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2024-08-22
«Un mercato unico pure per energia e Tlc»
Fabio Panetta (Ansa)
«Tra le riforme necessarie per la competitività dell’economia europea» non c’è soltanto «l’importanza di creare una capacità fiscale comune» ma anche «l’allargamento del mercato unico ai settori oggi esclusi, come le telecomunicazioni e l’energia, al fine di stimolare concorrenza ed efficienza». È uno dei passaggi del lungo intervento fatto ieri dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, davanti alla platea del Meeting di Rimini, che più ci ha colpito. Perché l’operazione da lui invocata rischia di trasformarsi in un boomerang per il nostro Paese considerando che non possiamo contare su giganti nazionali né nel comparto energetico né tantomeno in quello delle Tlc. E dunque un allargamento del mercato unico a questi due settori potrebbe diventare un problema per le nostre aziende e un vantaggio per i competitori europei. Per il governatore va comunque realizzato «un ambiente normativo favorevole all’attività imprenditoriale, che possa attrarre investimenti privati e incentivare l’innovazione, il potenziamento dei legami tra il mondo accademico e il sistema produttivo, al fine di trasformare i risultati della ricerca in prodotti e servizi competitivi sul mercato globale».
Panetta al Meeting ieri ha toccato molti altri punti. Ha rilanciato una moral suasion rivolta a Christine Lagarde sul fronte dei tassi: «La fine della politica restrittiva è già iniziata, la Bce ha già tagliato i tassi, e ora c’è una discussione su ciò che farà a settembre. Io credo che sia ragionevole aspettarsi che si vada verso una condizione di allentamento della politica monetaria» perché «l’inflazione sta rallentando, l’economia mondiale sta rallentando, quella degli Stati uniti, come quella della Cina e anche quella dell’Europa», ha detto.
Per poi puntare il dito sul «problema cruciale» dell’Italia che, ha detto, «rimane la riduzione del debito pubblico in rapporto al prodotto. Un debito elevato rende più onerosi i finanziamenti alle imprese, frenandone la competitività e l’incentivo a investire; espone l’economia italiana ai movimenti erratici dei mercati finanziari. Sottrae risorse alle politiche anticicliche, agli interventi sociali e alle misure in favore dello sviluppo», ha aggiunto. Mettendo in rilievo che «l’Italia è l’unico Paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione». Questo significa che «l’alto debito sta gravando sul futuro delle giovani generazioni, limitando le loro opportunità». Tuttavia, «la riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico».
Alla platea di Rimini, Panetta ha inoltre evidenziato le proiezioni demografiche che «indicano che nei prossimi decenni si ridurrà il numero di cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani. Questa dinamica rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici». Per contrastare questi effetti, secondo il governatore, «è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei Paesi - tra cui l’Italia - dove i divari di partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi. Anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura». Attenzione, però, perché l’ingresso di immigrati regolari «andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro». E «anche con più occupazione e più lavoratori stranieri, il contributo del lavoro alla crescita sarà però contenuto», ha subito aggiunto. Spiegando che «solo una maggiore produttività, cioè un incremento del prodotto per ora lavorata, potrà assicurare sviluppo e redditi elevati». Il problema, ha proseguito, è che «in Europa la produttività cresce lentamente: negli ultimi due decenni abbiamo accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti, principalmente a causa della difficoltà che le imprese europee incontrano nell’utilizzare nuove tecnologie nel processo produttivo».
Panetta si è infine soffermato anche sul progetto di Unione del mercato dei capitali in Ue: sarebbe «importante per una condivisione dei rischi» e per gli investimenti, e il motivo principale della difficoltà nell’integrare i mercati finanziari europei è che «manca un titolo privo di rischio unico europeo».
«Sulla previdenza complementare riapriamo il silenzio-assenso»
La seconda giornata del Meeting di Rimini ospita tre ministri di peso e offre nuovi spunti di riflessione su temi vari, dalla cittadinanza alle pensioni e, ancora, Province e trasporti. Il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini coglie l’occasione per tornare su ius scholae e Forza Italia. «Penso di escludere che voti col Pd e con i 5 stelle su temi legati all’immigrazione. Il programma per cui ci hanno votato gli italiani è leggermente diverso». Poi precisa: «Abbiamo ancora davanti tre anni e due mesi di lavoro. Ci hanno votato per cinque anni e noi per cinque anni andiamo avanti a governare perché questa è la missione che ci siamo imposti». Il segretario Antonio Tajani spinge molto sullo ius scholae e anche il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha colto l’occasione del palco di Cl a Rimini per affrontare il dossier. Non un’apertura, certo, ma neanche un veto. «Non vorrei anticipare discussioni che in questi giorni sono un po’ complicate, ma bisogna porsi il problema di come rendiamo» i migranti «nostri cittadini». E in merito alla modifica della legge: «Anche le macchine migliori, quelle più lucide e belle, hanno bisogno di una revisione ogni tanto». Il responsabile del Viminale ha poi ricordato come «nella sequenza decennale» la «nostra legislazione permette il maggior numero di concessioni di cittadinanze rispetto agli altri Paesi dell’Europa», insomma «quasi il doppio rispetto a Germania e Francia». Quindi «non c’è un quadro di chiusura totale». E poi «pochi dicono che nel nostro ordinamento c’è uno spunto di ius soli, all’articolo 4».Salvini poi rispondendo ai giornalisti parla dell’incontro con il premier Giorgia Meloni in Puglia. «Non abbiamo parlato di politica, abbiamo fatto merenda», sostiene. Poi va sui temi del suo ministero e si leva un sassolino dalla scarpa dopo le critiche sulla puntualità dei treni: «Oggi arrivano puntuali nel 93% dei casi con 1.400 cantieri aperti e 650 milioni di investimenti». Poi passa ai provvedimenti. «Spero veramente che a settembre il Parlamento dia il via libera e si parta» ha detto parlando del nuovo Codice della strada all’esame del Senato. E poi ancora sulle Province. Sbagliato abolirle per il vicepremier. «Le Province dovevano manutenere le strade e le scuole e basta vedere in che condizioni sono le strade e le scuole per capire quanto sia stato poco furbo svuotare le Province e quanto servirà reintrodurle». E per quanto riguarda la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina «ci sono 239 domande dal ministero dell’Ambiente a cui verranno date 239 risposte entro il mese di settembre, quindi è chiaro che se si sono presi quattro mesi in più per dare tutte le garanzie ambientali possibili e immaginabili, cosa che è giusto che sia, entro l’anno l’obiettivo è approvare il progetto definitivo e partire con la cantierizzazione».Sempre sulle strade interviene anche Piantedosi. «Si è rafforzata la collaborazione con il ministero delle Infrastrutture per promuovere la sicurezza sulla strada. Purtroppo, non abbiamo moltissimi strumenti finanziari per sistemare le nostre infrastrutture, il Pnrr in questo non ci ha aiutato».Anche il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone è intervenuta al meeting di Rimini parlando soprattutto di pensioni. «Io credo che sul tema della previdenza complementare di cui si è parlato in questi giorni si debbano fare assolutamente, e si stanno facendo, delle riflessioni perché il secondo pilastro pensionistico è sicuramente importante come supporto alla previdenza di primo livello». Per questo «credo che su questo tema ci siano da fare delle valutazioni ulteriori che sono certamente legate all’ipotesi di una riapertura di un semestre di silenzio-assenso». Poi ha argomentato: «Lo ritengo necessario anche perché forse oggi uno degli elementi che ha costituito una scarsa appetibilità della previdenza complementare soprattutto nei confronti delle giovani generazioni è il fatto che magari non è stata spiegata bene, non è ben compresa». Per questo aggiunge: «C’è bisogno di fare sicuramente anche molta promozione in questo anche e di portare a bordo». Ma, per quanto riguarda la manovra, «credo che sia ancora presto per dire quale sarà l’assetto della manovra di bilancio sul tema specifico degli anticipi pensionistici e delle uscite».
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Riduci
Il governatore di Bankitalia lancia la proposta, ma in questi settori il nostro Paese non conta giganti e rischia di farsi mangiare. Pressing sul taglio dei tassi. Sui migranti: «Anche con più stranieri contributo alla crescita contenuto. Serve più produttività».Proposta della Calderone. Salvini contro Tajani: «Alla fine Fi non voterà lo ius scholae».Lo speciale contiene due articoli.«Tra le riforme necessarie per la competitività dell’economia europea» non c’è soltanto «l’importanza di creare una capacità fiscale comune» ma anche «l’allargamento del mercato unico ai settori oggi esclusi, come le telecomunicazioni e l’energia, al fine di stimolare concorrenza ed efficienza». È uno dei passaggi del lungo intervento fatto ieri dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, davanti alla platea del Meeting di Rimini, che più ci ha colpito. Perché l’operazione da lui invocata rischia di trasformarsi in un boomerang per il nostro Paese considerando che non possiamo contare su giganti nazionali né nel comparto energetico né tantomeno in quello delle Tlc. E dunque un allargamento del mercato unico a questi due settori potrebbe diventare un problema per le nostre aziende e un vantaggio per i competitori europei. Per il governatore va comunque realizzato «un ambiente normativo favorevole all’attività imprenditoriale, che possa attrarre investimenti privati e incentivare l’innovazione, il potenziamento dei legami tra il mondo accademico e il sistema produttivo, al fine di trasformare i risultati della ricerca in prodotti e servizi competitivi sul mercato globale».Panetta al Meeting ieri ha toccato molti altri punti. Ha rilanciato una moral suasion rivolta a Christine Lagarde sul fronte dei tassi: «La fine della politica restrittiva è già iniziata, la Bce ha già tagliato i tassi, e ora c’è una discussione su ciò che farà a settembre. Io credo che sia ragionevole aspettarsi che si vada verso una condizione di allentamento della politica monetaria» perché «l’inflazione sta rallentando, l’economia mondiale sta rallentando, quella degli Stati uniti, come quella della Cina e anche quella dell’Europa», ha detto.Per poi puntare il dito sul «problema cruciale» dell’Italia che, ha detto, «rimane la riduzione del debito pubblico in rapporto al prodotto. Un debito elevato rende più onerosi i finanziamenti alle imprese, frenandone la competitività e l’incentivo a investire; espone l’economia italiana ai movimenti erratici dei mercati finanziari. Sottrae risorse alle politiche anticicliche, agli interventi sociali e alle misure in favore dello sviluppo», ha aggiunto. Mettendo in rilievo che «l’Italia è l’unico Paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione». Questo significa che «l’alto debito sta gravando sul futuro delle giovani generazioni, limitando le loro opportunità». Tuttavia, «la riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico».Alla platea di Rimini, Panetta ha inoltre evidenziato le proiezioni demografiche che «indicano che nei prossimi decenni si ridurrà il numero di cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani. Questa dinamica rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici». Per contrastare questi effetti, secondo il governatore, «è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei Paesi - tra cui l’Italia - dove i divari di partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi. Anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura». Attenzione, però, perché l’ingresso di immigrati regolari «andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro». E «anche con più occupazione e più lavoratori stranieri, il contributo del lavoro alla crescita sarà però contenuto», ha subito aggiunto. Spiegando che «solo una maggiore produttività, cioè un incremento del prodotto per ora lavorata, potrà assicurare sviluppo e redditi elevati». Il problema, ha proseguito, è che «in Europa la produttività cresce lentamente: negli ultimi due decenni abbiamo accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti, principalmente a causa della difficoltà che le imprese europee incontrano nell’utilizzare nuove tecnologie nel processo produttivo». Panetta si è infine soffermato anche sul progetto di Unione del mercato dei capitali in Ue: sarebbe «importante per una condivisione dei rischi» e per gli investimenti, e il motivo principale della difficoltà nell’integrare i mercati finanziari europei è che «manca un titolo privo di rischio unico europeo». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mercato-unico-energia-e-tlc-2669006801.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sulla-previdenza-complementare-riapriamo-il-silenzio-assenso" data-post-id="2669006801" data-published-at="1724320953" data-use-pagination="False"> «Sulla previdenza complementare riapriamo il silenzio-assenso» La seconda giornata del Meeting di Rimini ospita tre ministri di peso e offre nuovi spunti di riflessione su temi vari, dalla cittadinanza alle pensioni e, ancora, Province e trasporti. Il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini coglie l’occasione per tornare su ius scholae e Forza Italia. «Penso di escludere che voti col Pd e con i 5 stelle su temi legati all’immigrazione. Il programma per cui ci hanno votato gli italiani è leggermente diverso». Poi precisa: «Abbiamo ancora davanti tre anni e due mesi di lavoro. Ci hanno votato per cinque anni e noi per cinque anni andiamo avanti a governare perché questa è la missione che ci siamo imposti». Il segretario Antonio Tajani spinge molto sullo ius scholae e anche il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha colto l’occasione del palco di Cl a Rimini per affrontare il dossier. Non un’apertura, certo, ma neanche un veto. «Non vorrei anticipare discussioni che in questi giorni sono un po’ complicate, ma bisogna porsi il problema di come rendiamo» i migranti «nostri cittadini». E in merito alla modifica della legge: «Anche le macchine migliori, quelle più lucide e belle, hanno bisogno di una revisione ogni tanto». Il responsabile del Viminale ha poi ricordato come «nella sequenza decennale» la «nostra legislazione permette il maggior numero di concessioni di cittadinanze rispetto agli altri Paesi dell’Europa», insomma «quasi il doppio rispetto a Germania e Francia». Quindi «non c’è un quadro di chiusura totale». E poi «pochi dicono che nel nostro ordinamento c’è uno spunto di ius soli, all’articolo 4».Salvini poi rispondendo ai giornalisti parla dell’incontro con il premier Giorgia Meloni in Puglia. «Non abbiamo parlato di politica, abbiamo fatto merenda», sostiene. Poi va sui temi del suo ministero e si leva un sassolino dalla scarpa dopo le critiche sulla puntualità dei treni: «Oggi arrivano puntuali nel 93% dei casi con 1.400 cantieri aperti e 650 milioni di investimenti». Poi passa ai provvedimenti. «Spero veramente che a settembre il Parlamento dia il via libera e si parta» ha detto parlando del nuovo Codice della strada all’esame del Senato. E poi ancora sulle Province. Sbagliato abolirle per il vicepremier. «Le Province dovevano manutenere le strade e le scuole e basta vedere in che condizioni sono le strade e le scuole per capire quanto sia stato poco furbo svuotare le Province e quanto servirà reintrodurle». E per quanto riguarda la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina «ci sono 239 domande dal ministero dell’Ambiente a cui verranno date 239 risposte entro il mese di settembre, quindi è chiaro che se si sono presi quattro mesi in più per dare tutte le garanzie ambientali possibili e immaginabili, cosa che è giusto che sia, entro l’anno l’obiettivo è approvare il progetto definitivo e partire con la cantierizzazione».Sempre sulle strade interviene anche Piantedosi. «Si è rafforzata la collaborazione con il ministero delle Infrastrutture per promuovere la sicurezza sulla strada. Purtroppo, non abbiamo moltissimi strumenti finanziari per sistemare le nostre infrastrutture, il Pnrr in questo non ci ha aiutato».Anche il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone è intervenuta al meeting di Rimini parlando soprattutto di pensioni. «Io credo che sul tema della previdenza complementare di cui si è parlato in questi giorni si debbano fare assolutamente, e si stanno facendo, delle riflessioni perché il secondo pilastro pensionistico è sicuramente importante come supporto alla previdenza di primo livello». Per questo «credo che su questo tema ci siano da fare delle valutazioni ulteriori che sono certamente legate all’ipotesi di una riapertura di un semestre di silenzio-assenso». Poi ha argomentato: «Lo ritengo necessario anche perché forse oggi uno degli elementi che ha costituito una scarsa appetibilità della previdenza complementare soprattutto nei confronti delle giovani generazioni è il fatto che magari non è stata spiegata bene, non è ben compresa». Per questo aggiunge: «C’è bisogno di fare sicuramente anche molta promozione in questo anche e di portare a bordo». Ma, per quanto riguarda la manovra, «credo che sia ancora presto per dire quale sarà l’assetto della manovra di bilancio sul tema specifico degli anticipi pensionistici e delle uscite».
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Riduci
Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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