Dopo il giro di escort per acchiappare appalti dalle multiutility pubbliche e la manutenzione di un forno statico e di un bruciatore in uno stabilimento militare di Noceto (Parma) che si occupa di munizionamento, nell’inchiesta della Procura di Reggio Emilia per corruzione e favoreggiamento della prostituzione che ha portato all’arresto di Enrico Benedetti (presidente di Ecologia soluzione ambiente, società attiva nel settore dello smaltimento dei rifiuti) e all’iscrizione sul registro degli indagati del generale Giulio Botto e del colonnello Luca Corrieri spunta un appalto Nato. Lo stabilimento di Noceto sin dagli anni Ottanta è un Centro di manutenzione avanzata dei missili Hawk dell’Esercito italiano e dei Paesi Nato. Qui sono arrivati dalla Francia (forse anche dal Regno Unito) gli Aster, dei vecchi missili antiaerei a medio raggio da demilitarizzare. In particolare bisognava smaltire le teste di guerra e i motori, come richiesto dall’Mbda Francia, società appartenente al principale consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa.
Un’informativa della Guardia di finanza arrivata in Procura ha segnalato un aspetto in particolare, legato a una relazione preliminare e determinazione a contrarre riportante l’intestazione ministero della Difesa, Agenzia industrie difesa, dell’importo presunto dell’appalto 551.500 euro oltre Iva. L’oggetto: affidamento del servizio per la predisposizione di attrezzature, la sperimentazione e i test in preparazione dell’attività di demilitarizzazione delle teste di guerra e dei motori dei missili Aster. La Esplodenti Sabino Spa, si è accertato, «era l’unica società sull’intero territorio nazionale a potersi occupare della realizzazione della commessa». Un concetto ben presente nella procedura, che spiegava anche che la Esplodenti Sabino deteneva «il know how e l’expertise necessaria per svolgere le attività richieste da Mbda Francia». Ed è proprio in questo affidamento che sarebbe dovuto entrare Benedetti. Lo dice esplicitamente in una intercettazione il generale Botto alla moglie, esplicitando, annotano gli inquirenti, «di avere dei progetti da portare avanti con Benedetti». La moglie, evidenzia ancora l’accusa, «è informata già che il generale venga retribuito migliaia di euro per questa collaborazione». La conversazione deve essere apparsa agli investigatori come abbastanza eloquente. Ed è la moglie del generale a introdurre il discorso: «Eh beh se si è sostituito a Sabino... tutto quello che faceva Sabino... quel lavoro lì...». Botto completa la frase: «Infatti, l’intento è quello di sostituirsi a Sabino...».
Il generale Botto, stando alla ricostruzione degli inquirenti, si sarebbe quindi attivato. Anche perché l’incarico di Rup (responsabile unico del procedimento) per quella commessa pubblica, stando alle previsioni, sarebbe stato affidato proprio a Botto. A leggere le intercettazioni nelle quali sarebbero stati definiti gli accordi e gli impegni reciprocamente presi da Botto e da Benedetti, la Esplodenti Sabino, nonostante l’accordo di esclusiva, «risultava ormai fuorigioco», avendo cessato, almeno temporaneamente la produzione e l’attività a seguito di un grave incidente. Botto quindi avrebbe tentato di consentire il subentro di Benedetti, alle medesime condizioni della Esplodenti Sabino, ovvero con affidamento diretto senza pubblica gara. E allora il generale consiglia all’imprenditore di far entrare nel suo staff un collega in pensione, «poiché importantissimo per la pregressa esperienza maturata nel settore». Ecco le sue parole: «Avresti tutte le garanzie di questo mondo, per loro (Mbda Francia, ndr) Ciro (il generale, ndr) lavorava prima per Esplodenti Sabino... ora se viene a lavorare per te, per loro (Mbda Francia, ndr) quindi sarebbe... esattamente la stessa cosa, quindi ci sarebbe la massima fiducia... ecco... tutto qua...». Botto, inoltre, a suo dire, avrebbe preso «anche accordi con i francesi (di Mbda, ndr)», affermano gli inquirenti, «per rimuovere il vincolo contrattuale presente con la società Esplodenti Sabino».
Difficile però visto che per Mbda la relazione era diretta con l’Agenzia industrie difesa e non con i subappaltatori.
La possibilità che qualche competitor, però, potesse poi lamentarsi o impugnare l’affidamento, preoccupa il generale. E confida a un collega «che forse avrebbe potuto interpellare almeno altre due società presenti sul territorio». L’incaglio, però, è l’accordo di esclusiva. E allora Botto spiega: «Stavo pensando che quella stessa frase... che eh vincola noi a usare... che ci obbligava a usare Esplodenti Sabino... la mettiamo pari pari con Esa (la società di Benedetti, ndr)... cioè, quella diventa proprio il grimaldello della questione... della cassaforte». Il direttore dell’Agenzia in quel momento era un ex senatore dem, Nicola Latorre. Proprio a lui devono aver inviato la richiesta con la modifica della postilla che vincolava il rapporto con Esplodenti Sabino. «Sto aspettando che la firmi il senatore... gli stiamo scrivendo che quella frase lì verrà modificata di conseguenza... mettendo Esplodenti Sabino e mettendo Esa... capito... a quel punto è chiaro che blinda». Nonostante ciò, gli inquirenti fanno questa valutazione: «Pur prendendosi atto dell’evidente favoritismo prezzolato operato dal generale Botto, non è possibile stabilire che vi sia stata una totale conculcazione degli interessi pubblici rispetto a quelli privati e che l’assegnazione senza gara potesse rappresentare un atto contrario ai doveri d’ufficio». La condotta appare comunque molto esplicita rispetto alla gestione dell’ufficio guidato dal generale indagato.






