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Parla Aysan Ahmadi, attivista iraniana da anni impegnata per il cambio di regime in Iran: «Il popolo dopo 46 anni è stanco e ha già un suo rappresentante: Reza Pahlavi».
Parla Aysan Ahmadi, attivista iraniana da anni impegnata per il cambio di regime in Iran: «Il popolo dopo 46 anni è stanco e ha già un suo rappresentante: Reza Pahlavi».
Dopo l'attacco di Israele il regime iraniano potrebbe cadere. È questo l'obiettivo finale di Trump e Netanyahu? E che cosa potrebbe accadere se la Repubblica islamica si sgretolasse? Proviamo a capirlo con Fulvio Scaglione e Pegah Moshir Pour.
Khamenei: «Non ci arrenderemo mai». Il presidente Usa: «Ora è tardi per trattare. Attaccare? Potrei farlo o no, chi lo sa». Però sposta i bombardieri.
«Ogni attacco da parte degli Stati Uniti contro l’Iran porterà a delle conseguenze». Così ha reagito la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, alla possibilità di un intervento americano, avvisando che, in tal caso, ci saranno «danni irreparabili». Nel videomessaggio, che sancisce il ritorno sulla scena dell’ayatollah dopo venerdì scorso, Khamenei ha anche ribadito che «il nemico sionista deve essere punito e sta venendo punito», intravedendo in Gerusalemme dei segnali di «debolezza e impotenza» comprovati dalla possibile «entrata in scena» degli «amici americani». Sulla stessa linea, inevitabilmente, anche il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, che, intervistato da Al Jazeera English, ha sostenuto che la partecipazione di Washington al conflitto «sarebbe la ricetta per una guerra totale nella regione».
E pare che sia già tutto pronto qualora gli Stati Uniti intervenissero a fianco di Israele: il New York Times ha riferito che Teheran ha preparato i missili per colpire le basi americane stanziate in Paesi mediorientali, tra cui la Giordania, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Per di più, sempre secondo il quotidiano statunitense, l’Iran starebbe valutando di collocare delle mine nello stretto di Hormuz, sempre in risposta al coinvolgimento americano.
Nonostante il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), ampiamente citato per giustificare l’operazione «Rising lion, il direttore stesso dell’Agenzia, Rafael Grossi, ha dichiarato a Sky News: «Siamo arrivati alla conclusione di non poter affermare che al momento ci sia stato alcuno sforzo sistematico in Iran per cercare di sviluppare un’arma nucleare».
Intanto, l’annunciata chiusura dei cieli sopra l’Iran sembra valere solo per l’aviazione civile iraniana, visto che due aerei presumibilmente del governo della Repubblica islamica hanno abbandonato lo spazio aereo nazionale in direzione dell’Oman. Nonostante non si conosca l’identità delle persone a bordo, i due velivoli appartengono alla compagnia Meraj Arlines, già usata nei viaggi ufficiali dei funzionari iraniani, ma anche per spostamenti riservati. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha però smentito l’indiscrezione di Al Jazeera, secondo cui era stata mandata «una delegazione negoziale» iraniana «in Oman».
Ciò che pare invece certo è che «il quartier generale di sicurezza interna iraniano» è stato spazzato via. Lo ha reso noto il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, descrivendo la sede iraniana come «il principale organo repressivo del dittatore iraniano». E sono 40 gli obiettivi in Iran occidentale colpiti dall’Idf, tra cui i depositi di armi, le infrastrutture missilistiche e lo staff militare del regime, mentre nella notte è stato neutralizzato un lanciatore di missili Emad, che era già pronto per colpire Israele. A essere stato bombardato è anche un sito di produzione di missili anticarro situato vicino alla capitale iraniana. Tra l’altro, l’Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ha confermato su X che sono stati colpiti «due impianti di produzione di centrifughe in Iran», ovvero «l’officina Tesa di Karaj e il centro di ricerca di Teheran». Sempre tra i target colpiti, stando a quanto riportato da alcuni media britannici, ci sarebbe anche un’università di Teheran: la Imam Hossein, sospettata di ricevere finanziamenti da parte della Guardia rivoluzionaria.
Proprio i pasdaran hanno comunicato che il lancio dei missili ipersonici Fatah lanciati nella notte di martedì contro Israele sono un messaggio diretto agli Stati Uniti. Il colonnello, Iman Tajik, ha poi spiegato: «L’attacco missilistico di stanotte (la notte tra martedì e mercoledì, ndr) ha dimostrato che abbiamo raggiunto il controllo totale sui cieli dei Territori occupati (Israele, ndr), i cui abitanti sono diventati assolutamente indifesi contro gli attacchi missilistici dell’Iran». Inoltre, per la prima volta dall’inizio dell’operazione Rising lion, l’Iran ha abbattuto un drone israeliano, secondo Irib, oltre ad aver distrutto un F-35 israeliano a Sud della capitale.
Nel frattempo, il Paese continua a svuotarsi: sono 29 gli italiani che sono riusciti a scappare dalla Repubblica Islamica arrivando a Baku come comunicato dallo stesso ministro degli Esteri, Antonio Tajani, su X. Anche Pechino è riuscita a permettere la fuga di quasi 800 cittadini cinesi via Turkmenistan.
Il presidente dell’Iran, Masoud Pezeshkian, ha fatto un appello per la mobilitazione popolare, chiedendo alle autorità di «portare la gente e i quartieri nella scena e creare partecipazione». Dunque, secondo l’agenzia di stampa Mehr, decine di iraniani si sarebbero riversati sulle strade di Teheran per protestare contro le posizioni del presidente americano Donald Trump e contro «gli atti criminali e terroristi» del «regime israeliano». C’è però da dire che Iran international, il canale di informazione dell’opposizione iraniana che fa base a Londra, ha reso noto che diversi residenti della capitale iraniana hanno avvertito del dispiegamento della polizia antisommossa. Oltretutto l’invito alla partecipazione è andato di pari passo con la richiesta di cancellare Whatsapp in quanto secondo Teheran raccoglierebbe le informazioni degli utenti per poi condividerle con Israele. L’app di messaggistica ha rispedito le accuse al mittente, comunicando di essere «preoccupata che queste false segnalazioni possano essere una scusa per bloccare i nostri servizi proprio nel momento in cui le persone ne hanno più bisogno».
Nella notte l'Idf ha colpito 20 obiettivi militari tra basi, sistemi di difesa aerea, impianti di produzione missilistica e lanciatori di missili terra-terra. Gli Stati Uniti invitano Teheran a non reagire: «La risposta di Israele è stata un esercizio di autodifesa. L'Iran eviti altri attacchi per prevenire una ulteriore escalation nella regione». Ma dalla Repubblica islamica avvertono: «Danni limitati. Il potere dell'Iran umilierà i nemici della madrepatria».
La tanto attesa e promessa vendetta di Israele nei confronti dell'Iran è arrivata nella notte tra venerdì 25 e sabato 26 ottobre. In un raid durato oltre tre ore, l'Idf ha annunciato di aver colpito 20 obiettivi situati nei distretti della capitale Teheran, Khuzestan e Ilam. Si tratta di obiettivi militari, comprese basi, sistemi di difesa aerea, impianti di produzione missilistica e lanciatori di missili terra-terra. Lo Stato ebraico, stando a quanto riferito da Axios, avrebbe avvisato l'Iran dell'imminente attacco attraverso un messaggio recapitato tramite terze parti, tra cui il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldcamp. Il sito di informazione, che cita tre diverse fonti, sostiene che si sia trattato di un tentativo di Israele di scongiurare un'ulteriore escalation: «Gli israeliani hanno chiarito in anticipo agli iraniani cosa avrebbero attaccato e cosa non avrebbero attaccato» hanno rivelato le fonti ad Axios, aggiungendo che Gerusalemme ha avvertito Teheran che, in caso di reazione, gli attacchi futuri sarebbero stati più potenti, come dichiarato dal portavoce dell'esercito israeliano, Daniel Hagari, ad attacco terminato: «Se l'Iran dovesse commettere l'errore di avviare un nuovo ciclo di escalation, saremmo obbligati a reagire. Il nostro messaggio è chiaro: tutti coloro che minacciano lo Stato di Israele e tentano di trascinare la regione in un'escalation più ampia pagheranno un prezzo elevato».
Un'ipotesi, quest'ultima, che farebbe innalzare sensibilmente il livello di preoccupazione di una guerra totale tra i due Paesi. Motivo per cui la diplomazia americana si è immediatamente messa al lavoro per evitare l'escalation. «Esortiamo l'Iran a cessare gli attacchi contro Israele affinché questo ciclo di combattimenti possa concludersi senza una ulteriore escalation. La risposta di Israele è stata un esercizio di autodifesa, evitando specificamente le aree popolare e concentrandosi esclusivamente su obiettivi militari, contrariamente all'attacco dell'Iran contro Israele che ha preso di mira la città più popolosa di Israele» ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Sean Savett. Teheran, tuttavia, dopo aver quantificato i danni limitati dell'attacco e aver definito falso l'annuncio dell'Idf in cui si comunica che sono stati colpiti soltanto luoghi militari, la prima reazione è stata affidata al primo vicepresidente Mohammad Reza Aref che sul suo account X ha scritto: «Il potere dell'Iran umilierà i nemici della madrepatria»; mentre secondo una fonte vicina alle Guardie rivoluzionarie, il regime degli Ayatollah sarebbe pronto a rispondere ai nuovi attacchi israeliani in modo appropriato.

