2020-11-13
Sui vaccini Arcuri vende subito fumo. E ora gli affidano pure i Covid hotel
Il commissario fresco di incarico sul siero non spiega distribuzione e logistica e risponde stizzito ai giornalisti. Come se non bastasse, il governo si sveglia adesso sugli alloggi. E ovviamente a chi ne affida la gestione? A lui.Non gli è bastato promettere invano le mascherine autarchiche e i banchi nuovi per l'inizio delle scuole, oppure procurare con grave ritardo ventilatori e nuovi posti letto: ieri Domenico Arcuri ha aggiunto un altro annuncio dall'incerto futuro alla sua collezione. «I primi vaccini arriveranno a fine gennaio», ha garantito. «Confidiamo di poter vaccinare i primi italiani alla fine di gennaio: 1 milione 700.000 nostri cittadini». In anteprima Arcuri l'aveva detto all'assessore alla sanità della Sardegna, Mario Nieddu: a gennaio arriveranno sull'isola le prime dosi di vaccino anti Covid. «Me lo ha garantito il commissario Arcuri», ha sottolineato Nieddu ai giornalisti forse per convincere anche sé stesso di non avere capito male. Ma Arcuri ha anche annunciato che «la curva dei contagi si sta raffreddando». Mentre le Regioni lanciano grida di dolore, il commissario ha convocato ieri una conferenza stampa paternalistica per dire ai giornalisti che lo incalzavano che «un numero vale più di mille parole, cosa vuole che le dica?» e snocciolare numeri drammatici barattati come una clamorosa inversione di tendenza prodotta dall'impetuosa ed efficiente azione del governo che non è mai stato colto di sorpresa e anzi è all'avanguardia mondiale nella lotta al Covid. L'ultimo incarico ad Arcuri è arrivato giusto ieri: dovrà «attivarsi immediatamente» per mettere a disposizione «Covid hotel» dove ospitare i malati con sintomi non gravi ma che debbano stare in isolamento anche dai familiari. I Covid hotel dovrebbero essere uno per provincia. C'era bisogno di chiamare Arcuri anche per requisire un centinaio di alberghi vuoti? Perché nessuno ci ha pensato prima? E perché si interviene ora che «la curva dei contagi si sta raffreddando»?A fine gennaio, dunque, 1,7 milioni di vaccini: meglio incrociare le dita perché l'uomo piazzato da Giuseppe Conte a procurare i mezzi per combattere il coronavirus è uno specialista di operazioni fallimentari. Al commissario di fiducia il premier Conte ha ordinato di occuparsi anche dei nuovi vaccini che viaggiano a 80 gradi sottozero. «Stiamo studiando da 36 ore la logistica della distribuzione» Se la faccenda finirà come le mascherine autarchiche, c'è proprio da stare freschi. Adesso le si trovano a 50 centesimi e anche meno, ma non era così il 2 maggio scorso, quando Arcuri proclamò che alle farmacie sarebbero arrivati dispositivi di protezione a prezzo calmierato. Ma delle mascherine low cost non si vide l'ombra per settimane. Il 27 di quello stesso mese di maggio Arcuri annunciò che entro settembre in Italia sarebbero state in commercio soltanto mascherine nostrane. Il commissario per l'emergenza lo disse alla commissione Affari sociali della Camera, visti i massicci investimenti dello Stato per aiutare la produzione interna di dispositivi: entro la fine di giugno, garantì Arcuri al Parlamento, i 51 macchinari acquistati con fondi pubblici avrebbero sfornato 31 milioni di mascherine al giorno. Invece basta dare un'occhiata al sito Internet dell'Agenzia delle dogane per verificare che le cose stanno diversamente. Ieri pomeriggio il conteggio degli acquisti sdoganati dall'estero era il seguente: oltre 3 miliardi di mascherine (di cui 2,7 miliardi chirurgiche), quasi 30 milioni di dispositivi per il volto, 820.392 capi di protezione, 3,2 miliardi di guanti, 50,6 milioni di litri di alcol igienizzante, 4.405 strumenti di terapia intensiva. Dei 3 miliardi di mascherine, metà era stata importata dall'inizio dell'emergenza a tutto maggio (valore 1,1 miliardi di euro) e l'altra metà negli ultimi mesi.Secondo un'analisi di Confindustria il 90% del materiale viene dalla Cina, ma nonostante la dicitura «Dogana trasparente» il sito ufficialmente non ne dichiara la provenienza. E nemmeno il governo fornisce agli italiani questa informazione tutt'altro che irrilevante visto che molte forniture cinesi sono prive dei certificati che ne comprovano la reale efficacia. «La provenienza dei singoli dispositivi di protezione individuale rappresenta una questione di interesse pubblico in termini di garanzia di sicurezza e rispetto dell'ambiente», scrive il deputato Antonio Zennaro in un'interrogazione del 2 ottobre in cui chiede di conoscere la provenienza dei materiali importati. Il governo tace. E nemmeno il commissario Arcuri ha ancora risposto all'analoga richiesta di accesso agli atti. Osserva Zennaro: «La mancanza di trasparenza e tempestività del governo è un dato di fatto». Anche gli ultimi bandi per l'acquisto di test antigenici rapidi sono stati vinti da aziende dell'estremo Oriente, con tanti saluti all'industria biomedicale italiana che è un'eccellenza mondiale. Alla fine di ottobre sono stati assegnati due lotti da 10 milioni di test: uno è stato aggiudicato alla coreana Rapigen, l'altro alla Technogenetics di Milano che distribuisce i prodotti della cinese Khb, sede a Shanghai e titolo quotato alla borsa di Shenzhen. I test coreani costano 3,05 euro, quelli cinesi 3,50 euro. Ieri i giornalisti hanno chiesto ad Arcuri dove si trovano le validazioni dei test acquistati: il commissario si è ben guardato dal rispondere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)