2021-09-16
Stranieri malvagi e luoghi maledetti: quando il radical chic muore sullo schermo
True
Paura del diverso? Ma quando mai. Confini da non attraversare, antiche divinità da rispettare, luoghi che sarebbe meglio non profanare? Roba da bifolchi superstiziosi. Del resto «il razzismo si cura viaggiando», no? Non nei film. O, meglio, nella maggior parte dei film, quelli almeno non esplicitamente pensati per dispensare una morale buonista. Ma, pellicole impegnate a parte, le leggi del grande schermo sono chiare: essere troppo emancipati e fiduciosi nel prossimo non paga mai. E, spesso, il radical chic è quello che fa la fine peggiore di tutte. Un regista che sembra aver sposato in modo maniacale questa poetica è senz'altro Eli Roth. Nei suoi film, sempre decisamente improntati allo splatter più truculento, il diverso è, semplicemente, il nemico, il male. Un male peraltro ontologico, senza spiegazioni, malvagio per il solo fatto di esserlo, e basta. Basti pensare al grandguignolesco Hostel, in cui viene preso di mira uno dei simboli della narrazione globalista: l'Erasmus e succedanei vari, come l'Interrail. Nella pellicola, a due ragazzi statunitensi che stanno facendo un giro per l'Europa in treno viene consigliato di virare verso la Slovacchia con il miraggio di mirabolanti avventure erotiche. I due, però, troveranno solo torture al limite dell'immaginabile, dopo essere finiti in una rete di sadici che pagano per vedere esseri umani seviziati fino alla morte. Ma è singolare come tutto, nella descrizione della realtà dell'Est Europa, venga dipinto a tinte fosche, con buona pace di qualsiasi preoccupazione politicamente corretta.Il punto però più alto della ideologia anti radical chic di Roth è però toccato con Green Inferno, film che vede una comitiva di attivisti ecologisti americani sbarcare in Amazzonia per difendere gli indigeni dalle bieche mire sfruttratrici dell'uomo bianco. I ragazzi finiranno però nelle mani di una tribù cannibale, che li ucciderà uno a uno, nei modi più feroci possibili. È l'esatto ribaltamento del buon selvaggio: gli indios uccidono, squartano, mangiano carne umana con assoluta buona coscienza. Sono così e basta. Senza un perché resta anche la violenza di un altro film di Eli Roth, Knock Knock, dove un affermato professionista, lasciato solo in casa dalla sua famigliola perfetta, si ritrova due avvenenti adolescenti nell'abitazione, apparentemente per caso. Anche in questo caso, le due ragazze sono un concentrato di malvagità mentre il ricco borghese liberal viene punito per il solo fatto di essere stato troppo buono e aver aperto la porta a degli sconosciuti. E se in Hostel viene demolito il mito del viaggio formativo e in Green inferno quello dell'impegno verso i popoli che soffrono e la distruzione dell'ambiente, in Knock Knock è invece l'emancipazione e l'apertura sessuale ad assumere connotazioni sulfuree. Anche se non interamente dedicate alla demolizione dei miti radical chic, come nei casi citati, altre pellicole presentano personaggi più o meno minori che, a un certo punto della storia, finiscono per fare cose stupide (ed essere poi puniti per la loro stoltezza) a causa della loro ingenua fede nell'altro, della convinzione che il diverso sia sempre e comunque buono e «arricchente». In Independence Day, per esempio, quando le navi aliene si posizionano sopra le principali città della Terra, si vedono dei ragazzi organizzare un party di benvenuto in cima a un grattacielo, con cartelli eloquenti come «benvenuti» o «per favore portateci via». Praticamente i Carola Rackete dello spazio. Saranno i primi a essere inceneriti dagli extraterrestri. Oppure pensiamo a Trappola di cristallo, in cui un gruppo di terroristi/rapinatori prende in ostaggio un intero grattacielo. Mentre John McLane (Bruce Willis) organizza da solo la controffensiva, un collega della moglie, Harry Ellis, ritiene che invece la via migliore per uscire dall'impasse sia trattare con i terroristi. Finirà ovviamente ucciso e in più metterà anche in seria difficoltà l'unico che stesse dando filo da torcere ai malviventi. È appena il caso di parlare di pellicole come Il giustiziere della notte, pensate appositamente e anche «politicamente» per irridere le utopie pacifiste dei progressisti (l'architetto Paul Kersey, interpretato da Charles Bronson, è inizialmente un uomo di sinistra e un sostenitore dello stato di diritto, ma cambierà idea dopo che tre aggressori violentano e traumatizzano la figlia Carol ed uccidono la moglie Joanna). Si potrebbe poi citare praticamente il 90% dei film horror, dove fa parte degli stereotipi di genere che la fiducia nel prossimo, la leggerezza nell'affrontare i luoghi sconosciuti e persino la promiscuità sessuale siano regolarmente puniti con la morte più atroce. A sopravvivere è invece il personaggio che non si fida, che sa che non tutti gli stranieri vengono in pace, che sa che non tutti i luoghi sono come casa nostra. Perché forse è vero che «il razzismo si cura viaggiando», ma non fermandosi in certe cittadine dall'aspetto tetro si riporta a casa la pelle.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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