La manovra è stata approvato meno di un mese fa e la maggioranza giallorossa ha già cominciato a smontarla. Non solo su elementi marginali, ma anche su quelli che sono stati i cavalli di battaglia, ad esempio la lotta al contante.
A fine dicembre, come La Verità ha già raccontato, la Bce si è dilungata in una missiva diretta al governo non solo con l'obiettivo di criticare le norme di riduzione dell'uso del cash, ma facendo presente che prima di avviare un percorso di digitalizzazione l'Eurotower deve essere consultata. La durezza del messaggio lascia intendere che dovrà essere anche ascoltata. In sostanza, l'istituto guidato da Christine Lagarde spiega che i pagamenti elettronici non sono equiparabili al contante, e che il ricorso alle transazioni virtuali finiranno con il colpire le fasce più deboli. E in ogni caso con lo sbilanciare l'attività di controllo valutario. Non solo in termini di inflazione, ma anche di compensazione tra classi di spesa.
Inoltre, la Bce conferma indirettamente quanto abbiamo sempre scritto. La lotta al contante non porta al contrasto dell'evasione fiscale. Al contrario, nel tentativo di spronare gli italiani a pagare con carta e bancomat, il governo di Giuseppe Conte aveva promesso di introdurre il cosiddetto «bonus Befana», vale a dire una sorta di «cashback» dell'Iva pagata sui pagamenti elettronici e che verrebbe accreditato sul conto del consumatore nel gennaio dell'anno successivo (da cui il nome). La misura è sparita. In manovra, però, è rimasto però il tetto di spesa in contante a 2.000 euro e dal 2022 a 1.000 euro. Su questo schema si basa tutta la promessa di recuperare in due anni circa 7 miliardi di euro dal contrasto all'evasione. Senza contare che questo illusorio tesoretto è funzionale al governo per creare un fondo taglia tasse, che dovrebbe permettere nel 2021 di abbassare ulteriormente il cuneo fiscale o intervenire su altre voci di prelievo.
Peccato che lo schema sta già traballando. Ieri sulle colonne di Milano Finanza il sottosegretario all'Economia, il grillino Alessio Villarosa, ha fatto capire che il governo si adeguerà alla missiva della Bce. La banca ha chiarito che «le limitazioni dirette o indirette ai pagamenti in contanti dovrebbero essere proporzionate agli obiettivi perseguiti e non dovrebbero andare al di là delle stime». Il problema che lo stesso Villarosa sembra ammettere è che non esistono stime veritiere sulla relazione tra limitazione al cash e aumento del gettito. Senza tali stime, la Bce non permetterà al governo di tirare dritto e di creare una anomalia dentro il percorso circolatorio della cartamoneta nei confini Ue. In pratica, ci chiediamo: senza il cavallo di battaglia della lotta all'evasione cosa resta di tutta la manovra 2020?
Al netto dei già preventivati 12 miliardi di tasse per il 2020. Cifra prevista salire a 30 nel 2021 se togliamo (cosa ormai certa) i 7 miliardi di extra gettito sognato da Conte e dal ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri. D'altronde che i pilastri della manovra siano già franati lo si capisce dal continuo dibattito sia dentro la maggioranza sia dentro lo stesso Mef. La vice ministro Laura Castelli ha esternato la volontà grillina di bloccare le iniziative dem di ampliare il taglio del cuneo fiscale. Gualtieri da settimane lavora al decreto per utilizzare i 3 miliardi stanziati per quest'anno dalla manovra di bilancio per tagliare il cuneo. E il provvedimento di fatto sarebbe anche pronto. Prevede che il bonus da 80 euro introdotto dal governo Renzi e oggi percepito dai lavoratori che guadagnano al massimo 26.000 euro sia esteso fino a 35.000. Praticamente 1.000 euro in più all'anno in busta paga per la classe media, a partire dal prossimo mese di luglio. L'annuncio sarebbe dovuto arrivare poco dopo il conclave piddino. Gualtieri per venerdì aveva convocato i sindacati per discutere del tema, con l'obiettivo di portare la proposta in Consiglio dei ministri entro fine mese. Lasciare campo libero al Pd su un tema come il taglio delle tasse è stato considerato un errore politico. Così la Castelli avrebbe incontrato i parlamentari 5 stelle delle Commissioni bilancio di Camera e Senato. A loro avrebbe consegnato due messaggi precisi. Il primo è che sul taglio delle tasse anche il Movimento ha le sue proposte. Il secondo, che «il taglio del cuneo fiscale e quello dell'Irpef devono viaggiare insieme».
A quel punto il Pd ha risposto che servirebbero almeno 20 miliardi per rimodulare le aliquote.
A rattoppare l'intervento della Castelli ci ha pensato il collega del Mise, Stefano Buffagni: «Non c'è nessun altolà al taglio del cuneo targato Pd, anche l'Irpef grava sui lavoratori, abbiamo chiesto solo un tavolo di confronto a cui è giusto partecipare». Salvo poi farsi sovrastare dal renziano, Luigi Marattin, che pur di dare torto sia a castelli che a Gualtieri torna a elogiare il modello di bonus a pioggia del suo capo salvo ammettere che anche l'Irpef andrà rivista. Ma più avanti.
Una gran confusione che si sintetizza con una idea così ridicola da compattare Pd, 5 stelle o forse pure Italia viva. Il governo starebbe valutando un bonus unico denominato «super incentivo vacanze» da infilare nella busta paga di luglio. Un minimo di 120 euro e un massimo di 480 in base al reddito. Tutti contenti in spiaggia, alla faccia dell'Irpef e pure delle tasse ambientali.



