2018-11-01
Stuprata dal branco nel centro accoglienza
Giovane ospite del Cara di Bari rifiuta le avance sessuali di un nigeriano, lui organizza un agguato con un gruppo di altri stranieri La donna è stata picchiata e violentata a turno. I giudici: «Forza intimidatoria basata sull'appartenenza allo stesso gruppo etnico».Uno degli africani ammette il rapporto ma nega l'abuso. Convalidati tutti i fermi.Lo speciale contiene due articoli Opporsi alle attenzioni di Egbon, richiedente asilo nonché capopopolo del centro accoglienza di Bari, è costato carissimo a una giovane immigrata. In cinque (tra 21 e 37 anni d'età), alcuni anche con precedenti di polizia e considerati irregolari sul territorio nazionale (uno, in particolare, è già finito in carcere per omicidio), si sono introdotti nel suo alloggio, l'hanno picchiata a sangue, minacciata con un coltellaccio e alla fine Egbon ha stuprato la ventiquattrenne che s'era permessa di respingerlo. L'ha violentata per primo, a seguire hanno fatto lo stesso gli altri quattro africani. La ricostruzione di quei terribili momenti, che dimostra ancora una volta l'assenza di sicurezza all'interno di queste strutture di accoglienza (sempre in Puglia, a Foggia, negli ultimi mesi ci sono state almeno un paio di allarmanti rivolte contro la polizia), è contenuta in un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Francesco Agnino, su richiesta dei magistrati della Procura Simona Filoni e Lidia Giorgio. In quattro sono finiti in manette, un quinto uomo è ricercato. Sono tutti accusati di stupro di gruppo e violenza privata. La vittima, per paura, ha tenuto la bocca cucita per mesi. Ha riferito che le erano state rivolte queste parole: «Se dici qualcosa alla Polizia ti succederà qualcosa di terribile». I magistrati hanno scritto che «la forza intimidatrice deriva dall'appartenenza allo stesso gruppo etnico». Il manipolo di africani si è mosso con logiche da clan. I fatti risalgono al 2017: erano i primi giorni del mese di maggio, quando la vittima ha avuto il coraggio di denunciare l'episodio dopo diversi mesi. Era molto impaurita visto il clima di omertà all'interno della comunità nigeriana del capoluogo e provava timore per eventuali - ulteriori - ripercussioni ai suoi danni. Le attenzioni investigative della Squadra mobile e le cure di un'associazione di protezione - che l'ha presa in carico - l'hanno rasserenata e convinta a riferire le atrocità subite, denunciare i responsabili. Il primo verbale reso dalla ragazza contiene anche la sua storia personale. Una storia simile a quelle di tante altre donne africane attratte dal mito italiano. E che una volta arrivate, invece, finiscono a fare le prostitute su una statale. O, prima ancora, stuprate dai loro stessi connazionali in un alloggio dentro al Cara. La ragazza ha raccontato ai poliziotti di essere approdata sulle coste italiane a gennaio o febbraio 2017, seguendo l'itinerario delle carovane di immigrati. Ha raggiunto prima la Libia e ci è rimasta per settimane, pagando in dollari un acconto ai trafficanti di esseri umani che organizzano gli incerti viaggi della speranza. Salita su un barcone, stando al suo racconto, è stata minacciata da non meglio precisati connazionali, che le avrebbero ordinato di prostituirsi per ripagare interamente il debito contratto per il viaggio, una somma pari a circa 20.000 euro. La ragazza, trascorso qualche giorno, è riuscita a fuggire dalle grinfie dei suoi sfruttatori e a raggiungere il Cara di Bari Palese. Qui, dalla padella è finita nella brace. Egbon l'ha importunata in più di una occasione. Ma la giovane è riuscita sempre a tenerlo a bada. A quel punto l'extracomunitario ha deciso di usare la forza: si è presentato nell'alloggio della vittima con un coltellaccio. Poi sono entrati gli altri. L'hanno circondata, schiaffeggiata, presa a pugni in faccia. E alla fine l'hanno trascinata in camera da letto. Egbon l'ha stuprata su una branda, mentre gli altri impedivano l'accesso a chiunque. Lei urlava. Ha provato invano a chiedere aiuto, con tutte le forze. Poi è crollata. Le indagini di una speciale sezione della Squadra mobile, quella che si occupa di contrasto al crimine extracomunitario e prostituzione, sono partite da quel racconto. Ma anche da una precedente attività investigativa portata avanti per fare luce sui fenomeni delittuosi messi in atto ogni giorno a Bari da gang nigeriane: furti, rapine, estorsioni e intimidazioni. Non solo all'interno del Cara. Dai pochi elementi che la vittima aveva fornito, gli investigatori sono riusciti a individuare i responsabili dello stupro. I quattro arrestati hanno negato la violenza sessuale di gruppo: al cospetto del giudice hanno dichiarato di non conoscersi fra loro, respingendo in modo forte le accuse della Procura, basate principalmente sul racconto della vittima. Uno degli accusati ha sostenuto di aver avuto in passato una relazione sentimentale con la ragazza. Un secondo nigeriano, ospite di una struttura di accoglienza della provincia di Bari, ha chiesto tramite il suo avvocato difensore la revoca della misura cautelare. Il gip, dopo gli interrogatori di garanzia, si è riservato di decidere. «Da anni», denuncia il deputato della Lega Rossano Sasso, «segnaliamo gli innumerevoli episodi di violenza commessi all'interno del Cara, dove nonostante ricevano accoglienza e servizi più che dignitosi, gli immigrati ospitati si macchiano dei reati più odiosi e violenti: risse, stupri e anche omicidi». Due dei quali molto efferati, accaduti tra il 2017 e lo scorso agosto. In entrambi i casi sia gli aggressori sia le vittime, proprio come nel caso dello stupro di gruppo, erano di nazionalità nigeriana.Fabio Amendolara<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stuprata-dal-branco-nel-centro-accoglienza-2616904359.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-difesa-degli-arrestati-desiree-era-consenziente" data-post-id="2616904359" data-published-at="1757904125" data-use-pagination="False"> La difesa degli arrestati: «Desirée era consenziente» Dovrà presentarsi davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia il 2 novembre per l'interrogatorio di garanzia Yusif Salia, il ghanese di 32 anni accusato di aver fatto parte del branco che ha drogato e stuprato Desirée Mariottini, la sedicenne di Cisterna Latina trovata senza vita nel palazzo occupato di via dei Lucani a Roma, quartiere San Lorenzo. L'interrogatorio del ghanese era slittato perché al momento del suo arresto - avvenuto il 26 ottobre scorso nella tendopoli di Borgo Mezzanone (Fg), un'area degradata che costeggia il Centro per richiedenti asilo e che si è trasformato in un covo di ladri d'auto, spacciatori di droga, trafficanti di rame e immigrati clandestini - gli è stata diagnosticata la scabbia. E infatti in carcere è rimasto in cella d'isolamento, per evitare contagi. Nel frattempo però è stato convalidato sia l'arresto in flagranza di reato (per il possesso di quasi 11 chili di marijuana trovati nell'alloggio di fortuna in cui si era nascosto Salia), sia il decreto di fermo (ma solo per la parte che riguarda l'accusa di violenza sessuale di gruppo) emesso dalla Procura di Roma nel fascicolo sul caso Desirée. Nell'ordinanza il gip scrive che l'indagato «apparteneva al branco che ha abusato sessualmente della Mariottini (approfittando della sua assenza di lucidità per assunzione di alcolici, stupefacenti e psicofarmaci) ma (al di là di supposizioni e sospetti nutriti dalle fonti dirette o indirette) non si evince che sia stato proprio (o anche) Salia a cedere alla vittima quel mix di gocce, metadone, tranquillanti e pasticche che avrebbe determinato la morte della ragazza per grave insufficienza cardiorespiratoria». Insomma, il gip ritiene che il materiale investigativo fornito dalla Procura di Roma non sia sufficiente per tenere in carcere il ghanese per l'accusa di omicidio. Forte di questo dettaglio, anche uno degli altri tre africani in carcere a Roma per la stessa inchiesta ha cercato di minimizzare: «Quando ho avuto il rapporto sessuale con la ragazza, lei era tranquilla, non mi sembrava drogata o ubriaca», ha detto Mamadou Gara, alias Paco, alla polizia. Una versione che contrasta con quella dei testimoni, i quali parlano di un mix fatale di droghe e che descrivono lo stupro di gruppo. E dalle colonne del settimanale Grazia, la mamma di Desirée, Barbara Mariottini, accusa: «Hanno scritto che la mia piccola non era altro che una drogata, come se questo fosse un buon motivo per morire in quel modo e a 16 anni. Hanno lasciato intendere, suggerito, insinuato che io fossi, in realtà, una tossicodipendente, che non seguissi mia figlia e che l'avessi abbandonata. Non lo sono. Non è vero e lo trovo ignobile. Quei balordi hanno violato mia figlia, ma la stampa, i social e le tv stanno violando adesso anche me e la mia famiglia». È un grido di dolore quello che la mamma di Desirée ha affidato al settimanale diretto da Silvia Grilli. «Avevo 19 anni quando Desirée è nata», racconta la donna, «oggi ne ho 35 e ho avuto la fortuna di avere un'altra figlia che Desirée proteggeva, così come io ho cercato di proteggere lei senza, purtroppo, riuscirci». E ancora: «Non abbiamo trascurato l'inquietudine di Desirée. Sapevamo di avere un problema. Siamo stati noi stessi a rivolgerci ai servizi sociali. Abbiamo chiesto aiuto a chi doveva darci una mano, ma evidentemente non è servito». E Desirée è finita in un brutto giro. Ma sulle amicizie della ragazza, la mamma precisa: «Non erano quelle canaglie che hanno fatto strazio del corpo di mia figlia. Non erano quei teppisti, non erano loro». Quelli non erano gli amici di Desirée. Con quei pusher africani la piccola era entrata in contatto solo per la droga. «Io stessa», ha raccontato la madre, «molte volte l'ho accompagnata a Roma, ma certo mai in quei luoghi. Mai a san Lorenzo. Mia figlia non ha mai frequentato quella sporcizia». È stata attirata lì. Forse da qualcuno che le ha testo una trappola. Ipotesi, questa, che gli investigatori non hanno ancora messo da parte.
Jose Mourinho (Getty Images)