2021-07-27
Sul limite della legge e sul dissenso ora suonano i campanelli d’allarme
Luciana Lamorgese condanna «manifestazioni con slogan violenti contro il governo». Con la pandemia si mettono da parte troppe domande. Giorgio Agamben e Massimo Cacciari durissimi: «La card permetterà discriminazioni da regime».Che il ministro dell'Interno «segua con attenzione», come ha detto ieri, le manifestazioni contro l'obbligo di green pass (che si sono tenute sabato, e che prevedono un «seguito» domani in diverse città italiane) è motivo di obiettivo conforto. Vale per ogni evento pubblico, a maggior ragione per raduni spontanei e meno organizzati; e vale ancor di più se, come nel momento presente, sono presenti tensioni sociali ed economiche in grado di calamitare fazioni estreme e dunque generare potenziali episodi di disordine.È meno tranquillizzante, tuttavia, che la stessa Luciana Lamorgese, secondo le pagine capitoline del Corriere della Sera abbia specificato che «sono da condannare tutte le manifestazioni, peraltro non autorizzate, in cui si attaccano i vaccini, si urlano slogan violenti contro i provvedimenti varati dal governo per tutelare la salute pubblica e il lavoro dei giornalisti che informano sui rischi della pandemia». Prendendo alla lettera le parole della ministra, che ha sostanzialmente dato un bizzarro giudizio di merito negativo, parrebbe quasi che sia l'oggetto della manifestazione in sé a suscitare un motivo di condanna. Ora, la storia - recente e non - è piena di «slogan violenti contro i provvedimenti». In effetti, uno dei primi motivi per cui si tende a scendere in piazza è esattamente questo. Di certo la Lamorgese non intendeva limitare il diritto di espressione pacifica e legale del dissenso. Resta il fatto che quest'ultimo sembra essere uno dei due cardini che la tempesta del Covid rischia di far saltare nell'indifferenza o - peggio - tra gli applausi generali. L'altro è l'esistenza dei limiti: di ciò che siamo disposti ad accettare, e a cui siamo pronti a rinunciare, di ciò che è legittimo, per il potere, determinare nelle nostre vite. In fondo, fissare questo limite è uno degli scopi profondi per cui nascono il diritto e gli ordinamenti. Sotto la pandemia, sembra quasi impossibile anche solo porre la questione. Green pass per fare qualsiasi cosa? Vaccini per tutti? Over 12? Over 6? Va bene vincolare al possesso di un certificato non solo gli spostamenti ma l'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti (lavoro, scuola, voto)? Esiste, appunto, un limite? Se ne può, quantomeno, parlare o a prescindere, siccome c'è il Covid, va bene tutto?A questo strano, e un po' inquietante, «divieto di fare domande» che Augusto Del Noce aveva profetizzato come portato inevitabile delle nostre società, sembrano essersi ribellate due figure note del panorama filosofico italiano: Giorgio Agamben (di recente citato proprio su queste colonne) e Massimo Cacciari. Personalità che è difficile confinare nei recinti di impresentabilità che si tirano fuori di solito, o assimilare a qualche matto che andrà sicuramente in piazza domani. Sul portale dell'Istituto italiano per gli studi filosofici hanno pubblicato un testo (link: t.ly/5Jfe) che accusa di «inconsapevole leggerezza» l'approccio italiano al green pass, spendendo paragoni molto impegnativi con Russia sovietica e Cina. «Quando poi», proseguono, «un esponente politico giunge a rivolgersi a chi non si vaccina usando un gergo fascista come “li purgheremo con il green pass" c'è davvero da temere di essere già oltre ogni garanzia costituzionale. Guai se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. [...] Nessuno invita a non vaccinarsi! Una cosa è sostenere l'utilità, comunque, del vaccino, altra, completamente diversa, tacere del fatto che ci troviamo tuttora in una fase di “sperimentazione di massa" e che su molti, fondamentali aspetti del problema il dibattito scientifico è del tutto aperto». La chiusa è altrettanto dura: «Tutti sono minacciati da pratiche discriminatorie. Paradossalmente, quelli “abilitati" dal green pass più ancora dei non vaccinati (che una propaganda di regime vorrebbe far passare per “nemici della scienza" e magari fautori di pratiche magiche), dal momento che tutti i loro movimenti verrebbero controllati e mai si potrebbe venire a sapere come e da chi. Il bisogno di discriminare è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire».Ovviamente sono frasi discutibili. Ma dovrebbero aiutare a capire - a ogni latitudine partitica - che i problemi che le generano, le questioni del limite e della possibilità di opposizione anche alle politiche sanitarie forse sono davvero faccende «non negoziabili», che non è bene ficcare sotto il tappeto dello stato d'eccezione perenne come fossero polvere. Anche perché il dissenso - inevitabile, a meno di repressione totalitaria, anche rispetto al provvedimento più giusto e condivisibile del mondo - ha una caratteristica abbastanza irriducibile: se non viene in qualche modo tradotto, rappresentato, veicolato in forme politiche, prima o poi rischia di finire altrove. E di fare più danni.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)