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2019-03-30
Stretta della Chiesa sulle molestie. Obbligo di denunciare tutti gli abusi
Ansa
A sette mesi dalla pubblicazione del memoriale Viganò arriva una prima risposta concreta al dramma degli abusi. I tre documenti firmati dal Papa e pubblicati ieri arrivano a un mese dal termine del summit sulla protezione di minori avvenuto in Vaticano con tutti i capi dei vescovi del mondo dal 21 al 24 febbraio. Erano stati annunciati passi concreti, ed ecco quindi norme e linee guida che traducono nei fatti l'azione della Chiesa per contrastare la piaga degli abusi del clero.
I testi, di cui uno in forma di Motu proprio, riguardano soltanto lo Stato del Vaticano. La legge CCXCVII ha la natura di legge penale (non canonica) e introduce alcune importanti novità, innanzitutto all'articolo 3 si parla di «obbligo di denuncia» per «il pubblico ufficiale, che nell'esercizio delle sue funzioni abbia notizia o fondati motivi per ritenere che un minore sia vittima», fatto salvo «il sigillo sacramentale», vale a dire il segreto confessionale. Chi non lo fa sarà sanzionato e la norma riguarda la stragrande maggioranza delle persone che lavorano nella curia romana e per la Santa sede, comprese le nunziature in giro per il mondo: tutti, infatti, svolgono un ruolo di «pubblico ufficiale» e ora sono obbligati, come recita il Motu proprio, «a presentare, senza ritardo, denuncia al promotore di giustizia presso il tribunale dello Stato della Città del Vaticano». Il principio è quello di far maturare «in tutti», si legge ancora nel Motu proprio, «la consapevolezza del dovere di segnalare gli abusi alle Autorità competenti e di cooperare con esse nelle attività di prevenzione e contrasto».
Alla categoria del «minore» si equipara quella di «adulto vulnerabile» (articolo 1), che viene definito come «ogni persona in stato d'infermità, di deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all'offesa». Per tutti i reati in questione (dalla violenza sessuale agli atti sessuali su minori, fino alla detenzione di materiale pedopornografico) si prevede la procedibilità d'ufficio, cioè anche in assenza di denuncia di parte. Viene quindi introdotta una prescrizione di vent'anni che, nel caso di vittima minorenne, inizia a decorrere dal compimento della maggiore età, un termine ben più lungo rispetto a quello finora vigente che era di quattro anni dal compimento del reato. Nello stesso tempo si istituisce, nell'ambito della Direzione vaticana di Sanità e Igiene, un Servizio di accompagnamento per le vittime di abusi.
Queste sono novità che, ha dichiarato il giudice del Tribunale vaticano Carlo Bronzano a Vatican news, «si sostanziano in istituti finora inediti, che introducono strumenti sempre più moderni ed efficaci». Anche nel reclutamento del personale si sottolinea il principio per cui «deve essere accertata l'idoneità del candidato ad interagire con i minori».
Quest'ultimo passaggio è articolato anche nelle Linee guida, sempre firmate dal Papa, e valide per il Vicariato della Città del Vaticano. Gli operatori pastorali, tra l'altro, devono evitare di «instaurare un rapporto preferenziale con un singolo minore; assumere comportamenti inappropriati o sessualmente allusivi; pubblicare o diffondere anche via web o social network immagini che ritraggano in modo riconoscibile un minore senza il consenso dei genitori o tutori». Chiunque sia dichiarato colpevole «sarà rimosso dai suoi incarichi» e se sacerdote incorrerà in tutto quanto già previsto dalle norme canoniche.
Nel Motu proprio si precisa che deve essere garantito «agli imputati il diritto a un processo equo e imparziale, nel rispetto della presunzione di innocenza, nonché dei principi di legalità e di proporzionalità fra il reato e la pena». E, in questo senso, deve essere fatto «tutto il possibile per riabilitare la buona fama di chi sia stato accusato ingiustamente». L'obiettivo generale di tutte queste norme pubblicate ieri, spiega Bronzano a Vatican news, è quello «di garantire una tutela effettiva dei diritti dei minori e, più in generale, delle persone vulnerabili, prevenendo ogni forma di aggressione nei loro confronti e reprimendo, con assoluto rigore e massima priorità, ogni condotta illecita in loro danno». Nessun cenno esplicito, nel documento, viene fatto al tema dell'omosessualità nel clero, pur sollevato da Viganò.
Secondo monsignor Charles Scicluna, un protagonista del summit del febbraio scorso in Vaticano, le linee guida pastorali valide per il Vaticano potrebbero servire come esempio e modello per le conferenze episcopali nel mondo. A questi documenti, che entreranno in vigore dal giugno prossimo, seguirà, come annunciato al summit dei vescovi, un vademecum anti abusi pubblicato dalla congregazione per la Dottrina della fede valido per la chiesa universale.
«L’acceleratore di luce leggerà i misteri dell’universo»
Nel 1989 cade il muro di Berlino, e con esso, la cortina di ferro. Nello stesso anno nasce il Web, che abbatterà molti «muri» costituiti dalla distanza fisica, spaziale. Il luogo in cui questo accade è il Cern di Ginevra. È grazie a questa invenzione che posso intervistare un «mostro» della scienza contemporanea, il professor Lucio Rossi, via Skype. Rossi è un fisico italiano già responsabile dei magneti superconduttori del mitico acceleratore di particelle, detto Large hadron collider (Lhc) del Cern: è uno dei protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs, noto al pubblico con un'espressione più mediatica che scientifica: la particella di Dio. Ora dirige il progetto Lhc ad alta luminosità, volto a aumentare considerevolmente le prestazioni di Lhc.
Ci può descrivere in poche parole cosa è il Cern?
«Cern sta per European organization for nuclear research, organizzazione internazionale e intergovernativa per la ricerca in fisica nucleare e in fisica delle particelle. L'idea di base è mettere in comune le risorse per poter fare delle infrastrutture significative, con i grandi strumenti scientifici che il singolo Stato non può permettersi. Il Cern ha 22 Stati membri, di cui 21 europei, più Israele. Ci sono poi otto Stati associati, come India, Pakistan, Turchia e Ucraina, e tre Stati osservatori: Usa, Federazione Russa e Giappone. Inoltre cooperano una cinquantina di Stati, come l'Albania, l'Egitto, il Brasile e molti altri».
Il direttore generale è un'italiana, Fabiola Gianotti. Qual è il nostro ruolo?
«Uno dei padri fondatori è il fisico Edoardo Amaldi, primo segretario generale del Cern tra il 1952 e il 1954. Gli italiani amano collaborare, hanno una buona preparazione universitaria, che permette loro di avere spesso molto successo. D'altra parte le condizioni per la ricerca in Italia sono difficili e i nostri laboratori sono di taglia media. Veniamo dunque molto volentieri al Cern, portando nel nostro Dna l'amore per la scienza, retaggio della nostra cultura cristiana, quella da cui sono sorte le scuole e le università, che si fonda sulla convinzione che conoscere sia un'esperienza fondamentale dell'essere umano».
Qual è il compito del «suo» acceleratore?
«Prendiamo delle particelle molto piccole, le acceleriamo arrivando vicino, molto vicino alla velocità della luce, e le facciamo incrociare, collidere, l'una contro l'altra. Ricreiamo così delle concentrazioni di energia che esistevano nell'universo primordiale: andiamo verso il Big bang, gettiamo luce sull'origine dell'universo, che nel frattempo si è molto raffreddato. Questo ci permette di conoscere bene di quali mattoni e forze è fatto l'edificio dell'universo. Certo, da un lato conosciamo molto bene le cose che possiamo vedere, ma abbiamo capito che c'è qualcosa di molto importante che ci sfugge, per esempio la materia oscura, così detta perché non la vediamo. Ma non basta accelerare e far scontrare le particelle, ci vogliono anche occhi che vedono (i rilevatori di particelle), una notevole potenza di calcolo e tantissima teoria fisica per interpretare gli eventi».
Quali devono essere le virtù dello scienziato?
«Ci vogliono doti di natura, occorre masticare la matematica, avere un qualche intuito in fisica. Poi ci vuole la curiosità dei bambini, perché ci permette di porci delle domande. Il dubbio sistematico non porta a nulla. Al contrario, lo scienziato persegue in modo religiosamente fanatico delle intuizioni, delle idee. Domanda è per me sinonimo di apertura al mondo: attirati, catturati dalle bellezze del cosmo, ci domandiamo come e perché».
Vengono in mente i pionieri della scienza sperimentale, uomini inclini alla ricerca filosofica e teologica, spesso molto religiosi...
«Certamente, perché la religione dà, o cerca di dare delle risposte a delle domande . Chi è religioso ricerca il senso e vuole comprenderlo in modo sempre più approfondito. Le verità della fede, infatti, non sono statiche: vanno penetrate sempre più, perché avendo a che fare con l'essenza dell'umano sono inesauribili. Anche nella scienza accade qualcosa di analogo: la teoria sulla gravitazione di Isaac Newton è stata superata da quella di Albert Einstein e un domani avremo una teoria che sopravanzerà quella del fisico tedesco. Qui al Cern abbiamo trovato il bosone di Higgs, che poteva sembrare un punto di arrivo. E invece no, abbiamo delle discrepanze che ci spingono ad andare oltre».
Oggi gli scienziati non sono più religiosi come un tempo…
«Anche oggi molti scienziati hanno un senso religioso, del mistero. Che per me si identifica con Dio. Una volta c'erano persone religiose solo per moda culturale; oggi l'onda culturale va in un'altra direzione e ci si adegua. Difficile però trovare scienziati che si dichiarano fermamente atei; molti oggi preferiscono non esporsi, altri si definiscono agnostici o indifferenti. Siamo in un tempo di pensiero debole».
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A sette mesi dal memoriale Viganò, il Papa firma tre documenti: previste sanzioni per chi tace sulle violenze, i colpevoli saranno rimossi dagli incarichi. Divieto di comportamenti allusivi con i minori e no a foto sul Web.«L'acceleratore di luce leggerà i misteri dell'universo». Lo scienziato del Cern Lucio Rossi è stato nella squadra del Bosone di Higgs: «Non c'è mai un punto di arrivo, cerchiamo l'assoluto e Dio» .Lo speciale comprende due articoli.A sette mesi dalla pubblicazione del memoriale Viganò arriva una prima risposta concreta al dramma degli abusi. I tre documenti firmati dal Papa e pubblicati ieri arrivano a un mese dal termine del summit sulla protezione di minori avvenuto in Vaticano con tutti i capi dei vescovi del mondo dal 21 al 24 febbraio. Erano stati annunciati passi concreti, ed ecco quindi norme e linee guida che traducono nei fatti l'azione della Chiesa per contrastare la piaga degli abusi del clero.I testi, di cui uno in forma di Motu proprio, riguardano soltanto lo Stato del Vaticano. La legge CCXCVII ha la natura di legge penale (non canonica) e introduce alcune importanti novità, innanzitutto all'articolo 3 si parla di «obbligo di denuncia» per «il pubblico ufficiale, che nell'esercizio delle sue funzioni abbia notizia o fondati motivi per ritenere che un minore sia vittima», fatto salvo «il sigillo sacramentale», vale a dire il segreto confessionale. Chi non lo fa sarà sanzionato e la norma riguarda la stragrande maggioranza delle persone che lavorano nella curia romana e per la Santa sede, comprese le nunziature in giro per il mondo: tutti, infatti, svolgono un ruolo di «pubblico ufficiale» e ora sono obbligati, come recita il Motu proprio, «a presentare, senza ritardo, denuncia al promotore di giustizia presso il tribunale dello Stato della Città del Vaticano». Il principio è quello di far maturare «in tutti», si legge ancora nel Motu proprio, «la consapevolezza del dovere di segnalare gli abusi alle Autorità competenti e di cooperare con esse nelle attività di prevenzione e contrasto».Alla categoria del «minore» si equipara quella di «adulto vulnerabile» (articolo 1), che viene definito come «ogni persona in stato d'infermità, di deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all'offesa». Per tutti i reati in questione (dalla violenza sessuale agli atti sessuali su minori, fino alla detenzione di materiale pedopornografico) si prevede la procedibilità d'ufficio, cioè anche in assenza di denuncia di parte. Viene quindi introdotta una prescrizione di vent'anni che, nel caso di vittima minorenne, inizia a decorrere dal compimento della maggiore età, un termine ben più lungo rispetto a quello finora vigente che era di quattro anni dal compimento del reato. Nello stesso tempo si istituisce, nell'ambito della Direzione vaticana di Sanità e Igiene, un Servizio di accompagnamento per le vittime di abusi.Queste sono novità che, ha dichiarato il giudice del Tribunale vaticano Carlo Bronzano a Vatican news, «si sostanziano in istituti finora inediti, che introducono strumenti sempre più moderni ed efficaci». Anche nel reclutamento del personale si sottolinea il principio per cui «deve essere accertata l'idoneità del candidato ad interagire con i minori».Quest'ultimo passaggio è articolato anche nelle Linee guida, sempre firmate dal Papa, e valide per il Vicariato della Città del Vaticano. Gli operatori pastorali, tra l'altro, devono evitare di «instaurare un rapporto preferenziale con un singolo minore; assumere comportamenti inappropriati o sessualmente allusivi; pubblicare o diffondere anche via web o social network immagini che ritraggano in modo riconoscibile un minore senza il consenso dei genitori o tutori». Chiunque sia dichiarato colpevole «sarà rimosso dai suoi incarichi» e se sacerdote incorrerà in tutto quanto già previsto dalle norme canoniche.Nel Motu proprio si precisa che deve essere garantito «agli imputati il diritto a un processo equo e imparziale, nel rispetto della presunzione di innocenza, nonché dei principi di legalità e di proporzionalità fra il reato e la pena». E, in questo senso, deve essere fatto «tutto il possibile per riabilitare la buona fama di chi sia stato accusato ingiustamente». L'obiettivo generale di tutte queste norme pubblicate ieri, spiega Bronzano a Vatican news, è quello «di garantire una tutela effettiva dei diritti dei minori e, più in generale, delle persone vulnerabili, prevenendo ogni forma di aggressione nei loro confronti e reprimendo, con assoluto rigore e massima priorità, ogni condotta illecita in loro danno». Nessun cenno esplicito, nel documento, viene fatto al tema dell'omosessualità nel clero, pur sollevato da Viganò.Secondo monsignor Charles Scicluna, un protagonista del summit del febbraio scorso in Vaticano, le linee guida pastorali valide per il Vaticano potrebbero servire come esempio e modello per le conferenze episcopali nel mondo. A questi documenti, che entreranno in vigore dal giugno prossimo, seguirà, come annunciato al summit dei vescovi, un vademecum anti abusi pubblicato dalla congregazione per la Dottrina della fede valido per la chiesa universale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stretta-della-chiesa-sulle-molestie-obbligo-di-denunciare-tutti-gli-abusi-2633172359.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lacceleratore-di-luce-leggera-i-misteri-delluniverso" data-post-id="2633172359" data-published-at="1765510147" data-use-pagination="False"> «L’acceleratore di luce leggerà i misteri dell’universo» Nel 1989 cade il muro di Berlino, e con esso, la cortina di ferro. Nello stesso anno nasce il Web, che abbatterà molti «muri» costituiti dalla distanza fisica, spaziale. Il luogo in cui questo accade è il Cern di Ginevra. È grazie a questa invenzione che posso intervistare un «mostro» della scienza contemporanea, il professor Lucio Rossi, via Skype. Rossi è un fisico italiano già responsabile dei magneti superconduttori del mitico acceleratore di particelle, detto Large hadron collider (Lhc) del Cern: è uno dei protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs, noto al pubblico con un'espressione più mediatica che scientifica: la particella di Dio. Ora dirige il progetto Lhc ad alta luminosità, volto a aumentare considerevolmente le prestazioni di Lhc. Ci può descrivere in poche parole cosa è il Cern? «Cern sta per European organization for nuclear research, organizzazione internazionale e intergovernativa per la ricerca in fisica nucleare e in fisica delle particelle. L'idea di base è mettere in comune le risorse per poter fare delle infrastrutture significative, con i grandi strumenti scientifici che il singolo Stato non può permettersi. Il Cern ha 22 Stati membri, di cui 21 europei, più Israele. Ci sono poi otto Stati associati, come India, Pakistan, Turchia e Ucraina, e tre Stati osservatori: Usa, Federazione Russa e Giappone. Inoltre cooperano una cinquantina di Stati, come l'Albania, l'Egitto, il Brasile e molti altri». Il direttore generale è un'italiana, Fabiola Gianotti. Qual è il nostro ruolo? «Uno dei padri fondatori è il fisico Edoardo Amaldi, primo segretario generale del Cern tra il 1952 e il 1954. Gli italiani amano collaborare, hanno una buona preparazione universitaria, che permette loro di avere spesso molto successo. D'altra parte le condizioni per la ricerca in Italia sono difficili e i nostri laboratori sono di taglia media. Veniamo dunque molto volentieri al Cern, portando nel nostro Dna l'amore per la scienza, retaggio della nostra cultura cristiana, quella da cui sono sorte le scuole e le università, che si fonda sulla convinzione che conoscere sia un'esperienza fondamentale dell'essere umano». Qual è il compito del «suo» acceleratore? «Prendiamo delle particelle molto piccole, le acceleriamo arrivando vicino, molto vicino alla velocità della luce, e le facciamo incrociare, collidere, l'una contro l'altra. Ricreiamo così delle concentrazioni di energia che esistevano nell'universo primordiale: andiamo verso il Big bang, gettiamo luce sull'origine dell'universo, che nel frattempo si è molto raffreddato. Questo ci permette di conoscere bene di quali mattoni e forze è fatto l'edificio dell'universo. Certo, da un lato conosciamo molto bene le cose che possiamo vedere, ma abbiamo capito che c'è qualcosa di molto importante che ci sfugge, per esempio la materia oscura, così detta perché non la vediamo. Ma non basta accelerare e far scontrare le particelle, ci vogliono anche occhi che vedono (i rilevatori di particelle), una notevole potenza di calcolo e tantissima teoria fisica per interpretare gli eventi». Quali devono essere le virtù dello scienziato? «Ci vogliono doti di natura, occorre masticare la matematica, avere un qualche intuito in fisica. Poi ci vuole la curiosità dei bambini, perché ci permette di porci delle domande. Il dubbio sistematico non porta a nulla. Al contrario, lo scienziato persegue in modo religiosamente fanatico delle intuizioni, delle idee. Domanda è per me sinonimo di apertura al mondo: attirati, catturati dalle bellezze del cosmo, ci domandiamo come e perché». Vengono in mente i pionieri della scienza sperimentale, uomini inclini alla ricerca filosofica e teologica, spesso molto religiosi... «Certamente, perché la religione dà, o cerca di dare delle risposte a delle domande . Chi è religioso ricerca il senso e vuole comprenderlo in modo sempre più approfondito. Le verità della fede, infatti, non sono statiche: vanno penetrate sempre più, perché avendo a che fare con l'essenza dell'umano sono inesauribili. Anche nella scienza accade qualcosa di analogo: la teoria sulla gravitazione di Isaac Newton è stata superata da quella di Albert Einstein e un domani avremo una teoria che sopravanzerà quella del fisico tedesco. Qui al Cern abbiamo trovato il bosone di Higgs, che poteva sembrare un punto di arrivo. E invece no, abbiamo delle discrepanze che ci spingono ad andare oltre». Oggi gli scienziati non sono più religiosi come un tempo… «Anche oggi molti scienziati hanno un senso religioso, del mistero. Che per me si identifica con Dio. Una volta c'erano persone religiose solo per moda culturale; oggi l'onda culturale va in un'altra direzione e ci si adegua. Difficile però trovare scienziati che si dichiarano fermamente atei; molti oggi preferiscono non esporsi, altri si definiscono agnostici o indifferenti. Siamo in un tempo di pensiero debole».
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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