2023-12-22
Il Real: «Padroni del nostro destino». Ma per i club europei è più no che sì
Il progetto da 64 squadre divise in tre serie (Star, Gold e Blue) spaventa la Liga. Gelo del campionato tedesco, mentre Londra si chiude a riccio. Il governo inglese: «Impediremo alle società di partecipare».La Superlega risulta sgradita ai campionati nazionali, ma innesca un dibattito sul futuro del calcio europeo. La questione riguarda tempi a medio termine, e delle due l’una: o la sentenza della Corte Ue non è altro che un’estensione sportiva della scellerata politica di globalizzazione continentale che cannibalizza le realtà locali e i territori o, se l’operazione fosse condotta con crismi sensati, potrebbe pure rappresentare un salvagente per tutelare economicamente il ceto medio del pallone, squadre come Fiorentina, Atalanta, Torino, piazze nutrite, ma sprovviste del blasone di grandi club come Milan, Juve e Real Madrid. A22, la società di marketing che sponsorizza la Superlega, avrebbe già allestito una bozza di progetto: 64 squadre divise in tre leghe (Star, Gold e Blue) con una fase a gironi e una a eliminazione diretta. Nessun membro permanente, promozioni e retrocessioni tra le varie leghe, un minimo di 14 partite garantite per ciascun club. La Star league, divisa in due gironi da otto squadre, sarebbe quella dei campioni, la Blue, con 32 squadre, sarebbe il primo passo per accedere al torneo da parte delle compagini meno quotate dei campionati nazionali. A fine stagione, i playoff tra le migliori di ciascuna Lega determinerebbero la vincitrice del supertrofeo. Al momento tutti rispondono picche. In Spagna, Javier Tebas, presidente della Liga, ha pungolato il Ceo di A22, Bernd Reichart: «Tanto per essere chiari, in modo che nessuno vada erroneamente a riaprire il bar per bere fino alle 5 del mattino, come sembra abbia fatto stanotte Reichart. La Corte di giustizia dell’Ue afferma che le regole di ammissione alle competizioni di Fifa e Uefa sono trasparenti, non che dovrebbero ammettere la Superlega. Al contrario, sottolinea che i criteri di ammissione delle competizioni devono essere oggettivi e non discriminatori. Principi incompatibili col progetto». La Liga spagnola è da sempre spaccata in due. Da un lato, Real, Barcellona, talvolta Atletico Madrid, si contendono il primato, con blancos e blaugrana in perenne caccia di danari ottenuti anche grazie a banche e governi concilianti. Dall’altro, gli altri club si giocano i posti rimanenti, a distanze siderali dalle più forti, eccezion fatta per il Girona quest’anno. Il potere politico di Florentino Perez del Real («Sentenza storica, i club sono padroni del proprio destino»), tra i promotori della Superlega, è determinante, ma ieri, le squadre della Liga sono scese in campo con la scritta: «Guadagnalo sul campo (il merito di accedere ai trofei, ndr)». Pure i tedeschi non ne vogliono sapere. La Bundesliga è un gioiellino, i conti delle società sono in ordine, gli stadi zeppi, le realtà locali suscitano entusiasmo. Non approdano spesso campioni di grande richiamo come Harry Kane al Bayern Monaco, ma cedere sovranità calcistica in nome di un progetto nebuloso sarebbe per loro bizzarro. Jan Christian Dreesen, ad del Bayern e vicepresidente dell’Associazione dei club europei (Eca), dice: «La sentenza non cambia la posizione del Bayern e dell’Eca, secondo cui una competizione del genere rappresenta un attacco all’importanza delle leghe nazionali. La Bundesliga è il fondamento del Bayern, così come tutte le leghe nazionali sono il fondamento di altri club di calcio europei, è nostro dovere rafforzarle, non indebolirle». L’ago della bilancia sarebbe la Premier inglese, per spettacolo e danari già di per sé un super torneo. Gli inglesi, in virtù della Brexit, non hanno vincoli continentali di sorta. Con una nota del dipartimento per la Cultura, media e sport, Londra tuona: «Il tentativo di creare una competizione separatista nel 2020 è stato un momento decisivo per il calcio inglese ed è stato condannato dai tifosi, club e governo. Presenteremo una legislazione che impedirà ai club di partecipare a competizioni separatiste simili». Insomma, al momento l’idea di calcio come patrimonio popolare dei territori a trazione Uefa prevarrebbe, ma è presto per capire che cosa accadrà. Non scordando che, tra le dune dorate del deserto, qualche fondo arabo dal portafoglio pingue potrebbe inserirsi sparigliando le carte, tanto per cambiare.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.