2021-12-14
Sul Colle Salvini rompe l’impasse e chiama tutti i leader per trattare
Il capo della Lega apre un tavolo con il Cav, Giorgia Meloni, Enrico Letta, Matteo Renzi, Giuseppe Conte e Roberto SperanzaIl primo giro di carte lo dà Matteo Salvini, che cerca di ritagliarsi il ruolo di kingmaker nell’elezione del prossimo presidente della Repubblica. «In ottica Quirinale», ha spiegato ieri mattina il leader della Lega, «chiamerò tutti i segretari dei partiti presenti in Parlamento chiedendo un incontro e la condivisione per evitare di arrivare a metà gennaio con il liberi tutti. Mi auguro che tutti accolgano l’invito: ritengo mio diritto ma soprattutto mio dovere provare a trovare una sintesi comune. Da qui alla elezione del presidente della Repubblica abbiamo un bimestre creativo. Io credo che gli italiani abbiano bisogno di tutto», aggiunge Salvini, «tranne che di litigi e beghe. Serviranno nervi saldi e buone idee servirà merito e competenza. Oggi (ieri, ndr) farò quelle dieci telefonate, per arrivare poi a un incontro, vedremo chi vuole farlo». Detto fatto: Salvini sente Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Enrico Letta, Giuseppe Conte e Matteo Renzi, poi incontra Giovanni Toti. Dal Nazareno fanno subito sapere che il segretario del Pd, Enrico Letta, ha dato piena disponibilità a Salvini per il confronto, ma ribadendo che si siederà al tavolo solo dopo l’approvazione della manovra di bilancio. Ma non solo, l’ex ministro dell’Interno si è sentito anche con i centristi Luigi Brugnaro, Carlo Calenda, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi. E ha inviato un messaggio cordiale (seguito da una risposta positiva) a Roberto Speranza. Musica, maestro: il valzer del Quirinale è iniziato. Del resto, Salvini non può permettersi di lasciare ancora campo libero a Giorgia Meloni, che con l’edizione 2021 di Atreju ha conquistato il centro del ring politico, pur restando saldamente all’opposizione. «Il centrodestra», argomenta Salvini, «è maggioranza dentro e fuori il Parlamento e quindi ci spettano gli onori e gli oneri di prendere per mano questo Paese che è ancora in pandemia. Mi rifiuto di pensare di passare settimane e settimane in Parlamento a litigare sul presidente della Repubblica. Un nome per il Colle? No, se invito gli altri all’ascolto e al confronto, e arrivo con il mio nome non mi sembra la maniera giusta di procedere. Diciamo che ho parecchie idee ma le tengo per me. Ci sono diversi uomini e diverse donne», evidenzia Salvini, «in grado di fare il presidente della Repubblica. A me interessa che sia un presidente in gamba e rappresentativo, possibilmente che non sia sbilanciato da una parte come troppo spesso è accaduto». Torna sotto i riflettori, il leader del Carroccio, ma il palco è assai affollato, in particolare sul lato del centrodestra. Berlusconi si sente pienamente in corsa per il Colle, la Meloni fa sapere che la candidatura di Silvio è tutt’altro che una boutade, che il leader di Forza Italia rientra in pieno nella categoria dei «patrioti», tra i quali a suo avviso va scelto il successore di Sergio Mattarella: «La pacchia è finita: nelle prossime elezioni del Quirinale», dice la Meloni, «il centrodestra ha i numeri per essere determinante e noi vogliamo un presidente eletto per fare gli interessi nazionali e non del Pd. Berlusconi è stato mandato a casa dalle consorterie europee perché non firmava trattati poi firmati da Monti, quindi ha difeso l’interesse nazionale assolutamente. Non l’abbiamo mai definito un candidato di bandiera», aggiunge la Meloni, «è un nome che compatta il centrodestra. Poi sappiamo che serve una convergenza di numeri ma rispecchia quello che stiamo cercando».Numeri, numeri, numeri: come abbiamo più volte sottolineato, con un centrodestra compatto sul suo nome, a Berlusconi mancherebbero una cinquantina di voti per raggiungere quota 505, la maggioranza assoluta dei grandi elettori, che dal quarto scrutinio in poi, se raggiunta, è sufficiente per essere eletti al Quirinale. Matteo Renzi conta su circa 40 parlamentari. Il mare di ex grillini, centristi, autonomisti, eletti all’estero e via dicendo è pescosissimo. Silvio sente di potercela fare, vuole provarci, lo confermano diverse fonti di centrodestra e non solo: «Decine di nostri parlamentari al primo mandato», dice alla Verità un senatore del M5s, «sono terrorizzati dall’idea di Draghi al Quirinale. Significherebbe elezioni anticipate prima dei quattro anni, sei mesi e un giorno di legislatura necessari per maturare il vitalizio. Berlusconi? Voterebbero per chiunque, pur di non andarsene a casa».E rieccoci al punto di partenza: Mario Draghi. Il valzer del Colle ruota tutto intorno al premier, che non ha ancora reso nota la sua decisione sul Quirinale. Sempre che l’abbia presa, almeno in cuor suo, la decisione: Draghi sa benissimo che una sua eventuale elezione, per lo spessore del personaggio, dovrebbe avvenire alla prima, alla seconda o alla terza votazione, quando è indispensabile superare i due terzi dei componenti dell’assemblea: la soglia è fissata a 671 voti. Difficile infatti immaginare un Draghi eletto presidente della Repubblica senza una maggioranza molto ampia. Intanto, salgono le quotazioni di Marta Cartabia, mentre restano sostanzialmente stabili quelle di Pier Ferdinando Casini e Paolo Gentiloni.