Ecco #DimmiLaVerità del 29 settembre 2025. Il responsabile nazionale automotive della Lega, Alberto Di Rubba, commenta le follie green e il divieto di circolazione dei motorini a Milano.
Lombardia Film Commission (Ansa)
Ora fa il grande accusatore ma Marco Ghilardi in una lettera a Ubi parlava di «contestazioni paradossali» e «operazioni regolari».
Marco Ghilardi, l'ex direttore della filiale di Ubi Banca a Seriate, è considerato uno dei grandi accusatori di Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, i due revisori contabili della Lega ai domiciliari per l'affare da 800.000 sul cineporto di Cormano acquistato da Lombardia film commission. Anche ieri Ghilardi spiegava sui giornali di essere stato «tradito e di pagare per colpe di altri». Eppure, stando agli atti in mano alla Procura di Milano, esistono due Ghilardi. Perché nel giro di due mesi il banchiere, nato a Carobbio in provincia di Bergamo nel 1971, ha cambiato completamente versione.
Basta seguire le date sui documenti in mano agli inquirenti per vedere come dal 21 maggio, data della contestazione disciplinare di Ubi, al 29 luglio, data delle dichiarazioni alla Guardia di finanza, l'opinione di Ghilardi su Manzoni e Di Rubba sia profondamente cambiata. Dopo le contestazioni della banca, infatti, l'ex direttore aveva deciso di arruolare l'avvocato Gabriele Fava, della Fava e associati, tra i più affermati studi italiani specializzati in diritto del lavoro.
E il 29 maggio invia una lettera di giustificazioni. Otto giorni prima Ubi spiegava in una missiva come, «a seguito delle verifiche effettuate, è risultato che lei ha violato le norme contrattuali tempo per tempo vigenti ed il Codice di comportamento». Tra le contestazioni vengono citati i conti della Lega e i bonifici effettuati dai due commercialisti vicini al Carroccio. Nella lettera di risposta firmata da Ghilardi e dall'avvocato Fava, si legge che «le attività imprenditoriali svolte nel tempo da parte dei signori Di Rubba e Manzoni, che, in virtù dei personale rapporto instauratosi con il vostro dipendente, hanno comportato la scelta del vostro istituto per l'effettuazione di operazioni finanziarie, hanno senza dubbio giovato economicamente a Ubi». Non solo. Scrivono gli avvocati di diritto del lavoro: «D'altronde, risulta che anche successivamente al trasferimento del signor Ghilardi presso la sede di Monza, i rapporti bancari relativi ai signori Di Rubba e Manzoni siano rimasti regolarmente attivi presso la filiale di Seriate».
I legali di via Durini contestano punto per punto. Sull'accredito proveniente da Gamenet di 64.000 euro, ricordano che si tratta di una vincita a una sala slot a Grumello. Riguardo alla Dea consulting, che ha come cliente la Lega nord per Salvini premier, Fava e associati scrivono che «non si comprende come possano o debbano risultare potenzialmente sospette delle operazioni di pagamento di regolari fatture emesse da parte di un professionista verso il proprio cliente per prestazioni correttamente rese». La lettera scagiona anche la posizione di Di Rubba, perché si deve considerare «che non possono di certo considerarsi sospette operazioni effettuate da parte del signor Di Rubba nei confronti e in favore di soci in affari quali il signor Manzoni o altre società in ogni caso connesse o riconducibili al signor Di Rubba stesso».
Lo stesso discorso vale per Manzoni, perché anche in questo caso, scrivono gli avvocati di Ghilardi, «pare potersi affermare che numerosi accrediti per attività professionali a fronte di emissione di regolari fatture non paiono destare particolare sospetto se provenienti da società clienti del signor Manzoni». Sul caso Film commission, infine, si parla di «contestazioni paradossali», tant'è «che la contestazione di cui trattasi sul punto appare del tutto generica e non circostanziata». L'8 giugno Ubi invia la lettera di licenziamento. Ma il 10 luglio Ghilardi incarica Fava di adire per vie legali o per arrivare un accordo. A fine luglio è di fronte ai magistrati per accusare Di Rubba e Manzoni.
Continua a leggereRiduci
Filippo del Corno (Ansa)
Nessuna domanda dei magistrati milanesi ai 2 commercialisti vicini alla Lega per il filone sulla Lombardia film commission durante gli interrogatori di garanzia. L'intercettazione col virus trojan: «L'assessore Filippo Del Corno non va d'accordo con Sala».
Nessun accenno ai presunti 49 milioni di euro della Lega, ma solo domande sui due capi di imputazione di cui sono accusati sul caso Lombardia film commission, ovvero peculato e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, i due revisori contabili della Lega, si definiscono estranei alle accuse durante l'interrogatorio di garanzia nel tribunale di Milano, dopo gli arresti della scorsa settimana. «Confidano nella giustizia», spiega l'avvocato Piermaria Corso che nei prossimi giorni presenterà istanza di revoca dei domiciliari dei suoi assistiti. L'inchiesta sull'immobile di Cormano, acquistato dalla fondazione controllata da Regione Lombardia per 800.000 euro, segna quindi un nuovo colpo di scena. Se Manzoni, durante le dichiarazioni spontanee del 3 settembre, aveva parlato anche dei fondi scomparsi della gestione dell'ex tesoriere Francesco Belsito, ieri invece non è stato sentito sull'altro filone di indagine, in mano a Genova e Bergamo. Gli inquirenti quindi non hanno fatto nemmeno riferimento alla segnalazione della guardia di finanza sul bonifico di 19 milioni di euro che lo studio notarile Mauro Grandi - autore del rogito dei capannoni nell'hinterland milanese – aveva fatto in Svizzera, in favore della Balican, società di Cipro: questa segnalazione sembra slegata dalle indagini perché legata alla ricapitalizzazione della start up Prima assicurazioni.
Dopo Di Rubba e Manzoni manca ancora all'appello per l'interrogatorio di garanzia il terzo indagato finito ai domiciliari, ovvero Michele Scilieri, il commercialista senior dei tre. L'avvocato Massimo Dinoia aveva chiesto qualche giorno di tempo per l'eccessiva pressione mediatica. Scilieri, unico tra gli indagati a cui gli inquirenti avevano installato un captatore informatico nel telefono, dovrà spiegare diverse cose rispetto all'affare Lombardia film commission. Scilieri non è un commercialista qualunque. A descriverlo con dovizia di particolari è Luca Sostegni, il suo factotum, ancora nel carcere di San Vittore, che in un interrogatorio del 18 luglio ricorda che «Scillieri è parente del banchiere svizzero Del Bue, di cui è cugino. So che Scillieri frequentava Lugano e aveva rapporti con Del Bue». Il riferimento è a Paolo Del Bue, persona conosciuta in procura di Milano, perché coinvolto in passato in diversi indagini, dalla Arner Bank di Lugano fino al processo su David Mills. Scillieri è un commercialista di lungo corso. Conosce bene la città. In una intercettazione del 29 maggio 2020 - un dialogo tra lui e Di Rubba intercettato dal trojan - i due discutono della situazione della fondazione cinematografica lombarda, al centro delle polemiche tra Regione e palazzo Marino. Citano anche l'assessore del comune di Milano Filippo Del Corno («Non penso vada d'accordo con Sala» dice Di Rubba) e proprio Scilieri ricorda che «il presidente del collegio sindacale è del comune». Del resto, l'operazione dell'acquisto dell'immobile di Cormano fu approvata anche dall'amministrazione comunale di centrosinistra, quando il presidente era Di Rubba. A spiegare la storia dell'acquisto del capannone di Cormano è Sabrina Samurri, ex direttore generale all'assessorato alla Cultura. Il 24 luglio 2020 di fronte alla guardia di finanza, il dirigente lombardo che seguì l'operazione di acquisto spiega come funziona Lombardia film commission. «La Regione non esercita direttamente poteri esclusivi di indirizzo; ma, al pari degli altri soci (cioè Comune e Camera di commercio ndr), partecipa alla gestione della Fondazione con un membro nominato all'interno del consiglio di amministrazione e in assemblea». Samurri spiega la situazione che si era venuta a creare prima del 2017. Mi consta che Lfc avesse in corso una procedura di sfratto dall'immobile del comune di Milano in via San Gottardo. La prima idea è stata quella di utilizzare come sede di Lfc la Manifattura Tabacchi, in viale Fulvio Testi su cui Regione Lombardia ha un diritto di superficie, aveva gli spazi per un cineporto, doveva essere un “polo cine audio-visuale"». E ancora «Un'altra idea era riutilizzare i vecchi padiglioni di Expo, partecipando alla gara, pero non è mai stata una opzione presa in seria considerazione perché richiedeva delle tempistiche troppo lunghe». Proprio Samurri ricorda che fu Del Corno, durante l'assemblea del 28 novembre del 2017, a chiedere «di condizionare il perfezionamento del rapporto contrattuale all'esecuzione dei lavori di ristrutturazione». Proprio sul costo di quel lavoro, a fronte dell'acquisto di 400.000 euro da parte degli indagati, effettuati dalla ditta di Francesco Barachetti (anche lui sotto indagine) si incentrano gli approfondimenti della procura di Milano. Intanto una nuova perizia del 5 agosto, richiesta da Lfc a una società esterna, ha certificato che il valore dell'immobile è di 820.000 euro, 20.000 euro in più di quanto pagato, un affare per i soci della fondazione cinematografica lombarda.
Continua a leggereRiduci
Alberto Di Rubba (YouTube)
I pm dell'inchiesta sulla Lombardia film commission sono a caccia dei «mitici» 49 milioni. Che però per il commercialista Andrea Manzoni non sono mai esistiti. L'ex direttore di banca accusa il revisore del partito. Oggi previsto il via agli interrogatori.
«Personalmente reputo che non vi siano mai stati 49 milioni quali disponibilità liquide sui conti della Lega nel periodo di mia competenza». È la mattina del 3 settembre quando Andrea Manzoni, revisore della Lega alla Camera, si presenta in procura di Milano per rilasciare dichiarazioni spontanee sul caso Lombardia film commission. Lo accompagna l'avvocato Piermaria Corso. Ma invece di discutere solo del cineporto di Cormano, Manzoni parla «spontaneamente» anche dei presunti 49 milioni che la Lega avrebbe fatto sparire in questi anni, questione su cui indagano anche le procure di Genova e Bergamo. Quell'incontro con i pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi non andrà bene, anche perché il gip Giulio Fanales, nelle 60 pagine di ordinanza di custodia cautelare che porteranno ai domiciliari Manzoni, definirà il resoconto del commercialista della Lega «non attendibile».
Bisogna partire da qui per capire la matassa di materiale probatorio su cui stanno lavorando i magistrati della procura milanese. Perché se da un lato ci sono le indagini e gli interrogatori sul caso Lombardia film commission, dall'altro c'è sempre aperto quel faro sui rimborsi elettorali scomparsi all'epoca del tesoriere Francesco Belsito. Oggi sono previsti gli interrogatori di garanzia dello stesso Manzoni e dell'altro arrestato, Alberto Di Rubba, revisore della Lega al Senato, entrambi difesi da Corso. Era previsto anche quello del terzo commercialista, Michele Scilieri, ma ieri l'avvocato Massimo Dinoia ha deciso di tirarsi indietro per la troppa pressione dei media: si terrà nei prossimi giorni.
Il 3 settembre, durante le dichiarazioni spontanee, Manzoni ha raccontato di come è entrato in contatto con la Lega. «Quando Matteo Salvini fu eletto segretario a fine del 2013 e Giulio Centemero nominato tesoriere nel settembre 2014, Centemero mi chiamò quale contabile e quindi mi occupai personalmente della contabilità e dell'amministrazione del partito». Proprio qui Manzoni fa un inciso: «Personalmente reputo che non vi siano mai stati 49 milioni quali disponibilità liquide sui conti della Lega nel periodo di mia competenza, in quanto occorre distinguere fra i conti di disponibilità dell'associazione federale e i conti in disponibilità delle articolazioni locali che, sebbene prima del 2015 non fossero istituite come associazioni indipendenti, anche prima del 2015 di fatto avevano conti correnti sui quali aveva firma solo il delegato locale». Non solo. Manzoni ricorda anche il caso Sparkasse del 2017, quando ci fu una segnalazione di Bankitalia su 3 milioni di euro. «Quando venne perquisita la Sparkasse io temevo che fosse successo qualcosa prima della gestione Centemero». E «allora» continua Manzoni «si decise di affidare una revisione completa allo stesso gruppo della divisione forensic della Pwc (PricewaterhouseCoopers) che qualche anno prima fece un controllo alla Lega credo nel 2012 quando ci fu Maroni».
Manzoni ricorda di fronte ai pm anche quando conobbe Michele Scilieri, l'altro commercialista agli arresti domiciliari. «Ho lavorato per lui nel suo studio quando era ubicato in via Vincenzo Monti a Milano, fino al 2010, 2011». Manzoni è rimasto sempre in ottimi rapporti con Scilieri. «A mio giudizio è sempre stato un professionista stimato, era inoltre considerato competente in quello che è il settore fallimentare, essendo nominato anche in concordati, ad esempio «Viaggi nel ventaglio» o «Valtour». Dopo aver raccontato anche come aveva conosciuto Sostegni (factotum di Scilieri), Manzoni ha parlato anche del capannone di Cormano, acquistato da Lombardia film commission, ai tempi in cui il presidente era proprio Di Rubba. «Da questa operazione immobiliare né io né Di Rubba abbiamo guadagnato alcunché, immagino anche Scilieri». Ma allo stesso tempo, in mano ai pm ci sono le parole di Marco Ghilardi ex responsabile Ubi Banca di Seriate, che il 31 luglio scorso parlò ai pm delle operazioni «sospette» sui conti riconducibili a Di Rubba: «Mi spiegava dei suoi movimenti in denaro solo a parole». Ghilardi per questo motivo sostiene di aver perso il posto di lavoro. E Sostegni, nel carcere di San Vittore il 29 luglio, raccontò che «Scilieri si vantava delle amicizie che aveva con Di Rubba e altri esponenti locali della Lega, tanto da aver ricevuto l'incarico di vendere la sede della Lega in via Bellerio». Secondo Sostegni «c'era l'esigenza di concludere l'operazione, perché, trattandosi di un immobile di proprietà della Lega Nord, si correva il rischio di sequestro della procura di Genova, in relazione alle indagini per la truffa sui rimborsi elettorali». L'intenzione, a quanto pare, «era di vendere a un ipermercato, forse la Crai».
Continua a leggereRiduci
Ansa
La scorsa settimana è toccato al Corriere della Sera "anticipare" una frase contro Armando Siri (l'ormai famosa ci è costato 30.000 euro) che non risulta in questa formulazione agli atti. Ora è L'Epresso ad alzare nuove accuse: «più di 3 milioni di euro sarebbero spariti dalle casse della Lega per Salvini Premier, della Lega Nord e delle societa' da essi controllate, da Pontida Fin a Radio Padania». E aggiunge: «I commercialisti non rispondono alle nostre domande». Ma il tesoriere Giulio Centemero ribatte punto per punto: «Accuse false. I versamenti sono tutti giustificati e seguono la logica della gestione in outsourcing. Risparmi del 70% rispetto a prima».
La scorsa settimana è toccato al Corriere della Sera anticipare una frase contro Armando Siri (l'ormai famosa ci è costato 30.000 euro) che non risulta in questa formulazione agli atti. Ora è L'Epresso ad alzare nuove accuse. Un'operazione immobiliare da 800.000 euro. Soldi pubblici, dei cittadini lombardi, usati dall'ente pubblico Lombardia Film Commission per comprare un immobile che dieci mesi prima valeva la metà di quel prezzo. Soldi che alla fine vengono incassati da società molto vicine al tesoriere e parlamentare della Lega, Giulio Centemero, e ai commercialisti del partito, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni. Sono le accuse de L'Espresso un una inchiesta dal titolo "Prima i soldi degli italiani" in edicola da domenica 28 aprile e in anteprima online su Espresso +. Il magazine sostiene che «dal 2016 al 2018», mentre andava avanti il procedimento della Procura di Genova per truffa allo Stato nella gestione 'Bossi-Belsito' culminato con il sequestro di 48,9 milioni di euro, fondi su cui i magistrati genovesi stanno ancora indagando, «piu' di 3 milioni di euro sarebbero spariti dalle casse della Lega per Salvini Premier, della Lega Nord e delle societa' da essi controllate, da Pontida Fin a Radio Padania».
Si tratta, spiega il settimanale, di «soldi dei sostenitori leghisti usciti dalle casse dei due partiti e finiti, dopo lunghi e complicati giri, a società private e sui conti personali di uomini molto vicini allo stesso Salvini». Ieri il sito ha pubblicato una serie di domande ai tre commercialisti del Carroccio lamentando la mancata risposta. La lista riguarda bonifici e saldi fatture anche relativi ai conti del gruppo parlamentare. La risposta è arrivata ieri sera sul blog di Centemero. «Dalle pagine del settimanale si è materializzato l'ennesimo attacco mediatico nei miei confronti e dei collaboratori che mi hanno accompagnato e sostenuto nel difficile compito della ristrutturazione dei conti della Lega da quando ne sono il tesoriere», scrive Centemero. Ho perso il conto degli articoli che l'Espresso ha pubblicato nell'offensiva che, con cadenza quasi settimanale, va avanti da oltre un anno. Negli articoli precedenti il focus riguardava il fantomatico ricorso a fiduciarie che sarebbero state utilizzate per eludere il sequestro operato dalla procura di Genova. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, i due hanno pensato bene di insistere e questa volta il presunto scoop riguarderebbe la gestione di soldi privati, in particolare dei sostenitori leghisti. Ed allora, verrebbe quasi da ringraziarli a nome dei tanti militanti e sostenitori del partito per questa loro attività di ulteriore revisione dei nostri bilanci. Ma ancora una volta ciò che colpisce non è tanto la pubblicazione dei numeri, in alcuni casi pure falsati, quanto la mistificazione della realtà che ne emerge>, prosegue il tesoriere. In pratica, la tesi difensiva spiega che la struttura amministrativa del partito (pre Centemero) contava su entrate tali da poter sostenere una macchina amministrativa e gestionale composta da oltre 70 persone, mentre ora conta di sette dipendenti. «La medesima attività viene svolta grazie al supporto dei commercialisti Manzoni e Di Rubba. Lo studio Cld e lo Studio Dea, con le rispettive strutture e con i professionisti di cui si avvalgono, negli anni hanno prestato attività di assistenza, consulenza societaria e fiscale, di diritto del lavoro nonché di contabilità e attività amministrativa. La scelta di esternalizzare l'attività è stato un passaggio obbligatorio» che ha portato a un risparmio del 70%. «Si parla di spostamenti vorticosi di denaro come se stessimo parlando di flussi di denaro che senza giustificativo passano da un soggetto all'altro. Ed invece, molto banalmente, si tratta della società di noleggio che ha fornito l'intero parco auto per le attività istituzionali e i mezzi per lo svolgimento delle campagne elettorali. Allo stesso modo, stando alla lettura dell'articolo ulteriori somme sarebbero andate alla società Barachetti service srl, quasi come fossero una donazione. Ed invece, ancora una volta la realtà è molto semplice e altrettanto distante da quanto narrato da L'Espresso. La società Barachetti service, come era facilmente intuibile e comunque verificabile, svolge attività di ristrutturazione edile e ha svolto lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria sugli immobili detenuti dalla società Pontida Fin». Insomma, il botta e risposta prosegue. Vedremo cosa farà l'Espresso a seguito della pubblicazione del cartaceo, domani. Anche se i primi effetti si sono già visti. Sulla vicenda è intervenuto anche il senatore Pd Dario Parrini. "Da mesi sto prendendo iniziative in Parlamento affinché sia fatta chiarezza sui 49 milioni rubati dalla Lega e non ancora restituiti allo Stato". "Di sicuro nella Lega quella dei soldi e' una questione che scotta», sottolinea Perrini in una nota. «Ne sono conferma le ultime rivelazioni fatte dall'Espresso nell'ambito di un'inchiesta giornalistica che documenta accuratamente come soldi del partito siano passati sui conti di società private da poco costituite e poi nelle tasche di fedelissimi di Salvini. Perché e' avvenuto ciò?» si chiede Parrini. Una risposta non è difficile tra il caso Siri e ora questo sembra esserci un assalto giudiziario alla Lega. Anche se va detto più sui quotidiani che dentro le Procure. Sul tema è intervenuto anche Alberto Di Rubba: «La volontà diffamatoria dei due giornalisti, nel numero dell'Espresso in uscita questa domenica, non conosce confini. Nulla è risparmiato: la mia vita privata, la mia attività professionale e quella delle persone che con mi stanno accanto.Non mi soffermo su tutto ciò che è stato falsificato nei due articoli ma non posso esimermi dal prendere posizione sulle falsità espresse in merito al mio operato quale presidente di Lombardia Film Commission. L'incarico conferitomi da Regione Lombardia era proprio finalizzato ad una complessiva ristrutturazione e riorganizzare della Fondazione viste le note difficoltà che aveva al momento del mio ingresso ad agosto del 2014.La riduzione degli introiti a causa dell'uscita di alcuni soci della Fondazione e gli alti costi connessi alla locazione degli spazi ne riducevano l'ambito d'azione e la realizzazione dell'obiettivo di favorire la realizzazione di film, fiction TV, spot pubblicitari, documentari e di ogni altra forma di produzione audiovisiva. Nel quadro delle azioni intraprese per la riorganizzazione mi sono fin da subito impegnato a mettere in atto le procedure per la ricerca di un immobile da adibire a sede amministrativa e operativa di Lombardia Film Commission; in linea con gli scopi, descritti nella sezione Bandi del sito filmcomlombardia.it che evidentemente i giornalisti non hanno consultato, "di razionalizzazione degli spazi a propria disposizione finalizzati a ridurre la spesa per le locazioni passive e contestualmente a creare sinergie operative da realizzarsi con la concentrazione in un'unica sede delle proprie attività istituzionali". Nel periodo del mio incarico, rinnovato sino all'approvazione del bilancio 2018, ho condotto la Fondazione con il sostegno della struttura amministrativa e gestionale preesistente ad ottenere risultati insperati sia in termini economici sia patrimoniali»..
Continua a leggereRiduci







