L’Italia è bella perché è varia, vuole la vulgata popolare. È proprio vero. A volte basta una mail a uso interno per portare alle dimissioni, in altre occasioni fare proclami pubblici contro il governo avendo per incarico quello di consigliare il presidente della Repubblica sue questioni di difesa e internazionali offre la qualifica di vittima con tanto di solidarietà del datore di lavoro che corre a tranquillizzare. Così il segretario dell’Autorità garante per la privacy, Angelo Fanizza, va a casa e invece Francesco Saverio Garofani resta nel suo bell’ufficio al Quirinale. Su la Settimana enigmistica c’è da decenni un giochino: trova la differenza. Stavolta non è difficile: tutto dipende dai bersagli. Se si tocca un dato sensibile della sinistra apriti cielo, se si spara ad alzo zero sulla rappresentanza della maggioranza degli italiani, poiché di destra, applausi. Che sia questa l’egemonia culturale che corre da Antonio Gramsci a Dario Franceschini? La storiella che ieri ha fatto il giro dei palazzotti del potere è una sorta di nemesi. Uno dei tutori della privacy è stato fatto fuori per un messaggio privato che però a giudizio dei Pd e di Giuseppe Conte che hanno nominato il comitato del Garante lede la privacy. Capita che dopo giorni e giorni di polemica perché si è osato multare nientepopodimenoché Sigfrido Ranuccci, o meglio la Rai che paga con i soldi dei contribuenti italiani di destra e di sinistra astenuti compresi, Report, la trasmissione senza macchia e con tante coperture gauchiste, ha fatto un’inchiesta proprio sui suoi «censori». Insomma Sigfrido ha vestito ancor di più i panni del vendicatore catodico! Il Pd e i 5 stelle avevano già chiesto a gran voce che il tutto il comitato del Garante si dimettesse per lesa maestà, ma loro hanno risposto picche anche perché il presidente Pasquale Stanzione lo ha nominato il Pd e uno dei componenti su quattro, Guido Scorza, lo ha imposto il M5s. Dunque sarebbero caduti per fuoco amico, ma loro servono meno alla causa di quanto non conti Report che ne ha fatte di ogni nell’inchiesta sul Garante a cui non avrebbe garantito la privacy. Così due giorni dopo la messa in onda del servizio sul Garante il segretario generale dell’Autorità, magistrato amministrativo di provata professionalità, Angelo Fanizza, arrivato dal Tar del Lazio, ha mandato una e-mail a Cosimo Comella, il dirigente del servizio per la sicurezza informatica interna al Garante, in cui avrebbe chiesto di controllare i computer dei circa 200 dipendenti della «Privacy» per verificare se avessero passato informazioni riservate a Report. Comella, peraltro, non ha accusato ricevuta. Apriti cielo e spalancati terra e ieri pomeriggio Angelo Fanizza ha rassegnato le dimissioni. Pasquale Stanzione, che non si dimette come neppure gli altri del Comitato che anzi confermano la «multa» alla Rai, ne ha preso atto e ha ringraziato. Ci sarebbe da discutere se essendo Fanizza giudice amministrativo non sia stata violata l’indipendenza della magistratura, ma è certo che su questo caso Elly Schlein non eccepirà. Avrebbe dovuto eccepire invece sulla cena dal sen fuggita di Francesco Saverio Garofani che è anche lui segretario, ma di una cosa un po’ più importante di questi tempi: il Consiglio della Difesa a fianco del presidente della Repubblica. Se l’è presa con Gorgia Meloni svelando che si farà di tutto per mandarla a casa e sbarrarle la rielezione, ma non è stato tenero neppure con Elly giudicata non all’altezza di guidare l’opposizione. Al contrario di Fanizza, Garofani ha però ricevuto - lo ha rivelato lui - un incoraggiamento da Sergio Mattarella che gli avrebbe detto di stare tranquillo. Difatti è al suo posto nonostante la maggioranza di governo ne abbia chiesto, date le circostanze con giusta ragione, le dimissioni. Alla sinistra però i garofani piacciono perché non appassiscono.
Per il momento Report non tornerà sulle attività del Garante della privacy. Ieri il conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci, ha dichiarato che quella di domenica prossima sarà «una puntata molto delicata che riguarderà un caso di traffico di armi». Ranucci ha definito la vicenda del Garante della privacy «una delle pagine più brutte della democrazia degli ultimi anni», sostenendo poi che «non è vero che noi abbiamo fatto questa inchiesta in seguito alla sentenza». «Erano due anni che stavamo dietro al Garante», ha detto Ranucci.
Secondo il conduttore di Report «bisognerà prendere coscienza che la politica ha scoperto di aver creato un mostro, perché in questo momento non è in grado neppure di mandarli a casa, di licenziarli. Paradossalmente c’è l’imputazione di impeachment per il presidente della Repubblica, ma chi fa gli impicci in un’autorità garante non si riesce a mandarlo via per legge. È un paradosso». Ma lo stop ai servizi sul Garante nella trasmissione Rai non ha fermato la polemica politica, con l’opposizione che continua a chiedere l’azzeramento del collegio dell’Autorità stesso e gli esponenti della maggioranza che alternano posizioni di apertura all’azzeramento, a difese dell’operato del Garante nei confronti di Report. È il caso di Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera, che durante la trasmissione L’aria che tira di La7 ha spiegato che, dal suo punto di vista, il soggetto vigilato dal Garante della privacy «è stato multato perché ha mandato in onda un messaggio personale (in realtà si tratta di uno spezzone di una conversazione telefonica, ndr) dell’allora ministro Gennaro Sangiuliano e della moglie». Per Mollicone, «la sanzione poteva arrivare al 4% del fatturato, un’iperbole, ma il comportamento» del Garante «è stato equilibrato». Mollicone ha poi ricordato che «l’authority era stata nominata dalla maggioranza di sinistra guidata da Pd e 5 stelle, che oggi ne chiede le dimissioni. Un contesto surreale». In un’intervista al Corriere della Sera, inoltre, ha criticato Report («giornalismo militante») e i suoi redattori («analfabeti istituzionali»). «Se noi abbiamo la fedina penale ancora pulita è perché le leggi le conosciamo bene», ha replicato Ranucci. Più diplomatiche le dichiarazioni del ministro per gli Affari Europei e Pnrr, Tommaso Foti, secondo il quale «se si ritiene che non vi siano i dovuti doveri di equilibrio, rassegnino le dimissioni e si chiedano le dimissioni. Però quella è un’authority che è stata eletta dal Parlamento quando Fratelli d’Italia era all’opposizione». Tra gli esponenti del centrosinistra spicca invece la dichiarazione di Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato del M5s. Secondo il parlamentare del Movimento, Il collegio del Garante della privacy «non ha più credibilità per andare avanti, è il momento di fare un passo indietro», ma con un’eccezione: quella di Guido Scorza, nominato nel collegio nel 2020 e considerato in quota M5s. «Lo abbiamo scelto come professionista indipendente», ha detto Patuanelli, «e da quando è stato nominato non abbiamo mai avuto interlocuzioni con lui. Nella misura in cui non gli abbiamo mai chiesto nulla come membro del collegio, non gli chiediamo oggi un passo indietro». In un’intervista concessa al Tg1, il presidente dell'autorità Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, ha però affermato: «Il collegio non presenterà le proprie dimissioni […]. Le accuse sono totalmente infondate: non c'è stata mai una decisione assunta per una ragione diversa dall'applicazione rigorosa della legge in piena indipendenza di giudizio. La narrazione di un Garante subalterno alla maggioranza di governo è una mistificazione che mira a delegittimarne l'azione specie quando le decisioni sono sgradite o scomode».
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».
Lo speciale contiene due articoli
Non si ferma lo scontro tra Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione Report e Agostino Ghiglia, componente del Garante della privacy. Dopo che l’autority ha sanzionato Report con una multa da 150.000 euro per la divulgazione dell’audio di parte di una telefonata tra l’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e la moglie, Federica Corsini, i servizi della trasmissione di Rai 3 su Ghiglia si susseguono con cadenza settimanale. E puntualmente oggi è arrivata l’anticipazione del nuovo servizio che andrà in onda domenica: «Il 23 aprile 2021, in piena campagna vaccinale per il Covid-19, il Garante rivolge un avvertimento formale al governo guidato da Mario Draghi sull’utilizzo del Green pass. Secondo il Garante avrebbe violato alcuni aspetti legati alla privacy. Un ammonimento arrivato dopo l’approvazione del decreto “Riaperture”». La clip prosegue così: «Il partito che più si opponeva al pass era Fratelli d’Italia, allora all’opposizione, il presidente era Giorgia Meloni. Dai documenti esclusivi in possesso di Report emergerebbe che lo stesso giorno del provvedimento, Ghiglia avrebbe avvisato Meloni, che avrebbe risposto “bravo, ora esco” (con un comunicato stampa, ndr). Di questo Ghiglia avrebbe informato gli uffici. Successivamente Meloni fa una dichiarazione ripresa dall’Ansa».
Va detto che l’eventuale anticipazione di Ghiglia, orari alla mano, non ha garantito alla Meloni alcun vantaggio competitivo per cavalcare la notizia. Quel giorno la stessa Ansa aveva battuto alle 16.41 la prima parte (la seconda è uscita 4 minuti dopo) della nota del Garante: «La norma appena approvata per la creazione e la gestione delle “certificazioni verdi”, presenta criticità tali da inficiare, la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia. È quindi necessario un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone». Il comunicato della Meloni era però uscito più di tre ore dopo, alle 20.02: «Il Garante per la privacy boccia le cosiddette “certificazioni verdi” introdotte dal governo Draghi e critica duramente il decreto “riaperture”. È l’ennesima falla di un decreto inaccettabile, che calpesta le più elementari libertà degli italiani e che Fdi contrasterà con forza». Il comunicato della Meloni era stato battuto sul tempo di una quarantina di minuti da quello di Francesco Lollobrigida, all’epoca capogruppo di Fdi alla Camera, uscito sulle agenzie alle 19.23. E da quello di un senatore di Fdi, Gaetano Nastri, uscito alle 18.18. Ma nonostante questo l’anticipazione di Report è bastata per scatenare le opposizioni, a partire da Angelo Bonelli, secondo il quale, «dopo le anticipazioni di Report e il silenzio di Giorgia e Arianna Meloni, una cosa è chiara: non solo Ghiglia, ma l’intero collegio dell’autorità per la privacy deve dimettersi. L’autorità va restituita alla sua indipendenza, non lasciata in mano a chi la piega agli interessi del governo».
Ma soprattutto, ha portato Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi a una presa di posizione durissima contro e Ranucci: «Non c’è una sola spiegazione consentita dalla legge e dalla Costituzione per cui un giornalista possa essere in possesso e pubblicare le conversazioni private tra un componente di un’autorità di garanzia e un parlamentare senza che siano stati loro a consegnarle spontaneamente». «Nel caso specifico», continua, «Report va persino oltre: pubblica uno scambio di messaggi privati del 2021 tra Ghiglia e Meloni. È un serio attacco alla tenuta democratica non solo perché si parla dell’attuale premier, ma perché Meloni, all’epoca, era il leader dell’unico partito di opposizione». Sulla base di questo Donzelli pone una serie di domande: «Ranucci spia da anni i componenti di autorità di garanzia che hanno il compito di controllare il suo operato? Spiava il leader dell’unica opposizione nel 2021? Ha diversamente rubato, oggi a posteriori, conversazioni private dell’attuale premier?». Quasi un atto di accusa, al quale Ranucci ha risposto confermando le indiscrezioni dei giorni scorsi: i messaggi resi noti dalla sua trasmissione sarebbero stati inoltrati dallo stesso Ghiglia ai suoi collaboratori. «Non c’è nessun materiale intercettato abusivamente, né trafugato né frutto di illecito: quel materiale è stato girato dallo stesso Ghiglia all’ufficio: è lui che attribuisce a Meloni quelle dichiarazioni», sostiene Ranucci. Insomma, stando alla versione del conduttore, dietro ai servizi di Report non ci sarebbe alcuna operazione di spionaggio, ma solo un uso eccessivamente disinvolto delle chat da parte di Ghiglia.
Sul caso Ranucci è intervenuto anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, che dopo l’audizione del giornalista in Antimafia aveva ipotizzato azioni legali a sua tutela. Fazzolari, riferendosi a una sua intervista, ha spiegato: «Quando mi è stato chiesto se avessi intenzione di agire in sede legale contro Ranucci, ho risposto così: “Se non andassi avanti finirei per avvalorare le accuse di Ranucci. Se invece scegliessi di tutelarmi, verrei accusato di voler intimidire la stampa”. Ed è andata esattamente così. Mi vengono mosse entrambe le accuse. Procederò quindi per le vie legali contro le menzogne volontariamente diffuse da Ranucci sul mio conto».
Intanto ieri, il presidente della commissione Antimafia, Chiara Colosimo, ha trasmesso alla Procura di Roma il verbale integrale dell’audizione di Ranucci.
La moglie di Sangiuliano attacca: «Allibita dall’ostinazione di Ranucci»
Dopo settimane di polemiche sulla multa da 150.000 euro per la messa in onda, durante un servizio sul cosiddetto caso Boccia, dell’audio di una sua conversazione privata con Gennaro Sangiuliano, Federica Corsini, moglie dell’ex ministro della Cultura, ha deciso di rompere il silenzio. E lo ha fatto con una dichiarazione fiume, nella quale la Corsini si dice «allibita e mortificata dall’ostinazione con cui Sigfrido Ranucci continua a sostenere che fosse “fondamentale”, per il diritto di cronaca, mandare in onda la mia voce. Per l’informazione pubblica, poteva essere di interesse la notizia, non certo la mia sofferenza». «Invece Report», prosegue la donna, «ha scelto di “offrire” al pubblico il dolore di un momento intimo e privato, che nulla aggiungeva. Le dichiarazioni di Ranucci, le sue esternazioni, peraltro continue e su ogni mezzo di informazione, non fanno altro che aggiungere umiliazione a umiliazione, perché continua ad affermare che era legittimo esporre il mio dramma con la mia voce e insinuando che il provvedimento del Garante della privacy sia frutto di pressioni, favoritismi o peggio». Poi prosegue: «Comprendo la sua (di Ranucci, ndr) necessità di difendersi in quanto lo scorso febbraio la Procura di Roma gli ha inviato un avviso di garanzia per il reato previsto dall’art. 615 bis comma 2 (interferenze illecite nella vita privata), quale autore del servizio giornalistico andato in onda l’8 dicembre 2024 nel corso di Report».
«Inoltre», aggiunge, «Ranucci sapeva - già dal 14 aprile scorso - di essere sottoposto a indagine del Garante della privacy per effetto della mia segnalazione e che rischiava la sanzione. Quello che non capisco è perché Ranucci abbia deciso di iniziare un’inchiesta sul Garante della privacy utilizzando la sua trasmissione, i mezzi e gli strumenti della Rai (ente pubblico) per difendere sé stesso, in aperto conflitto di interessi poiché coinvolto in prima persona e peraltro senza dar conto al pubblico di Report della sostanza della sua condotta. E la Rai, se avesse saputo che Ranucci era indagato, non avrebbe dovuto consentirglielo».
Per la Corsini, anche lei giornalista del servizio pubblico, «Ranucci non poteva e non doveva difendersi utilizzando la Rai, continuando a rimarcare la mia pubblica mortificazione e avanzando anche indirettamente su di me sospetti di favoritismo». Secondo la moglie di Sangiuliano , «ci sono prove che Ranucci abbia contattato direttamente colei (Maria Rosaria Boccia, ndr) che aveva abusivamente registrato l’audio, audio che era già stato offerto ad altri giornalisti e testate che ne avevano rifiutato la diffusione per etica, rispetto della deontologia e della legge, in quanto carpito illegalmente». E ancora. «Inorridisco nel leggere - negli atti del procedimento - i messaggi tra Ranucci e chi oggi è imputato di stalking aggravato: con lei parla di “imbastire il nostro lavoro”; è incredibile la solidarietà che le esprime». Poi la Corsini manifesta il timore che, «visti i sistemi fin qui utilizzati da Report e Ranucci, mi aspetto che proporranno al pubblico anche un’inchiesta sulla mia persona, per screditarmi e ridurmi al silenzio con sospetti, pedinamenti, audio, mail e chissà cos’altro».
Accuse forti e al momento prive di riscontro, dettate probabilmente dal vedere riaperta una ferita che sembrava chiusa. Ma dice anche che «tutti possiamo sbagliare, anche in buona fede, ma Report ha compiuto un atto di violenza contro di me e doveva riconoscerlo, senza nascondersi dietro il servizio pubblico». Sulla maxi multa a Report la Corsini non gioisce: «Il Garante della privacy ha stabilito quella cifra, ma anche un solo euro sarebbe bastato: ciò che conta per me - e per tutti coloro che potrebbero subire ciò che io ho subito da Report - è il principio del rispetto della dignità e della privacy di ogni persona, di ogni donna».
Marina Terragni, Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza: «Il caso della bambina di Monteverde è emblematico. Serve la volontà di migliorare il sistema».
Il bilanciamento tra libertà e sicurezza è un tema cruciale nel rapporto tra cittadini e istituzioni, soprattutto in Occidente. Tuttavia, quando si tratta di soggetti esterni che rappresentano potenziali minacce, la questione dovrebbe essere molto più semplice. Dovrebbe, appunto, perché non sembra essere così per l’Unione europea. Dal giugno 2022, infatti, a seguito dell’intervento del Garante europeo per la protezione dei dati personali, Frontex (Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera) ed Europol (Agenzia per la lotta al crimine) hanno sospeso lo scambio di dati relativi a persone sospettate di reati transfrontalieri, come il traffico di esseri umani. In pratica, le due agenzie, fondamentali per contrastare l’immigrazione illegale e la criminalità organizzata, non possono condividere informazioni sensibili per non violare le norme sulla privacy. La sospensione è stata decisa dopo due pareri emessi il 7 giugno 2022 dal polacco Wojciech Wiewiórowski, Garante europeo per la protezione dei dati, uno sulle regole interne di Frontex e l’altro sul trattamento dei dati raccolti nell’identificazione di sospettati di crimini transfrontalieri. Da allora, Frontex ha respinto diverse richieste di Europol, considerate non conformi alle indicazioni del Garante, inclusa una semplice richiesta di dati sui flussi migratori della rotta che collega l’Africa occidentale alle isole Canarie.
Tra settembre e novembre 2022, il Garante ha avviato un’indagine su Frontex, con ispezioni presso la sede dell’agenzia. Il 5 dicembre 2024, al termine dell’indagine, ha emesso una decisione di censura, la sanzione più lieve, riconoscendo che Frontex aveva prontamente interrotto lo scambio sistematico di dati con Europol. Per adeguarsi alle raccomandazioni del Garante, le due agenzie hanno avviato negoziati per definire un protocollo di scambio di informazioni conforme alle norme europee sulla privacy. Una bozza preliminare dell’accordo è stata condivisa ad agosto, ma non è stato ancora indicato un termine per la sua conclusione.
A denunciare questa situazione, in un contesto geopolitico particolarmente critico, è l’onorevole Sara Kelany, deputata di Fratelli d’Italia e membro della delegazione della Camera al gruppo di controllo parlamentare congiunto su Europol. Kelany ha presentato un’interrogazione in cui sottolinea che «non sono stati indicati i tempi per la definizione di un accordo in materia tra Europol e Frontex né è stata fornita dal Garante una valutazione sulla opportunità di interventi legislativi volti a bilanciare la protezione dei dati personali con altri interessi pubblici, quali la lotta alla criminalità e la sicurezza». E conclude chiedendo: «Quali iniziative Europol intende assumere o ritiene comunque necessarie affinché lo scambio dei dati personali in questi ambiti riprenda in maniera sistematica e regolare?». Il partito di Giorgia Meloni si sta muovendo su più fronti. Un’interrogazione simile è stata presentata in Commissione al Parlamento europeo, sostenuta dal capodelegazione Carlo Fidanza e firmata dagli eurodeputati Ecr Alessandro Ciriani, Nicola Procaccini (copresidente del gruppo europeo) e Giuseppe Milazzo. Gli eurodeputati chiedono alla Commissione «quali iniziative intende assumere a breve termine, anche alla luce delle mancate indicazioni» del Garante, e se siano in corso di studio soluzioni rapide per garantire «la ripresa di uno scambio dati sistematico e legale, efficace per il contrasto all’immigrazione irregolare». Inoltre, si interroga sulla possibilità di modifiche normative per «uniformare lo scambio di dati tra le agenzie Ue in materia di sicurezza e lotta alla criminalità».
«Ritengo assurdo che per il preteso rispetto della riservatezza di criminali o potenziali criminali si sacrifichi la sicurezza dei cittadini», ha dichiarato Kelany alla Verità. «Da due anni si stanno facendo questioni in ordine all’impossibilità di effettuare uno scambio di dati tra Europol e Frontex, che sono le due principali agenzie europee che si occupano della sicurezza dei confini e della sicurezza interna all’Unione europea, per rispettare la privacy di soggetti che potrebbero essere i criminali (stiamo parlando di immigrati irregolari, di potenziali terroristi), in un contesto geopolitico in cui dovremmo invece alzare la guardia sotto questo profilo». «All’ultima riunione del Comitato di controllo Europol», continua, «il 24 febbraio a Varsavia, ho posto questa domanda in maniera molto dritta al Garante, il quale non mi ha risposto. Quindi mi sono risolta a fare un’interrogazione, perché non possiamo consentire questa elefantiasi burocratica ben condita da ideologia». «Europol», ha aggiunto, «addirittura cambiò due articoli del proprio regolamento per attenersi a quelle che erano le prescrizioni del Garante per la privacy, ma questo impugnò il nuovo regolamento di fronte alla Corte di giustizia». «Non è giustificabile», ha concluso l’onorevole, «nel bilanciamento di interessi che i soggetti pubblici sono tenuti a mantenere nell’esercizio delle proprie funzioni, che prevalga l’interesse della riservatezza su quello della sicurezza, soprattutto in questo contesto storico».







