui tassi «ci sarebbero margini per tornare a stimolare l’economia, mentre nell’area euro non penso che siamo nella stessa situazione e il rischio che si corre a spingere i tassi troppo in alto è più elevato». Chiusa battistiana sulle parole di Emozioni, con annesso invito a non «guidare come un pazzo a fari spenti nella notte».
Proprio sul crinale Usa/Ue è di questi giorni la pubblicazione di un paper, piuttosto tecnico ma molto interessante nelle conclusioni, diffuso dalla Fed di New York dal titolo eloquente: «Is the Green Transition Inflationary?». Il documento approfondisce il solco aperto dal capo della Fed, Jerome Powell («Lavoro per la stabilità, non per la green economy») rispetto alla Bce, che con il membro del board di Francoforte, la potente tedesca Isabel Schnabel, ha fatto sapere che «userà la leva monetaria per finanziare la politica green in Europa». Lo studio della Fed newyorkese (leggibile all’indirizzo rb.gy/n8tyrf) non a caso confuta proprio un documento della Schnabel, concludendo che la transizione green non è un obiettivo di politica monetaria ma una sfida per le banche centrali, e che un’alta inflazione non è un destino inevitabile.