Il governo Conte 2 ha smontato le difese che nell'ultimo ventennio hanno permesso di limitare la conquista francese dell'economia italiana e ora Parigi dilaga. Per quale strategia? Conquistare il dominio dell'Italia sia per pareggiare lo strapotere della Germania, sia per evitare che Roma diventi un cuneo atlantista entro l'impero francotedesco.
Chi scrive non è antieuropeo, anzi, perché il l'euromercato unico, se equilibrato, è uno dei moltiplicatori della forza nazionale. Ma è contro la configurazione diarchica dell'Ue perché questa comporta asimmetrie che drenano la ricchezza residente delle nazioni allineate, mille esempi dal 1992. Oggi l'Italia sta perdendo le residue grandi imprese in parte per stupidità decompetitiva propria, ma anche per predazioni assistite strategicamente dall'intelligence francese e da un connubio tra Stato e grandi gruppi industriali. Tale collaborazione tra aziende, intelligence e governo ce l'ha anche l'Italia e ha funzionato fino a poco tempo fa.
Quando fui consigliere (part time) di Antonio Martino (2001-05) alla Difesa fui ingaggiato da questo rimarchevole ministro per una strategia di tutela degli interessi industriali italiani ed ebbi l'occasione di osservare uno Stato capace e puntuto: i francesi non passarono e vi fu un intelligente proposta italiana, dopo le vittorie, di collaborazioni equilibrate per chiudere la guerra. Ora, da Gentiloni a Conte, i governi sembrano aver smontato questa capacità nazionale di tutela, per altro rafforzata nel 2012 con la creazione di un reparto specializzato di intelligence (e difesa) economica presso il Dis.
Il punto: il Conte 2 non solo non difende la ricchezza residente italiana, ma la sta cedendo intenzionalmente alla Francia. Il caso Euronext-Borsa italiana è plateale. All'Italia conveniva sollecitare un consorzio di banche italiane per comprare la seconda, dopo la vendita imposta alla proprietà inglese dall'antitrust Ue, e poi valutare con calma future alleanze. Invece il ministro dell'Economia ha scelto subito quella con la rete di Borse Euronext, dove lo Stato francese è azionista influente. Non potevano le banche nostrane raccogliere circa 4 miliardi? Ma dai... C'è stata proprio la volontà di agganciarsi in sudditanza, mascherata da un equilibrio di governance, solo formale, al carro francese. Londra ha dato l'esclusiva a Euronext perché Francia e Italia l'hanno ricattata al riguardo della decisione Ue sull'Antitrust. E probabilmente ciò determinerà la vittoria acquisitiva di Parigi su Piazza Affari.
Va segnalato a contorno un lapsus indicativo di Roberto Gualtieri: ha giustificato l'operazione come passo verso l'eurounione del mercato dei capitali, dimenticando che questa è oggetto di standard, regole e regolatori comuni e non di aggregazione di piattaforme di scambio. Per questo personaggio, evidentemente, c'è la coincidenza tra sudditanza alla guida francese ed europeismo. Non solo imbarazzante, ma, soprattutto, frettoloso. Dobbiamo prendere atto che la difesa italiana è stata sfondata per cedimento interno, probabilmente perché il governo ha scambiato la cessione di sovranità (residua) con aiuti politici ed economici, concessi da Francia e Germania via loro pressione sulla Ue, sia per tenere in vita un governo condizionabile, sia per evitare che ne emerga uno forte e tecnicamente capace di interpretare e negoziare meglio gli interessi nazionali, pur considerando che qualsiasi eurodivergenza apparente o reale sarebbe punita con ricatti sull'enorme debito. Inoltre, la diarchia fa finta di essere inclusiva: fai il vassallo, ti do un paio di carote. Questa è la realtà.
Disperarsi? No, bisogna restare freddi ed elaborare una strategia di sopravvivenza in condizioni di debolezza (geo)politica.
Riguardo alla Borsa la cosa più importante è difendere il segmento Aim che è il luogo di quotazione delle piccole aziende. Ce ne sono migliaia che in un decennio potranno/vorranno accedere alla Borsa: 1.500 già lo progettano. Ottenere la più grande Borsa mondiale specializzata in pmi è la salvezza per tutta l'economia italiana nonché per le banche. Per riuscirci, però, ci vogliono misure e incentivi speciali che implicano una marcata autonomia giurisdizionale. Euronext non dovrebbe essere contraria, per suo business, ma c'è il rischio che l'applicazione di standard generali poi ostacoli o non faciliti questa evoluzione. Almeno su questo punto la politica, i regolatori e le banche italiane dovrebbero, e certamente potrebbero, attuare un presidio.
Saltando di livello, la difesa dell'industria tecnologica residente - altro fattore chiave e succulenta preda - la si può ottenere integrandola con quella americana e inglese (e nipponica) per i programmi maggiori, cioè di superiorità, e collaborando con quella europea per altri. Tale strategia, per altro, è già nei fatti per nostra esclusione da alcuni progetti francotedeschi: meglio così, visto il loro livello B e non A.
Sul piano generale, poi, va considerato che Francia e Germania formano una diarchia instabile e litigiosa. Pertanto la strategia è quella di farli litigare tra loro, favorendo l'uno o l'altro a seconda delle convenienze, in particolare per difendere la nostra industria finanziaria e del risparmio. Per questo ho criticato la frettolosità del ministro Gualtieri su Euronext. Un'azione di devassallaggio sarà certamente l'aumento dell'ingaggio militare nella Nato e in operazioni (combattenti) di aiuto alla Francia in Africa dove è in grave difficoltà, cercando così di riequilibrare la relazione bilaterale per attutire la pressione conquistatrice.
In sintesi, prima di essere ingabbiata definitivamente nel vassallaggio, l'Italia ha chance per attutirlo e poi tornare nazione primaria. Ma la decisione è degli elettori.
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