- Per il cashless la stessa cifra destinata al taglio del cuneo. Intanto, però, mancano criteri di erogazione e forma del rimborso (soldi reali o detrazioni), rimandati a un decreto ad hoc. Ma il vero obiettivo resta tracciare tutto.
- Nuova bozza: stretta su filtri e cartine. Oltre a plastic e sugar tax, aumentano le accise sul gasolio per camion. Saltano le agevolazioni sulle auto aziendali. Imu e Tasi unite, in arrivo brutte sorprese.
Lo speciale contiene due articoli.
È vero, la manovra è ancora scritta sulla sabbia e può ancora cambiare. Purtroppo però il governo ha tenuto a precisare che le eventuali novità si riferiranno solo ai dettagli, perché l'impalcatura resterà la stessa da qui a Natale. Deficit e macro imposte non si toccano. Ogni futuro cambiamento servirà soltanto ad aggiungere mini imposte che avranno un duplice effetto negativo. Primo: porteranno via soldi ai contribuenti senza dare in cambio alcun servizio; secondo - e pure peggio - faranno perdere ai cittadini molto più tempo del necessario. In pratica, lo stesso effetto di quei ladri che per rubare un oggetto da 50 euro causano un danno da 500. A fronte di tutto questo disagio, sono stati stanziati 6,5 miliardi teoricamente destinati a ritornare nelle tasche degli italiani. I primi 3,5 miliardi andranno a fare da copertura al taglio del cuneo fiscale. L'iniziativa partirà nella seconda metà del 2020 e renderà un po' più pesanti le buste paghe dei lavoratori dipendenti. Si tratterà al massimo di 30 euro in più da spendere. Poco, ma meglio che nulla.
Gli altri 3 miliardi - la novità emersa durante l'ultimo cdm - serviranno invece a finanziare il cashback. Una cifra enorme (dieci volte tanto rispetto a quanto stanziato per incentivare l'uso degli asili) che Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri hanno destinato per incentivare l'uso dei pagamenti elettronici. A luglio del 2020 partirà il progetto «Italia cashless», che solo dal nome è inquietante. Una strategia di lungo termine, mirata a rendere difficile, disincentivante o quasi impossibile l'uso del contante. Il Mef ha annunciato di studiare incentivi per chi pagherà con carte e bancomat per una somma che non potrà superare i 3 miliardi. In pratica, chi spende per determinati tipi di acquisti e in ogni caso attraverso la valuta digitale avrà un ritorno economico che si aggirerà intorno al 2%.
Per i dettagli dei rimborsi bisognerà aspettare un decreto ad hoc (previsto ad aprile 2020) e un parere positivo del Garante della privacy. Ciò che trapela a oggi non è tantissimo. Potrebbe trattarsi dell'introduzione di un super bonus da riconoscersi all'inizio del 2021 in relazione alle spese effettuate esclusivamente con strumenti di pagamento tracciabili nei settori in cui è ancora molto diffuso l'uso del contante. Dovrebbe anche essere stabilita l'istituzione di premi speciali per le spese pagate con moneta elettronica e sanzioni per la mancata accettazione dei pagamenti con carte di credito o bancomat.
Tecnicamente siamo di fronte a qualcosa di estremamente complesso. Il governo dovrebbe contattare i gestori di Pos come Nexi, Unicredit e Intesa e chiedere la tracciabilità di tutte le movimentazioni e assegnare a ciascuna un punteggio da valutare a fine anno. Mettendo su un piatto i 3 miliardi sarà più facile convincere i gestori a ridurre i costi delle commissioni. Ovviamente le fintech che già oggi si basano sul cashback potrebbero avere importanti vantaggi, visto che una fetta del marketing che oggi utilizzano per lanciare i loro prodotti sarebbe nei fatti pagata dallo Stato. Almeno solo nel caso in cui il concetto di cashback statale debba essere considerato come un rimborso in soldi (sebbene virtuali). Il vero rischio è che il superbonus sia semplicemente una voce di detrazione da usare a gennaio di ogni nuovo anno. In tal caso si comprenderebbe che forma può assumere l'immensa fregatura. Innanzitutto, se gli accordi si fanno, come sembra, solo sui Pos, i pagamenti su piattaforme online (e-commerce) ne sarebbero esclusi. Dunque gran parte delle carte fintech resterebbero fuori dal progetto «Italia cashless». Tradotto: i 3 miliardi messi a budget sembrano piuttosto un enorme specchietto per le allodole.
Il governo mira a spingere gli italiani nella fossa della tracciabilità per poi conoscere tutte le abitudini e tagliare le tax expenditure in base ai dati statistici. In questo modo si riuscirà a innalzare la pressione fiscale senza che i cittadini se ne accorgano nel breve termine. Poi, negli anni successivi, si potrà innalzare l'Iva, visto che nel 2021 ne restano 18 miliardi ancora vincolati dalle clausole di salvaguardia. A quel punto gli italiani si troveranno davanti a un bivio: pagare l'imposta sui consumi anche se aumentata di uno sproposito o perdere tutte le agevolazioni fiscali e le detrazioni. E quindi pagare più tasse sul reddito. Se cercheranno di protestare, saranno definiti evasori. Uno scenario pessimo che potrebbe diventare orribile. Chi è in grado di escludere che l'enorme massa di dati ricavata dall'uso delle carte non finisca in brutte mani?
Gasolio, zucchero, giochi e fumo. Fioccano le tasse per «rieducarci»
Con sprezzo del ridicolo, ieri il Corriere della Sera ha titolato: «Meno tasse nella manovra». Ecco invece, nei suoi capitoli più gravi e rilevanti, il diluvio fiscale contenuto nell'ultima versione della legge di bilancio.
A decorrere dal 2020 (quindi per le dichiarazioni 2021), l'accesso alle detrazioni fiscali sarà subordinato al fatto che le spese siano avvenute con bonifici o attraverso pagamenti elettronici (bancomat o carta). È dunque sancita una totale e ingiustificata discriminazione contro il contante: non è considerata l'ipotesi (che dovrebbe essere quella ordinaria) che il contribuente abbia usato denaro contante guadagnato legalmente.
La legge di bilancio dichiara una guerra pauperista e anti creazione di ricchezza contro i «benestanti». Stabilisce infatti una soglia di reddito (120.000 euro) oltre la quale la detrazione si assottiglia, fino ad annullarsi oltre i 240.000 euro. Paradosso totale: anziché incentivare i più abbienti a spendere, si opera per scoraggiare la loro propensione al consumo.
Autentica mazzata contro le auto aziendali in fringe benefit: lo sconto al 30% del valore di automobili e moto concesse in uso cosiddetto «promiscuo», che ora vale per tutti i dipendenti, con la nuova legge di bilancio resterà limitato ai soli agenti e rappresentanti di commercio. Per tutti gli altri, i mezzi in fringe benefit saranno calcolati a valore integrale, triplicando di fatto l'imposta. Aumenteranno pure le accise sul gasolio sui mezzi di trasporto pesanti euro 3, e dal 2021 anche euro 4. Riviste, sempre in chiave ambientale, anche le accise sui prodotti energetici impiegati per produrre energia.
Come nella vituperata Prima Repubblica, non manca il solito aumento sulle sigarette. L'aumento è di 5 euro al chilo dell'accisa minima sui tabacchi lavorati. Salve solo (per ora) le sigarette elettroniche. Si aggiunge pure una novità: una tassa su cartine e filtri per le sigarette da arrotolare (0,005 euro su ogni pezzo contenuto nelle confezioni).
Tanto tuonò, che piovve. Dopo il dibattito innescato dal ministro Lorenzo Fioramonti, arriva l'imposta sul consumo di bevande con zuccheri aggiunti. Entità? Dice la bozza della manovra: «Euro 10 per ettolitro, per i prodotti finiti; di euro 0,25 per chilogrammo, per i prodotti predisposti ad essere utilizzati previa diluizione». Una specie di Iva aggiuntiva, in altre parole, inevitabilmente destinata a scaricarsi sui prezzi finali al consumo. Chi si salva? La tassa «non si applica alle bevande edulcorate cedute direttamente dal fabbricante nazionale per il consumo in altri Paesi dell'Ue ovvero destinate, dallo stesso soggetto, ad essere esportate». Esenti anche le bevande a bassissimo contenuto edulcorante.
Destinata a «cubare» più di un miliardo, e a sua volta a riverberarsi pesantemente sul consumatore, arriva la plastic tax, che colpirà i cosiddetti «manufatti a impiego singolo con funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari». Entità? 1 euro per chilogrammo di materia plastica. Da segnalare il tentativo in extremis, capofila il ministro Sergio Costa, di esentare le plastiche compostabili. Paradossi green: tasseranno pure ciò che è riciclabile?
La stangata sui giochi assume dimensioni statosferiche, e arriverà a cubare circa 800 milioni. Conversando con La Verità, Geronimo Cardia, presidente di Acadi, ha lanciato un vero allarme: «Già nel 2018 l'Ufficio parlamentare di bilancio aveva avvisato il Parlamento sul fatto che gli aumenti fiscali stavano mettendo a rischio la tenuta del comparto. Da allora, sono arrivati altri quattro aumenti. Questo inasprimento va a erodere, fino a renderli insostenibilmente bassi, i ricavi previsti al momento della sottoscrizione della concessione». Cardia ammonisce anche sul rischio, sempre più concreto, di regalare spazio al gioco illegale: «Pesano le tasse, e pesano anche le norme regionali sul 'distanziometro', spesso viziate da errori tecnici: sono così tanti i luoghi sensibili, che si rischiano di lasciare spazi immensi solo all'offerta illegale».
Come si temeva, e come aveva denunciato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, scatta l'unificazione delle due imposte, ma senza riduzione, chiamata «local tax». Anzi: c'è il rischio di un aumento silenzioso, nel momento in cui si fissa un'aliquota dell'8,6 per mille. Finora, infatti, c'era un 7,6 di Imu e un 1 di Tasi, ma alcuni Comuni non applicavano la Tasi. Il rischio di un peggioramento di trattamento per alcuni è dunque concreto. Confedilizia continua inoltre a sottolineare il fatto che, mentre tutti si riempiono la bocca parlando di service tax, è paradossalmente sparito qualunque riferimento ai servizi, inchiodando l'Imu-Tasi a una natura di piena patrimoniale. Resta infine l'ultima osservazione critica di Giorgio Spaziani Testa: per una complicata questione tecnica, che si trascina da anni, gli immobili di Roma, Milano e altre città si ritrovano con una imposizione maggiore.
Nella logica delle proclamazioni ambientaliste, viene istituito un fondo (470 milioni nel 2020, 930 nel 2021 e 1420 per il 2022 e per il 2023) per il cosiddetto green new deal. Obiettivo: sostenere, anche in partenariato pubblico-privato, «progetti economicamente sostenibili che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile». Insomma, non hanno il coraggio di dire che le loro tasse sono «bellissime», ma cercano di presentarle come «buonissime», per favorire investimenti incerti nella destinazione e nel tempo, e per i quali lo stanziamento iniziale è comunque ridottissimo.
Nella relazione tecnica, si legge testualmente: «L'aumento di pena funge da monito e deterrente ad un comportamento illecito, diffuso in alcune categorie del settore del commercio». Il governo sembra incredibilmente considerare alcuni alla stregua di evasori «a prescindere».
Tra i grandi sostenitori della guerra contro il denaro contante che oggi tanto coinvolge la sinistra italiana e i 5 stelle non possiamo dimenticare Vladimir Lenin. Fu lui a spiegare, in Stato e rivoluzione, che - con il comunismo realizzato - ogni membro della società, in cambio del suo lavoro «socialmente necessario», avrebbe ricevuto «uno scontrino da cui risulta ch'egli ha prestato tanto lavoro. Con questo scontrino egli ritira dai magazzini pubblici di oggetti di consumo una corrispondente quantità di prodotti». Il sogno di Lenin non si è mai realizzato, anche se in Unione Sovietica le restrizioni sull'uso di contante erano piuttosto pesanti. In compenso, oggi i fanatici del neoliberismo stanno portando a compimento l'opera del capo bolscevico, solo che al posto dello «scontrino» ci sono le carte di credito. Del resto Lenin e i turbocapitalisti condividono gli stessi obiettivi: da un lato controllare la popolazione, dall'altro ostacolare (o direttamente impedire) l'accumulo di denaro da parte della borghesia. In sostanza, ciò a cui mirano le politiche «cashless» è colpire il risparmio, e si può dire che su questo punto siano piuttosto efficaci.
L'altro effetto che producono - riscontrato più o meno ovunque siano state applicate - è quello di danneggiare le fasce sociali più deboli: anziani, poveri, emarginati, in alcuni casi persino i giovani. I progressisti italiani non sembrano curarsene più di tanto, anche se - almeno sulla carta - dovrebbero avere a cuore la causa. In compenso tanti democratici statunitensi da tempo si stanno occupando del problema e un po' dappertutto stanno lanciando leggi o proposte di legge per impedire che il contante sia eliminato. Jim Kenney, sindaco di Philadelphia per il Partito democratico, in luglio ha firmato una legge che punisce gli esercizi commerciali che rifiutano il pagamento in contanti con multe fino a 2.000 dollari.
Le ragioni di questa scelta le ha spiegate Lauren Cox, portavoce del sindaco: «In una città che ha un tasso di povertà del 26%, è fondamentale fare tutto ciò che è possibile per garantire uguali possibilità a tutti i residenti», ha detto. «Ci sono ragioni socioeconomiche per cui molte famiglie negli Stati Uniti non hanno un conto in banca. Fino a che non sarà possibile rimuovere questi ostacoli, dobbiamo assicurare a tutte le persone di poter partecipare all'economia cittadina».
Una misura analoga a quella adottata da Philadelphia è stata proposta dal consigliere democratico Ritchie Torres nella città di New York. Stando alla stampa americana, dovrebbe essere approvata entro la fine di questo mese e prevede multe fino a 500 euro per i negozi retail che non accettano denaro contante. Anche in questo caso dietro la proposta ci sono motivazioni sociali: eliminare il contante danneggia le classi meno abbienti.
Piccolo problema: i poveri non sono una minoranza protetta dalle leggi federali sui diritti civili. Dunque Torres ha giocato la carta razziale. In sostanza, il consigliere ha fatto presente che circa il 12% degli «unbanked» (cioè di coloro che non hanno un conto corrente) sono persone di colore, motivo per cui non consentire a costoro di pagare in contanti sarebbe discriminazione razziale. È evidente che si tratti di un escamotage, ma quel che conta è l'idea alla base della proposta: nei fatti, la società «cashless» danneggia i più poveri. Nello specifico americano si tratta in gran parte di neri e di latini. La vera discriminazione, tuttavia, non è etnica, bensì economica o «di classe», come si sarebbe detto un tempo. Ecco perché in varie località degli Stati Uniti esistono leggi che proibiscono di rifiutare il denaro contante. Nello Stato del Massachussets, ad esempio, esiste una legge datata 1978 che vieta ai negozianti di compiere discriminazioni rifiutando il contante e pretendendo una carta di credito. La Pennsylvania ha addirittura un «Cash consumer protection act» risalente al 1984. Più di recente, a San Francisco è stata avanzata una proposta di legge che in parte assomiglia a quella già approvata a Philadelphia.
Lo Stato del New Jersey, invece, ha approvato una legge analoga a quella del Massachussets alla metà di marzo di quest'anno. L'ha firmata Phil Murphy, governatore del Partito democratico che - fatto curioso - ha alle spalle ben 23 anni di servizio nella finanza presso Goldman Sachs. Le multe per chi rifiuta il cash sono salatissime: 2.500 dollari che diventano 5.000 già alla seconda violazione.
Paul Moriarty, esponente democratico del New Jersey, ha ribadito più volte che «qualsiasi tentativo da parte degli esercizi commerciali di vietare l'uso di denaro contante è discriminatorio nei confronti delle persone che non hanno accesso al credito». E ha aggiunto che la legge a difesa dei contanti protegge qiamti «non vogliono che ogni aspetto della loro vita venga registrato, archiviato e monetizzato dalle società di carte di credito». È un discorso di totale buon senso che può valere tranquillamente anche per l'Italia.
I ricorsi storici sono davvero straordinari. La sinistra di casa nostra - a partire dal Pd - cerca in ogni modo di scimmiottare i democratici americani e fa di tutto per scrollarsi di dosso la pesante eredità comunista. Eppure, quando le fa comodo, non esita a ripudiare gli amati liberal e schierarsi dalla parte del caro vecchio Lenin.
A tenere banco nella lunga notte del cdm che ha approvato il testo base su cui costruire la manovra è stata la lotta all'evasione. Giuseppe Conte per convincere gli italiani e soprattutto sé stesso ne ha fatto una battaglia personale. A poche ore dal Consiglio avrebbe incitato via sms il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri , a non cedere al pressing di tecnici e politici: «Mi piacerebbe che tu fossi al mio fianco in questa battaglia ma sono pronto ad assumermi la responsabilità» perché o si fa «una rivoluzione o è inutile», avrebbe scritto al ministro. Per poi battersi in cdm contro le resistenze di renziani e 5 stelle. Le agenzie riportano fedelmente le veline diffuse da Palazzo Chigi e a noi resta la tristezza di immaginare che qualcuno possa veramente convincersi della missione verso il paradiso della tracciabilità totale. Il messaggio è chiaro. Per sradicare l'evasione lo Stato deve controllare tutto e avere accesso a tutte le informazioni. Solo che viene omesso il dettaglio fondamentale. Il controllo totale ricade su chi evasore non è. Mentre chi si muove solo nel circuito del nero non viene toccato dalle nuove misure di controllo, che siano il limite dell'uso al contante o la detrazione da collegare ai pagamenti effettuati tramite transazioni virtuali.
Non basta continuare a ripetere che il governo sarà in grado di incassare 12 miliardi in tre anni per far in modo che i desideri si trasformino in gettito reale. Al contrario tracciata tutta la filiera dei pagamenti, il governo si troverà necessariamente a dover trovare 8 miliardi in più nel corso del 2020 e potrà facilmente alzare l'Iva e rimodulare le aliquote promettendo incentivi e cashback (ritorni percentuali sulla quantità di Iva versata) per chi usa solo le carte o il bancomat. In realtà, il saldo sarà a favore dello Stato. Lo si capisce prendendo a pagina 34 il Dpb, il documento programmatico di bilancio, appena inviato a Bruxelles. La voce cashback è indicata con uno zero sotto la colonna del 2020.
Mentre varrà circa 3 miliardi nel 2021 e 3,5 nel 2022. Se si prende la colonna delle clausole di salvaguardia relative all'Iva si vede che nel 2021 restano pendenti circa 18 miliardi e meno di 4 nel 2022. L'operazione cashback nasconde palesemente l'innalzamento parziale dell'Iva e il recupero forzoso della quota di aumento. La storia insegna che a ogni innalzamento dell'aliquota si perde per strada gettito. L'idea del governo è blindare tutto per sigillare i bocchettoni. Legittimo e legale, viene da dire. Le tasse si pagano. Solo che a pagarle saranno sempre i medesimi e il perimetro dell'evasione verrà scalfito solo minimamente. Tetti esagerati al contante non frenano l'evasione dove non si fattura, al massimo frenano i consumi dove si fattura. Scovare l'evasione quando e dove si forma è un principio sacrosanto, ma frenare l'uso delle banconote significa solo colpire le classi meno abbienti e i più anziani. L'India è l'esempio più recente. Mentre la Svezia è il simbolo dell'estremizzazione di questa falsa filosofia.
Il Paese scandinavo è prossimo al contante zero e ora si sta accorgendo dei problemi di marginalizzazione degli over 75 e dei minori che sono tagliati fuori da tutti i circuiti. Su questa linea è anche Vincenzo Visco, ex ministro della sinistra e tra i più grandi esperti di fiscalità in Italia. Commentando la proposta recente di Confindustria di incentivare l'uso della moneta elettronica tassando i prelievi di banconote ha spiegato: «Penso che non serva a molto. È una delle tante proposte miracolose, risolutive che vengono fatte di tanto in tanto. Naturalmente in un'economia con poca evasione si usa poco contante, però non è che tassando il contante si riduca l'evasione. Se uno mette una tassa del 2% sul prelievo, queste vengono aggirate comodamente. Dopodiché l'evasione non dipende soltanto dall'uso del contante al consumo, gran parte dell'evasione avviene senza contante, semplicemente manipolando i bilanci delle imprese», ha tagliato corto. Della stessa idea anche l'ex ministro Pier Carlo Padoan che durante un question time nel 2015 disse: «Nessun nesso fra limite del contante e l'evasione».
Non ci si dimentichi quello che è accaduto in Grecia o, peggio, in Paesi come India e Venezuela, dove le limitazioni al contante hanno portato alla creazione e all'alimentazione di mercati neri e allo sviluppo di economie alternative. Cosa che è sempre più attuale, considerando anche l'imminente e incalzante sviluppo delle criptovalute, con le quali si può già effettuare pagamenti di ogni genere.
Il testo definitivo del decreto fiscale deciderà se fissare l'asticella massima di spesa in contanti a 2.000 euro o 3.000 o addirittura 1.000. Vorremmo solo ricordare che dei circa 107 miliardi annui di nero di cui parlano tutti i politici, soltanto il 35/40% è in capo agli artigiani e ai lavoratori irregolari. Le grandi masse di sommerso sono in capo alla criminalità e solo in seconda istanza alle multinazionali che utilizzano le differenze legislative. Mafia e 'ndrangheta non si fermano con la la lotta al contante.





