
Presenze cresciute del 20% rispetto all’ultima edizione prima del Covid. Armani con «Cipria» propone «un antidoto agli eccessi teatrali». Luisa Spagnoli punta sul colore, Eleventy sullo stile metropolitano.È Giorgio Armani a chiudere la Fashion week milanese, una settimana dai numeri «eccezionali», così come li ha definiti Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana. «Abbiamo avuto il 20% in più di persone che sono arrivate rispetto all’ultima edizione prima della pandemia, un numero importante per la città di Milano tra hotellerie, ristoranti, trasporti, circa 70 milioni di euro di indotto senza il retail che, rapportati ai 130 del 2019, significa che ci proiettano oltre i 200 durante l’anno». La nuova collezione di Giorgio Armani per il prossimo autunno/inverno ha un titolo, Cipria, che rimanda all’intimità di un momento, quello dedicato al trucco, al maquillage, tanto personale quanto riservato per ogni donna. «Come antidoto a un momento di eccessi teatrali», spiega lo stilista che puntualizza: «Ho tenuto fermo il mio principio che la moda è fatta per le donne». È un guardaroba ispirato a sensazioni domestiche, soavi, fluide e preziose. «Una donna anche scoperta nella sua intimità, certo, che si è vestita con molta cura, molta attenzione e con il piacere di vestirsi. Che usa colori che normalmente usa per il proprio viso, dal rosa leggero al sabbia bagnata». Le nuove creazioni sono abiti setosi come pigiami, scialli avvolgenti, pantaloni morbidi, pullover, giacche allungate e vestiti lunghi, in una palette «cosmetica» di terra, bronzo, cipria con tocchi di mandarino esaltati dall’abbondanza di nero, come quello del kajal che nel make up va a dare profondità allo sguardo. Non c’è che dire, da queste giornate di moda è uscito un unico input: vestirsi bene. Come da Luisa Spagnoli dove tutto è donante, dalle gonne ai pantaloni e alle giacche. La lunghezza di tendenza vede il cappotto fino ai piedi, così come il piumino di maglia over. Ma le gambe si scoprono grazie a micro gonne, altro leitmotiv di queste sfilate. I pantaloni sono a zampa a cinque tasche, fatti in maglieria, di paillettes sia opache sia lucide, di pelle, di camoscio. Un inverno colorato: arancio, verde, giallo, fucsia, ma anche il maculato. «C’è un desiderio di femminilità consapevole», spiega Nicoletta Spagnoli, amministratore delegato del gruppo, «Ho voluto creare un guardaroba perfetto: dalla pelliccia all’abito da sera, al cocktail dress, senza mai eccedere». Capi che celebrano «la sensualità e la forza delle donne» rimarca l’imprenditrice, a capo del brand di famiglia, parlando con in giornalisti nel backstage. L’ispirazione è al minimalismo anni Novanta, in un dialogo tra forza e delicatezza. «Premiante è stata per noi la coerenza. E il fatto d’aver sempre seguito le clienti acquisendo nuove fasce di donne giovani». Come detto, ciò che va di moda è il vestire bene. Eleventy lo dice dal 2007, quando partì prima con l’uomo subito seguito dalla collezione donna. «Allora», racconta Paolo Zuntini, che si occupa della parte femminile mentre quella maschile è seguita da Marco Baldassari, «la donna aveva spazi molto piccoli di mercato mentre da un po’ di stagioni acquisisce sempre più forza». Una commistione fra maschile e femminile d’impatto. «Da sempre puntiamo sulla qualità e questo ci ha portati ad avere materiali unici come lo shearling e i tessuti bimaterici, doppi, che si possono aprire e rifiniti in modo sartoriale». Protagonisti per il prossimo autunno/inverno, cappotti e blazer fanno tesoro dell’heritage del brand e rievocano il fascino dell’artigianalità, delineando nuove vestibilità dal sapore contemporaneo. I cappotti in preziosa flanella dalla silhouette a vestaglia si tingono di nuance naturali per un guardaroba dal sapore metropolitano. Calcaterra è sempre bravo e conferma il suo stile rigoroso che contrappone materiali, pesi e superfici differenti: panni di lana, crepe in cotone e seta, graine de poudre e gabardine, jaquard astratti e geometrici e un grafico animalier sofisticato su twill riciclato. Giada, brand disegnato da Gabriele Colangelo, punta su un linguaggio fatto di semplicità emozionale. La silhouette scultorea segue dolcemente le curve del corpo. Gli abiti sono protagonisti ma pure i cappotti in maglia con effetti di sovrapposizione. «Ho scelto di guardare questa collezione attraverso la lente di un caleidoscopio, un gioco che da sempre mi fa sognare: è stato capace di farmi viaggiare con la fantasia, ha frammentato e ricostruito in modo totalmente inaspettato linee e combinazioni di colore», afferma. La donna Elisabetta Franchi prende forza e vigore da personaggi femminili come Tamara de Lempicka e Amelia Earhart. Tocchi di un’America art déco pronta a rompere gli schemi e a giocare con nuove regole. Libera pensatrice, aperta al contemporaneo, con coraggio cede al fascino delle prime donne aviatrici: il glamour del red carpet si alterna ai maxi cargo in denim abbinati a preziosi top ricamati e a giacche smoking e aviator. Il denim la fa da padrone da John Richmond che evidenzia la capacità di cambiamento di un tessuto tanto iconico. Lo stilista inglese, che presenta sempre un ottimo lavoro dall’impronta rock, ha proposto capi magistralmente rivisitati e l’uso di materiali diversi tagliando, rammendando, riparando, mischiando nylon, seta e jersey.
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