Secondo un sondaggio, solo il 31,2% degli intervistati ha fiducia nella magistratura. Il 45,5% pensa che le toghe facciano politica.
Secondo un sondaggio, solo il 31,2% degli intervistati ha fiducia nella magistratura. Il 45,5% pensa che le toghe facciano politica.Più di un italiano su due, il 50,3%, rivela un sondaggio di Euromedia Research presentato a Porta a Porta, non è d’accordo con i giudici che hanno sospeso i trasferimenti nel centro albanese di Gjader. Il 45,5% degli intervistati ritiene che queste sentenze abbiano una natura politica, evidentemente frutto di un’accanita crociata anti-governo. Per il resto del campione si tratterebbe di semplici decisioni giuridiche. Intanto, l’indice di fiducia nella magistratura si attesta al 31,2%, il che suggerisce che il resto degli italiani considera i giudici con lo stesso entusiasmo riservato a una multa per divieto di sosta. Il sondaggio è stato analizzato ieri dalla direttrice di Euromedia Research Alessandra Ghisleri sulla Stampa. Ed emerge in modo chiaro che il campione esaminato è a favore dei provvedimenti del governo e contro le posizioni dei magistrati. Che nel caso delle recenti decisioni che hanno riportato in Italia i migranti trasferiti a Gjader ha incassato il sostegno di circa un intervistato su tre, ovvero il 28,9%. Tra gli elettori del Partito democratico e di Alleanza dei Verdi e Sinistra la sospensione dei trasferimenti nel centro albanese raggiunge un consenso del 72,7%. Eppure, perfino tra i dem si nasconde un 14,6% di scettici che storce il naso. E finanche tra i sostenitori di Angelo Bonelli c’è un 7% che non condivide le decisioni dei giudici o che le giudica sbagliate. Sul fronte del centrodestra, invece, l’opposizione alle sentenze è granitica: sfiora il 90% tra i sostenitori di Fratelli d’Italia e supera l’80% tra i leghisti. Gli elettori di Forza Italia, sempre moderati, si fermano a un sobrio 65,3%. I pentastellati, invece, si dividono equamente in tre: il 38,8% appoggia le scelte dei giudici, il 31,5% le critica e il 29,7% dichiara di non sapere. Una statistica che, in fondo, conferma l’anima poliedrica pentastellata. I più enigmatici restano gli elettori di Azione e Italia viva: il 28,5% dei calendiani approva le decisioni, altrettanti le disapprova e oltre il 40% preferisce non rispondere. Tra i renziani i pro si fermano al 29% e i contro al 25, mentre i Ponzio Pilato sono il 64%. E infatti, valuta la Ghisleri, «tra le file di Azione e di Italia viva emerge una mancanza di indirizzo politico e una generale reticenza». In entrambi i casi si registra «più del 40% tra coloro che non sa o non desidera rispondere». I sostenitori del centrodestra sono inoltre convinti che la magistratura abbia agito per partito preso contro il governo e che si tratti di un’azione politica: lo sostiene il 19,5% degli elettori di Fratelli d’Italia, il 74% dei leghisti e il 60.9 per cento dei forzisti. Tra i dem, invece, l’85,5% ritiene che si tratti di un’azione giuridica e non politica. La percentuale sale al 96,5 tra i sostenitori di Alleanza dei Verdi e Sinistra. Tra i dem però c’è un 8,6% che l’ha presa come un’azione contro il governo. Anche il quesito successivo fornisce uno spaccato particolarmente interessante. «Il governo deve fare ricorso in Cassazione contro le sentenze che respingono i trasferimenti nei centri in Albania?», è stato chiesto agli intervistati. Il 46,5% risponde di «sì», mentre solo il 31 è contrario e lo ritiene sbagliato. Come era facile immaginare, i sostenitori del partito di Giorgia Meloni risultano uniti: il 91,5% degli intervistati è per il ricorso. Anche qui i leghisti si allineano con il 69,5%, seguiti dagli azzurri al 63. Ma tra i dem c’è un 15,4% che protende per impugnare quelle decisioni e anche tra gli elettori di Alleanza dei Verdi e Sinistra si annida un 7% favorevole a portare quei giudizi davanti alla Suprema corte. Tra i pentastellati la percentuale di favorevoli sale al 13, un dato che conferma l’attitudine del Movimento a sorprendere. Curiosamente i calendiani si distinguono con un 71,5% a favore del ricorso. Il dato aggregato invece fornisce questa lettura: poco meno della metà della popolazione italiana (46,5%) ritiene giusto un ricorso in Cassazione. Infine, l’indice di fiducia nella magistratura svela il quadro più interessante: solo il 31,2% degli italiani si fida delle toghe. «Due terzi degli intervistati esprime un giudizio severo su un pilastro delle istituzioni», osserva la Ghisleri. Tra questi c’è un 8,6 per cento di meloniani, un 6,7% di leghisti e un 15% di intervistati che si è dichiarato sostenitore di Forza Italia. Sono i dem i più fiduciosi nella magistratura, con il 69,8%, seguiti dai calendiani con il 64,5. Mentre tra gli elettori di Alleanza dei Verdi e Sinistra la percentuale scende al 64 e tra i 5 stelle al 53,5. Molto particolare il dato di Italia viva che, nonostante il suo leader Matteo Renzi abbia più volte lanciato strali contro la magistratura con la passione di un oratore in un comizio, ha ancora un 61 per cento di elettori che ha fiducia nella magistratura. Un dato che sembra sussurrare: «Matteo ti ascoltiamo, ma mica ti prendiamo sul serio».
Rame, filiere e prezzi in altalena. Congo, il cobalto resta limitato e la pace non si vede. In India arriva la prima gigafactory cinese. I ricambi auto cinesi invadono la Germania.
Michele Emiliano (Ansa)
Dopo 22 anni di politica, l’ex governatore chiede di rientrare in magistratura (con uno stipendio raddoppiato). E se dovesse indagare su esponenti di partito?
Dipendenza dalla toga: dopo ben 22 anni di attività politica, Michele Emiliano vuole tornare a fare il magistrato. Non ha intenzione di restare disoccupato neanche per un paio d’anni (sono insistenti le voci di una sua candidatura in Parlamento nel 2027) questo istrionico protagonista della vita pubblica italiana, che ha appeso la toga al chiodo nel 2003, quando è diventato sindaco di Bari, carica ricoperta per due volte e alla quale è seguita quella di presidente della Regione Puglia, un altro decennio di attività istituzionale. Emiliano, prima di indossare la fascia tricolore a Bari, dal 1990 al 1995 aveva lavorato presso la Procura di Brindisi occupandosi di lotta alla mafia; poi si era trasferito a Bari come sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia. Emiliano viene rieletto primo cittadino nel 2009, dopo aver tentato invano la scalata alla presidenza della Regione Puglia, e resta in carica fino al 2014. Prima di diventare governatore, nel 2015, ricopre l’incarico di assessore alla legalità di San Severo.
Sullo sfondo Palazzo Marino a Milano (iStock). Nei due riquadri gli slogan dell’associazione Mica Macho
Bufera sul «Tavolo permanente» dedicato alla correzione degli uomini, annunciato dal Consiglio comunale. Critica Forza Italia: «Impostazione woke». Mentre i dati dicono che queste attività sono inutili. E resta il mistero sui fondi impiegati da Palazzo Marino.
A Milano il nuovo Tavolo permanente sulla «rieducazione maschile», annunciato dal Consiglio comunale, si apre tra polemiche e dubbi sulla sua reale utilità. Le critiche del centrodestra sono arrivate subito, mentre le ricerche internazionali mostrano da anni risultati incerti sui percorsi rivolti agli uomini.
Nel primo pomeriggio sul sito del «Corriere» esce la notizia che Caltagirone, il numero uno di Delfin e l’ad del Monte sono indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza per l’Opa su Mediobanca. Scattano forti vendite in Borsa. Uno sgambetto anche al Tesoro.
In Italia c’è sempre un istante preciso in cui la giustizia decide di scendere in campo con un provvedimento a orologeria. Non è mai un caso, mai un incidente: è una coreografia. E così, nel giorno in cui Mps perde il 4,56%, Mediobanca scivola di un altro -1,9%, e il mercato si chiede cosa stia succedendo, arriva il colpo di teatro: la Procura di Milano notifica avvisi di garanzia a Borsa aperta, come se si trattasse di un profit warning. Tempismo chirurgico. L’effetto è devastante: Mps affonda a 8,330 euro, Mediobanca scivola a 16,750. E tutto perché la notizia - trapelata prima da Corriere.it e poi confermata da un comunicato di Rocca Salimbeni - corre come una scintilla tra gli operatori: Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e il ceo Luigi Lovaglio sono indagati nell’inchiesta sulla scalata che ha portato l’istituto senese a conquistare l’86,3% di Mediobanca.





