2022-06-09
Sulle case popolari siamo fermi a Fanfani. E per gli abusivi è una vera pacchia
Palazzina occupata a Roma (Ansa)
A Roma una nuova norma dà la residenza a chi occupa alloggi illegalmente. A Firenze questo «diritto» l’ha concesso il giudice.In Italia ormai sembra proprio che chi occupa una casa abusivamente, per i più vari motivi, abbia più diritti di chi di quella casa è proprietario, pubblico o privato che sia. Due fatti in due città. A Roma. Dopo discussioni senza fine anche interne alla maggioranza (vedi i consiglieri della Lista civica Gualtieri notoriamente vicini al mondo dei costruttori) è stata approvata una mozione presentata da un rappresentante del Pd che si chiama Yuri Trombetti (nomen omen): infatti, con questa norma, i proprietari di casa vengono letteralmente trombati. Dicevamo, una norma che impegna la giunta a superare l’articolo 5 del decreto dell’ex ministro Maurizio Lupi. Si tratta della norma che da otto anni impedisce, giustamente, di far ottenere la residenza ai nuclei familiari che occupano gli immobili e, quindi, ottenere gli allacciamenti vari. A Firenze, invece, nel consiglio comunale è intervenuta la Corte di appello che ha riconosciuto il «superiore diritto alla residenza anagrafica» a una donna e alla figlia di nove anni che vivevano abusivamente nello stabile occupato e, pertanto, il Comune di Firenze deve iscrivere obbligatoriamente entrambe all’anagrafe come residenti. L’avvocato ha spiegato che la residenza è un diritto anche per chi occupa abusivamente un immobile, nonostante la signora avesse tenuto un atteggiamento ostruzionistico che non avrebbe consentito alla presa in carico dei servizi sociali. La corte ha affermato, roba da pazzi, «che è infondata la pretesa del Comune di subordinare la concessione della residenza a una preistruttoria da effettuarsi tramite la presa in carico da parte dei servizi sociali». Quindi, non solo questa signora ha diritto ad avere la residenza pur commettendo un reato, cioè l’occupazione abusiva di una casa non di sua proprietà, ma c’è di più: il Comune non ha neanche il diritto di fare una preistruttoria che consenta di capire se quella donna ha realmente diritto a una casa popolare e quindi, tramite i servizi sociali, cercare un’alternativa alla casa occupata. Questo ci dice la Corte d’appello. La signora occupa la casa? Bene, se ne ha bisogno è giustificata. In caso di bisogno, evidentemente, il diritto di proprietà, pubblica o privata garantita dall’articolo 42 della Costituzione, non ha più valore; quindi, non c’è da fare alcuna istruttoria, le si conceda la residenza e anche in fretta se no, magari, ci va pure di mezzo la giunta comunale e i funzionari dei servizi sociali perché non avrebbero compiuto il loro dovere, cioè riconoscere come legale un atto illegale e procedere di conseguenza come se tale atto fosse legale.Ora, capite bene care lettrici e cari lettori, che anche per uno che da tanti anni si occupa di queste cose, e quindi ne ha viste di cotte e di crude, rimane anche difficile commentare. È uno di quei casi in cui l’espressione «rimanere a bocca aperta» o «rimanere senza parole» non sono sufficienti ad esprimere lo stato di sbigottimento, di frustrazione, di incredulità delle quali saranno certamente vittima i proprietari legittimi di quelle case ma che non sono superiori a chi, come noi giornalisti, le debbono raccontare e commentare. Non ci sfugge che c’è anche un altro articolo nella Costituzione e che è il numero 3, quello sull’uguaglianza sostanziale, che prescrive che tutti i cittadini debbono essere messi in condizione di raggiungere livelli minimi di dignità al di sotto dei quali essa è negata. Ovviamente rientrano in questo diritto un reddito, un’abitazione e tutto quanto è essenziale a una vita degna di essere chiamata tale e cioè, ad esempio, l’accesso ai servizi sanitari fondamentali soprattutto per coloro che sono affetti da patologie gravi e non possono permettersi la sanità privata. È qui che, purtroppo, il nostro Paese è indietro, molto indietro, perché nel complesso delle abitazioni della vicina Francia, il 16% sono residenze popolari, da noi siamo all’1,6%. Certo che c’è un problema enorme, gigantesco, che viola uno dei diritti umani fondamentali come ricorda l’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Ma sono i metodi adottati dalla Corte d’appello di Firenze e dalla giunta comunale di Roma quelli giusti per risolvere questa carenza di alloggi popolari, cioè l’occupazione abusiva? Possibile che in tutta Roma e in tutta Firenze i rispettivi Comuni non possano offrire luoghi alternativi a queste famiglie? È possibile che il governo centrale consideri questo problema di serie «Z» così come, del resto, i governi che lo hanno preceduto? Possibile mai che in Italia, a parte la Gescal che in molti ricorderanno, dobbiamo risalire all’inizio degli anni Sessanta, al Piano Fanfani, per rintracciare un intervento serio, organico e di dimensioni adeguate per la costruzione di nuove abitazioni popolari? In democrazia non ci sono scorciatoie e quando ci sono sono sbagliate. Ci sono la volontà politica, i diritti e le leggi, e se c’è un’emergenza case popolari la si affronti come un’emergenza predisponendo interventi urgenti, il che significa cercare case per le persone che ne hanno diritto in attesa che ne vengano costruite di nuove. Le scorciatoie non sono giuste e finiscono per inquinare anche la convivenza civile e alimentare la rabbia di molte persone che vedono violato il loro diritto.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)