2018-06-01
Svolta degli anglicani: sui casi di pedofilia confessionali aperti
Cessa l'obbligo del segreto sacramentale in caso di reato grave. Ma c'è il rischio che la nuova direttiva peggiori solo le cose.Se qualcuno ha un reato grave da confessare, come ad esempio un abuso sessuale contro un'altra persona, magari un bambino, prima di rivolgersi a un prete della Chiesa anglicana dovrà pensarci due volte. Perché nei giorni scorsi l'arcidiocesi di Canterbury ha emesso delle nuove linee guida in base alle quali i sacerdoti della sua Chiesa devono avvisare chi si avvicina al confessionale che potrebbero rivelare le loro colpe, nel caso coincidano con reati contro la persona. Una indicazione che sembra annullare completamente il concetto del segreto confessionale, che è la base del sacramento. L'obbligo di non rivelare le colpe ascoltate durante la confessione si chiama tecnicamente sigillo sacramentale, perché è come se il sacerdote mettesse un sigillo sulle parole che sono state proferite durante il rito. Il fedele ha la garanzia della riservatezza, nel senso che Dio è informato dei fatti e pronto a perdonarlo, ma nulla verrà rivelato agli uomini, che invece potrebbero pensare di perseguirlo. Chi ascolta la confessione ha l'obbligo di non diffondere o rendere note le informazioni acquisite, pena la scomunica, sanzione gravissima, che impedisce ai preti di esercitare il loro ministero. In Italia, poi, sull'importanza del segreto del confessionale, si è espresso anche lo Stato dal momento che la riservatezza viene tutelata dal codice penale. L'articolo 622 recita: «Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto è punito». Vale per i medici, gli avvocati e ovviamente per i sacerdoti, di tutti i culti. Carcere e pena pecuniaria sono le sanzioni previste. Secondo la legge italiana, poi, queste persone non possono nemmeno essere costrette a deporre in aula riferendo quanto hanno udito, proprio per proteggere il sigillo e il suo significato.Insomma nella Chiesa cattolica i segreti restano tali, ma la Chiesa anglicana adesso ha deciso di aprire degli spiragli, soprattutto nel caso in cui i reati siano di grave violenza personale ed esercitati nei confronti di persone deboli, come appunto i minori. Colpa forse anche del fatto che negli ultimi anni si sono registrati casi di abusi su bambini proprio a carico di qualche sacerdote. Il nuovo corso prevede dunque di spiegare dall'inizio del rito ai fedeli che è meglio non dichiarino in confessione abusi commessi, perché il sacerdote potrebbe sentirsi obbligato a parlarne alla polizia o alle agenzie preposte, a dispetto del suo obbligo di riservatezza. Il dovere di condividere queste notizie emergerebbe però solo nel momento in cui le informazioni sollevano nel sacerdote preoccupazioni a proposito del benessere o delle sicurezza di qualcuno. Di fronte alla presa di posizione, ovviamente, sono emerse polemiche. Qualcuno ha applaudito, ricordando come in diverse occasioni un sacerdote si sia trovato in grave difficoltà, perché era costretto a mantenere il segreto e non intervenire, nonostante sapesse che c'erano persone che erano vittime di un torto e avrebbero magari continuato a subirlo. Altri hanno invece giustamente fatto emergere che rendendo in qualche modo «opinabile» il segreto confessionale si percorre una strada pericolosa. Le conseguenze possono fondamentalmente essere due. Da un lato si rischia di spingere i fedeli a rinunciare a uno dei sacramenti fondamentali della Chiesa, per il timore di avere conseguenze legali. Dall'altro i sacerdoti potrebbero sentirsi autorizzati a rivelare anche azioni che non sono poi così gravi, per un amore di giustizia inteso con confini troppo ampi. Perché si comincia con l'abuso sessuale, ma in fondo anche le truffe o l'evasione delle tasse incidono sul benessere delle vittime e potrebbero compromettere la loro serenità.Di fronte alle contestazioni, l'arcidiocesi ha segnalato che non ha imposto direttamente ai sacerdoti di rivelare i segreti ma ha solo chiesto loro di informare i fedeli che sarebbe meglio tenessero per sè le colpe troppo pesanti o pruriginose, dal momento che i preti potrebbero non attenersi alla regola della riservatezza, qualora lo ritenessero necessario. Quello che non deve accadere, per i vertici della Chiesa anglicana, è che i suoi pastori si sentano in difficoltà a livello legale, sospesi tra il dovere canonico e la coscienza civica e sociale. E qui sorge spontaneo un ultimo dubbio. E se il nuovo provvedimento fosse mirato, oltre che a tutelare le vittime di eventuali abusi, anche a proteggere la serenità dei sacerdoti, che non vogliono avere da gestire segreti pericolosi e non intendono farsi venire dubbi e ansie? Una specie di logica «aziendalista», in ossequio alla quale i «dipendenti» di una società avvertono in anticipo i «clienti» dei rischi, in modo da mettersi al riparo dei problemi. Nel Paese del marketing e del profitto non suonerebbe nemmeno così insolito. Ma può una Chiesa preoccuparsi di questi aspetti?
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