
Le divisioni nel governo fanno slittare il dibattito in Aula. Tra tre mesi però scade l'ultimatum della Consulta. Al via le audizioni.Non bastavano la flat tax, la riforma delle intercettazioni e della giustizia. Ora anche l'eutanasia rischia di trasformarsi in una nuova, potenziale causa di… decesso per il governo. Dopo mesi di discussione sulle varie proposte di legge presentate nelle due commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera, il dibattito generale era stato finalmente fissato per ieri a Montecitorio. Poi, su proposta del Partito democratico, la discussione nell'emiciclo è stata rinviata al 15 luglio, ufficialmente per dare modo alle commissioni di proseguire con le audizioni. Si comincia oggi stesso, con l'ex presidente della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick, e con altri giuristi ed esperti della materia. All'interno della maggioranza gialloblù, però, le posizioni sono distanti. E anche il tempo comincia a stringere. Il Parlamento infatti ha ancora tre mesi, poi rischierà di perdere il diritto di parola sulla materia. Di mezzo, infatti, c'è un monito della Corte costituzionale, finora rimasto senza risposta. Tutto nasce con il caso di Dj Fabo, al secolo Fabiano Antoniani, che divenuto cieco, tetraplegico e non più autosufficiente dopo un incidente stradale, nel febbraio 2017 aveva deciso di ricorrere al suicidio assistito. Marco Cappato, esponente del Partito radicale e dell'associazione pro eutanasia intitolata a Luca Coscioni, lo aveva accompagnato in una clinica svizzera e s'era autodenunciato. Per questo Cappato era finito sotto processo a Milano, imputato per «istigazione e aiuto al suicidio»: un reato che l'articolo 580 del Codice penale punisce con una pena da 5 a 12 anni di reclusione. Nel gennaio 2018 la Procura di Milano aveva chiesto l'assoluzione di Cappato, ma il tribunale aveva preferito sospendere il giudizio, sottoponendo alla valutazione della Corte costituzionale l'articolo 580. Di fronte a una materia tanto delicata e controversa, però, lo scorso 24 ottobre anche la Consulta aveva sospeso la sua decisione, offrendo undici mesi di tempo al Parlamento perché provvedesse a legiferare: l'esatto termine ultimo era stato allora fissato a un'udienza già prevista per il 24 settembre 2019. Alla Camera, da allora, sono stati depositati vari progetti di legge che prevedono forme diverse di legalizzazione dell'eutanasia. C'è la proposta d'iniziativa popolare sostenuta dai radicali, che sul modello olandese depenalizza l'eutanasia in certe situazioni: quando un paziente maggiorenne, portatore di patologie gravissime e irreversibili, abbia mostrato la «reiterata volontà» di ricorrere al suicidio assistito. Ci sono poi le proposte di Doriana Sarli, del Movimento 5 stelle, di Andrea Cecconi (ex M5s, ora Gruppo misto) e di Michela Rostan (Liberi e uguali), che vogliono consentire l'eutanasia ai pazienti terminali, purché maggiorenni e solo se ricoverati in ospedali pubblici. Dallo scorso 5 giugno anche 18 parlamentari della Lega hanno presentato un progetto di legge, il cui primo firmatario è Alessandro Pagano. La proposta leghista non legalizza l'eutanasia, ma riduce drasticamente le sanzioni dell'articolo 580 (la pena scenderebbe da un minimo di sei mesi di reclusione a un massimo di due anni) per chi aiuta un suicidio in due precise condizioni: quando la morte viene data a «una persona tenuta in vita solo mediante strumenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte d'intollerabile sofferenza», e se il reo «convive stabilmente con il malato e agisce in stato di grave turbamento determinato dalla sofferenza dello stesso». Il testo leghista, va detto, pare più rispettoso delle indicazioni della Corte costituzionale che otto mesi fa, assegnando al Parlamento il compito di legiferare, sottolineava comunque l'importanza intrinseca dell'articolo 580: «L'incriminazione dell'istigazione e dell'aiuto al suicidio», scrivevano i giudici, «è in effetti funzionale alla tutela del diritto alla vita, soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili, che l'ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile come quella del suicidio». I leghisti sono anche gli unici a voler garantire il diritto dell'obiezione di coscienza ai medici contrari all'eutanasia. Proprio ieri, nel presentare a Roma gli obiettivi del rifondato Forum delle associazioni sociosanitarie cattoliche, il suo presidente, Aldo Bova, ha ribadito l'opposizione alle proposte che non prevedono l'obiezione di coscienza: «Pur di non eseguire un'eutanasia», ha detto Bova, «un medico cattolico deve essere disposto a finire in galera».
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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