Doveva essere il giorno dell’approvazione dei conti, molto attesi, del 2021 della Popolare di Bari. All’ultimo momento ecco il dietrofront. Il bilancio verrà licenziato dal cda dell’istituto in un prossimo consiglio di amministrazione. Nessun mistero a quanto pare, solo un momentaneo rinvio. Sarà. Sta di fatto che un anno pieno di gestione normale, dopo il commissariamento, non è bastato alla Popolare di Bari per tornare a fare utili. Secondo fonti, infatti, i conti dell’anno scorso dovrebbero chiudere ancora in perdita per una cifra intorno ai 180 milioni. Un risultato ampiamente scontato, dato che il primo semestre dell’anno aveva comunque chiuso con un rosso, a fine riga del bilancio, per 101 milioni.
E del resto la stessa controllante, il Mediocredito centrale guidato da Bernardo Mattarella che ha il 97% delle quote, non si faceva illusioni, dato che il ritorno alla profittabilità era già previsto non prima del 2023/2024. Ci sarà quindi da soffrire ancora perché la banca barese possa rivedere la luce dopo gli anni disastrosi della gestione Jacobini. In mezzo c’è stata la lunga amministrazione straordinaria, con i commissari che hanno dovuto prendere la ramazza per fare piazza pulita della montagna di crediti malati ereditati dagli Jacobini e tenuti nascosti per anni sotto il tappeto. Il lavoro dei commissari nel periodo di 21 mesi, tra il gennaio 2019 e l’ottobre del 2020, prima che la banca fosse portata in dote a Mcc, la controllata del Tesoro, è stato di fatto quello di pulire i conti. Risultato. Svalutazioni monstre dei crediti malati con l’effetto di provocare perdite per 1,4 miliardi. Con quelle del 2021 si arriva a poco meno di 1,6 miliardi. Cui però vanno aggiunti, solo nel 2018 ancora a gestione Jacobini, altri 430 milioni. E così il conto salato del dissesto della banca guidata per decenni dalla famiglia barese supera i 2 miliardi di denaro bruciato. E questo solo negli ultimi quattro anni.
Un dissesto pagato dai 70.000 piccoli azionisti della banca che si sono visti di fatto azzerare il valore delle loro azioni a pochi centesimi di euro, quando solo pochi anni fa erano valutate oltre 9 euro. Il conto drammatico è stato poi pagato anche dal sistema bancario. Prima della soluzione pubblica con Mcc è dovuto intervenire il consorzio delle banche, sotto forma del Fondo interbancario dei depositi, che si è svenato per ricapitalizzare la banca e farla sopravvivere iniettando 1,17 miliardi. Tutti andati bruciati. Ora la palla è in capo a Mcc che ha investito per il salvataggio 440 milioni. E che dovrà ora imbarcare le perdite dell’intero 2021. Il problema è che in questi anni di tracollo e salvataggio tutta l’attenzione era necessariamente concentrata sul fabbisogno di capitale e sulla doverosa pulizia del marcio da crediti allegri. La gestione ordinaria della banca è passata, gioco forza, in secondo piano e i risultati si vedono tuttora.
La Popolare di Bari salvata ha perso molto terreno sui fondamentali. I ricavi del primo semestre sono stati di soli 120 milioni, quando nell’intero 2018 pre commissariamento erano di 310 milioni. Difficile, quasi impossibile, che nel secondo semestre i ricavi abbiano potuto salire al punto tale da riagguantare i ricavi del 2018. La banca investita dallo scandalo della gestione padronale degli Jacobini si è avvitata su sé stessa, colpita ovviamente dalla crisi di fiducia da parte dei clienti. Alle prese con la distruzione di valore, l’istituto è andato sotto choc. Inevitabile, come per altre crisi bancarie, il cortocircuito sulla gestione ordinaria. Non solo ma la Bari aveva già prima dell’amministrazione straordinaria un grave problema di efficienza, con i costi che si mangiavano ben oltre il 90% dei ricavi, livello elevatissimo già allora. Ora quel livello, con il calo dei ricavi, è addirittura peggiorato. La banca si trova oggi, come dichiarato di recente dall’ad Cristiano Carrus, con un cost/income del 125%. Si va in rosso obbligati, prima ancora delle eventuali svalutazioni e rettifichi su crediti e avviamenti. Una situazione non sostenibile.
Carrus ha dichiarato che non chiuderà filiali e non interverrà sul personale. Se è così, l’unica strada che rimane per ripristinare l’equilibrio gestionale è far crescere e di molto i ricavi, come la banca si è impegnata a fare. Ma più che crescere occorrerà correre eccome. Per riportare ai livelli del 62% il cost income, come promesso nel piano industriale al 2024 di Mcc, occorrerà fare un vero e proprio miracolo. Cioè vedere i ricavi salire ben oltre i 400 milioni. Mission quasi impossible.







