2021-08-05
Storari può restare a fare il pm. Il Csm boccia Salvi e il rito ambrosiano
Schiaffo al pg della Cassazione, che ora potrebbe dimettersi Il disciplinare riconosce l'inerzia sulla presunta loggia Ungheria.Il cartello delle toghe progressiste di Area le sta prendendo di santa ragione da quando, per incompatibilità e astensioni, i suoi consiglieri non riescono più a sedersi nella Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. I tempi del vecchio collegio da purghe di brezneviana memoria sembrano ormai lontani e non ci sono più i numeri per le stangate. L'ultima sberla le cosiddette toghe rosse e il suo campione, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, l'hanno incassata nel disciplinare in cui il pg chiedeva di spogliare delle funzioni il pm milanese Paolo Storari, spedendolo in un'altra sede per la faccenda dei verbali del finto pentito Piero Amara. Adesso bisognerà vedere che conseguenze avrà una simile bocciatura e se, per esempio, Salvi deciderà di dimettersi. Comunque l'ordinanza firmata dal presidente Emanuele Basile, laico in quota Lega, e dal relatore Filippo Donati, laico del Movimento 5 stelle (il collegio era composto anche da Carmelo Celentano di Unicost, da Paola Maria Braggion e Antonio D'Amato di Magistratura Indipendente e da Giovanni Zaccaro di Area), appare pure come un'evidente stroncatura del capo della Procura di Milano Francesco Greco e del «mitico» rito ambrosiano. Per Salvi l'ammissione fatta da Storari di aver consegnato nell'aprile 2020 a Piercamillo Davigo, allora consigliere del Csm, copia informatica dei verbali di interrogatorio resi dall'avvocato Amara alla Procura di Milano era da sanzionare, sulla base di vecchie circolari, perché il pm avrebbe leso il diritto alla riservatezza dei soggetti indicati da Amara.La sezione disciplinare, però, si è armata di penna rossa e ha affermato che il «precetto disciplinare» contestato dal pg non era «così chiaramente individuabile nel caso di interlocuzione con un consigliere del Csm, in disparte». I commissari fanno un ulteriore appunto a Salvi, trattato come uno scolaretto, e gli contestano di non aver collegato la supposta «impossibilità di proseguire l'attività lavorativa come sostituto procuratore» di Storari «alla violazione del segreto d'ufficio». In un altro passaggio dell'ordinanza i consiglieri contestano una seconda volta a Salvi di aver mancato il bersaglio, avendo contestato all'incolpato non tanto «di aver nascosto la circostanza della rivelazione al consigliere Davigo delle dichiarazioni rese dall'avvocato Amara», bensì «di aver omesso di formalizzare il proprio dissenso sulla gestione delle indagini» del procedimento sul cosiddetto complotto Eni, in cui erano state raccolte le dichiarazioni di Amara. Una presunta «scorrettezza» che «non appare dar luogo alla necessità di uno spostamento in via cautelare» di Storari. Anche per il secondo addebito la sezione disciplinare ritiene che Salvi abbia preso un abbaglio. Il pg ipotizzava un comportamento gravemente scorretto nei confronti del procuratore della Repubblica Francesco Greco e dell'aggiunto Laura Pedio, accusati, nella ricostruzione di Salvi, durante il colloquio con Davigo, di «consapevole inerzia nelle indagini». Secondo la sezione disciplinare, «anche in questo caso la consistenza degli indizi sottoposta con la richiesta» non conduce «a un giudizio prognostico di sussistenza dell'illecito». Salvi, insomma, è arrivato all'udienza camerale senza fornire prove sufficienti a sostegno delle incolpazioni. Dalle carte, secondo i membri della sezione disciplinare, più che «un'inerzia investigativa» emergerebbe la legittima «preoccupazione di Storari sulle modalità di gestione del procedimento in presenza di una chiara divergenza di vedute con il procuratore e il procuratore aggiunto». Ma nell'ordinanza del Csm la cosa che colpisce di più è la bocciatura totale del cosiddetto rito ambrosiano contraddistinto da procedure inutilizzate altrove.Una delle peculiarità è quella di concedere corsie preferenziali e trattamenti di favore ai testimoni dell'accusa, come è accaduto per il pluricondannato avvocato siracusano Amara trattato con i guanti bianchi (a dire di Storari, ma non solo) durante le indagini a suo carico della Procura di Milano, essendo considerato un teste cruciale nel cosiddetto processo Eni-Nigeria, un testimone da non screditare. Ma è sull'accusa di mancata astensione da parte di Storari nelle indagini sulle fughe di notizie che il Csm ha sparato un secondo siluro contro un'altra delle storture del rito ambrosiano. Su questo punto la sezione disciplinare obietta che Storari in realtà non poteva astenersi da alcunché. Infatti quando il 30 ottobre il giornalista Antonio Massari si è recato a Milano dalla Pedio e Storari per denunciare di aver ricevuto in un plico anonimo di verbali di Amara e di temere una polpetta avvelenata, la Procura di Milano non avrebbe aperto nessun fascicolo per rivelazione di segreto contro ignoti, ma avrebbe parcheggiato le spontanee dichiarazioni di Massari in un fascicolo omnibus, quello sul cosiddetto «finto complotto» ai danni dei vertici dell'Eni. Un procedimento in cui sono stati inseriti anche gli atti d'accusa contro Amara provenienti dalla Procura di Roma. Nell'atto del Csm si legge che anche questa volta «non appaiono forniti elementi, anche di natura meramente indiziaria, per ritenere» che, quando Massari ha consegnato i verbali, «il dottor Storari fosse consapevole che la consegna potesse ricollegarsi alla documentazione affidata al dottor Davigo e che quindi gravasse sul medesimo un concreto obbligo d'astensione», anche perché in quel momento, ed è qui la bomba, «non si era neppure proceduto all'iscrizione della notizia a eventuale modello 44» ovvero contro ignoti. Per questo Storari non aveva una «formale designazione» e «non risulta l'esatta data di iscrizione» del nuovo procedimento, anche se il pm ha riferito che sarebbe «avvenuta nei giorni 6 o 7 aprile», ovvero «immediatamente prima dell'8 aprile 2021, data nella quale Storari informò del fatto di aver consegnato copia dei file a dottor Davigo», evento a cui seguì, il 9 aprile, la «formale lettera di rinuncia all'assegnazione dei due procedimenti». E così l'attitudine a costruire dei fascicoli calderone in cui tenere un po' tutto ed estrarre questo o quell'atto alla bisogna, in perfetto stile meneghino, si è ritorta contro gli stessi vertici della Procura milanese. Con un paradosso. Pure Storari avrebbe approfittato del rito ambrosiano e utilizzato a sua volta il fascicolo sul «finto complotto», di cui era titolare da prima della consegna dei verbali a Davigo, per incaricare, l'8 marzo 2021, un consulente «al fine di accertare se dette copie fossero uscite da un computer in uso alla Procura della Repubblica». In ogni caso l'ipotetica mancata astensione sarebbe comunque collegata «a una particolarissima situazione fattuale, che aveva creato sovrapposizioni e disfunzioni difficilmente reiterabili o ripetibili in altri casi anche presso lo stesso ufficio giudiziario». Infine il collegio ha fatto a pezzi anche gli aspetti relativi a un presunto «periculum» di reiterazione delle azioni contestate, che Salvi individuava nell'impossibilità di Storari di poter continuare a svolgere con serenità le sue funzioni in un ambiente ormai compromesso. Il pm incolpato, d'altra parte, da gennaio lavora in un altro dipartimento rispetto a quello coordinato dalla «nemica» Pedio.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)