
Scenario aperto per le nomine: Ursula von der Leyen chiederà ai governi due candidati, uomo e donna, tra i quali scegliere il commissario. Ipotesi Letizia Moratti in alternativa al ministro.«Sono molto grata ai Verdi per il loro sostegno. Lavorerò il più possibile con coloro che mi hanno sostenuto, che sono pro-Ue, pro-Ucraina, pro-Stato di diritto. Sono molto grata alla piattaforma Ppe-S&d-Renew, ma sono anche molto grata al gruppo dei Verdi. Abbiamo avuto scambi approfonditi su tutti i temi ed è un buon segno che alla fine abbiano votato sì»: Ursula von der Leyen dopo la sua rielezione alla guida della Commissione europea conferma quella impostazione di una divisione tra maggioranza e opposizione che è contraria allo spirito con quale è nata l’Unione europea, ma che ha ormai preso piede tra Bruxelles e Strasburgo. Quella frase, «lavorerò il più possibile con coloro che mi hanno sostenuto», somiglia molto a una minaccia verso chi invece si è espresso contro la sua seconda esperienza. Se le sue parole fossero quelle di un premier di una nazione, sarebbero perfettamente comprensibili: i gruppi che l’hanno votata sono i Popolari (Ppe), i Socialisti (S&d), i Liberali (Renew) e i Verdi, e quindi a queste forze toccherebbe esprimere poi i commissari, che sono in sostanza i ministri europei. In Europa, però, non funziona così: ogni Stato esprime un commissario ma non tutti hanno lo stesso peso, e quindi le parole di Ursula vanno lette in controluce: il rischio è che i partiti che hanno votato la «fiducia» possano rivendicare i ruoli più importanti lasciando quelli di seconda fila a chi si è espresso contro. Non a caso Giorgia Meloni, intervenuta ieri attraverso un videomessaggio, ha messo le cose in chiaro: «Non ho ragione di ritenere», ha detto la Meloni, «che la nostra scelta possa in alcun modo compromettere il ruolo che verrà riconosciuto all’Italia nella Commissione europea. L’Italia è un Paese fondatore, la seconda manifattura, la terza economia d’Europa con uno dei governi più solidi tra le grandi democrazie europee. Ed è sulla base di questo, e solo di questo, che si definisce il ruolo italiano». Fonti europee interpellate dalla Verità confermano che all’Italia dovrebbe andare il Commissario alla Coesione, Pnrr, recovery fund, probabilmente arricchito anche da altre deleghe in fase di definizione. Nel mirino del governo c’è in particolare la delega alla Concorrenza. Il nome? Il candidato in pectore è il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto: le deleghe che ha in Italia sarebbero sostanzialmente le stesse che gli verrebbero affidate a Bruxelles. La Meloni punta anche a una vicepresidenza esecutiva, e qui invece potrebbe scattare una penalizzazione per il voto contrario di ieri di due su tre dei partiti di governo a Roma: Fratelli d’Italia e Lega. Ma c’è un’altra insidia sulla strada verso Bruxelles di Fitto: «Ora», ha detto la Von der Leyen, «mi concentrerò sulla creazione del mio team di commissari per i prossimi cinque anni. Nelle prossime settimane, chiederò ai leader di presentare i loro candidati. Scriverò una lettera, come ho fatto l’ultima volta, e chiederò la proposta di un uomo e di una donna come candidati. L’unica eccezione è, come l’ultima volta, quando c’è un commissario in carica che rimane. Poi intervisterò i candidati a partire da metà agosto», ha aggiunto Ursula, «e voglio scegliere i candidati più preparati che condividono l’impegno europeo. Ancora una volta, punterò a una quota equa di uomini e donne». Visto che l’Italia avrà un commissario nuovo, se il metodo sarà davvero questo la Meloni dovrebbe quindi indicare due nomi, quello di Fitto e quello di una donna, e alla Von der Leyen spetterebbe poi la scelta. Chi potrebbe essere la donna da inserire in questa minirosa di nomi da sottoporre alla presidente della Commissione? La Meloni, si ragionava ieri nei corridoi di Strasburgo, potrebbe puntare a questo punto su una esponente di Forza Italia, componente autorevolissima dei Popolari e unico partito della maggioranza italiana ad aver votato il bis di Ursula. Letizia Moratti, europarlamentare di Forza Italia, potrebbe avere lo standing perfetto per il ruolo, e rivendicare anche, come Popolare e quindi esponente di maggioranza, una delega di maggior peso e una vicepresidenza esecutiva. Tra l’altro, fonti europee facevano anche notare come altri Paesi hanno indicato un solo nome e quindi quello della Von der Leyen potrebbe essere solo un auspicio. Si vedrà. Intanto, alcuni stati hanno già ufficializzato i nomi dei rispettivi commissari: Maros Sefcovic per la Slovacchia, Hanna Vikkunen per la Finlandia, Michael McGrath per l’Irlanda, Valdis Dombrovskis per la Lettonia, Jessika Roswall per la Svezia. La Francia dovrebbe confermare Thierry Breton, commissario uscente al mercato interno, mentre la Spagna punta su Teresa Ribera.
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.
Matteo Lepore (Ansa)
Quella che in un istituto era stata presentata come la «Giornata della cittadinanza» si è rivelata essere della mera propaganda pro immigrazione, mascherata da attività extra didattica. Fdi: «Denunceremo».
Doveva essere una sorta di lezione civica rivolta agli studenti. La comunicazione arrivata ai genitori degli allievi delle medie della scuola Guido Guinizelli di Bologna citava testualmente «Un evento gratuito», che si sarebbe svolto il 20 novembre dalle 10 alle 13 al Teatro Manzoni per la «Giornata della cittadinanza 2025». Luca (nome di fantasia) non ha esitato a dare il suo consenso, convinto che per la figlia dodicenne Margherita poteva essere un momento didattico.





