2024-07-24
«Stop alle iniezioni anti Covid in gravidanza»
Una ricerca americana stronca la raccomandazione alle donne incinte di effettuare il richiamo contro il virus. Stando ai dati, la quantità dei casi di morte fetale e aborto segnalati dopo il vaccino supera (e di molto) le soglie di allarme indicate da Cdc e Fda.I soliti «esperti» rispolverano il distanziamento sociale «per non rovinarci le ferie».Lo speciale contiene due articoli.Mentre viene raccomandato pure il richiamo anti Covid alle donne in gravidanza e che allattano (Pfizer ha sempre dichiarato di non avere compiuto studi a riguardo), un preprint pubblicato a fine giugno conferma la pericolosità di questi vaccini. Vengono riportati 37 eventi avversi che «superano di gran lunga i segnali di sicurezza dei Cdc /Fda», scrivono gli autori e ricercatori. Primo fra tutti il cardiologo ed epidemiologo Peter McCullough, che lo scorso settembre in audizione al Parlamento europeo, chiese che venissero ritirati dal mercato i vaccini anti Covid-19 in quanto responsabili di una serie di patologie, tra cui infiammazione cardiaca, coaguli di sangue e malattie neurologiche. McCullough e altri colleghi hanno analizzato i dati raccolti negli Usa dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) e dalla Food and drug administration (Fda), l’agenzia regolatoria. Lo studio di coorte retrospettivo, non ancora sottoposto a revisione paritaria, dal titolo I vaccini anti Covid-19 in gravidanza sono sicuri ed efficaci come affermano il governo statunitense, le organizzazioni mediche e l’industria farmaceutica? si compone di tre parti; online è al momento consultabile solo la prima. Gli autori hanno controllato il database del Vaers, il programma statunitense per la sicurezza dei vaccini, cogestito da Cdc e Fda, monitorando gli adverse events (Ae) ovvero gli eventi avversi, dal 1° gennaio 1990 al 26 aprile 2024 e riferiti a complicazioni della gravidanza dopo la somministrazione di ogni tipo di vaccino. Dei 412 mesi considerati, solo 40 includevano i vaccini anti Covid (dal 1° dicembre 2020 al 26 aprile 2024). Sono stati confrontati gli Ae dopo la vaccinazione contro il Covid-19 con quelli dopo la vaccinazione antinfluenzale e dopo tutti gli altri prodotti vaccinali somministrati a donne in gravidanza. Il risultato è oltremodo preoccupante, scrivono i ricercatori, riportando i 37 eventi avversi (27 ante partum, 10 post partum) che sono risultati più elevati dopo la somministrazione di anti Covid rispetto ad anti influenzale o ad altri vaccini. Le differenze maggiori si notano nei casi di aborto spontaneo (3.494 segnalati dopo il vaccino anti Covid, 315 dopo l’anti influenzale, 936 dopo altre vaccinazioni); nelle nascite premature (rispettivamente 404, 142 e 356 casi); nel distacco prematuro della placenta dalla parete dell’utero (90, 14, 44 casi); malformazione del feto (40 casi rispetto a 2 con l’anti influenzale e a 8 con altri vaccini; rottura prematura delle membrane (114, rispetto a 14 e 53 casi); trombosi placentare (registrata in 6 casi dopo gli anti Covid, mentre nessun evento si era avuto dopo altre vaccinazioni; restrizione di crescita fetale (in 21 casi, mentre si era verificato 1 solo dopo altri vaccini e 0 dopo l’anti influenzale; emorragia durante la gravidanza (in 164 casi dopo l’anti Covid, rispetto a 7 e a 25 casi; anomalie di frequenza cardiaca fetale (in 228 casi su 48 e 94; morte fetale (in 477, contro 68 e 175). L’elenco è lungo anche nel dopo parto, include asfissia neonatale, dispnea neonatale, infezione neonatale, emorragia neonatale, latte materno insufficiente, polmonite neonatale, difficoltà respiratoria neonatale, sindrome da difficoltà respiratoria neonatale e convulsioni neonatali.Certo, per nessuna vaccinazione una donna dovrebbe soffrire di eventi avversi mentre nel suo grembo cresce e si sviluppa una creatura. Alla futura mamma non vanno mai date sostanze potenzialmente pericolose, ed è da criminali minimizzare quello che può accadere con l’anti Covid non studiato in gravidanza e durante l’allattamento prima di essere sottoposto ad autorizzazione condizionata, poi per la maggior parte solo oggetto di studi osservazionali. «La portata delle complicazioni nella gravidanza evidenziata in questo studio è motivo di grande preoccupazione, e coerente con la vasta esperienza di casi osservati dagli autori», si legge nel preprint.Secondo l’Uspi, le Informazioni di prescrizione di un farmaco degli Stati Uniti (l’equivalente del Riassunto delle caratteristiche del prodotto, Rcp), «i dati disponibili sul vaccino Pfizer-BioNTech Covid-19 somministrato alle donne in gravidanza non sono sufficienti per informare sui rischi associati al vaccino in gravidanza», riporta l’aggiornamento Pfizer di aprile 2024 per le donne in attesa. Inoltre, precisa che «non è noto se Comirnaty sia escreto nel latte umano. I dati per valutare gli effetti sul neonato allattato al seno o sulla produzione/escrezione del latte non sono disponibili». Eppure i Cdc raccomandano alle «donne incinte, che cercano di rimanere incinte adesso o che potrebbero rimanere incinte in futuro e che allattano al seno, di fare i richiami con i vaccini aggiornati anti Covid». Raccomandazione fatta anche dall’Acog, l’associazione americana di ginecologi e ostetriche. Così pure da tutte le associazioni italiane e dall’Istituto superiore della sanità. Lo studio appena pubblicato negli Stati Uniti invece risponde alla domanda contenuta nel titolo e afferma che «è stato tratto in inganno il pubblico in merito alla sicurezza della vaccinazione anti Covid-19 in gravidanza», da parte di governo, organizzazioni mediche, ospedali ed aziende farmaceutiche. Per questo, dichiara, «è giustificata una moratoria globale immediata».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stop-iniezioni-anti-covid-gravidanza-2668805253.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-fissa-per-i-contagi-e-incurabile-rispunta-la-psicosi-per-gli-abbracci" data-post-id="2668805253" data-published-at="1721811361" data-use-pagination="False"> La fissa per i contagi è incurabile: rispunta la psicosi per gli abbracci A leggere certe frasi sembra che quattro anni siano passati invano. «Per non rovinarci le ferie evitiamo di darci la mano e di abbracciarci. Non è un gesto assurdo indossare la mascherina in aeroporto o a bordo degli autobus». È il consiglio di Fabio Barbone, epidemiologo e coordinatore della task-force Covid durante la pandemia, attuale direttore della Struttura complessa di Igiene e medicina preventiva all’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina. Ieri, sul Messaggero Veneto, l’epidemiologo friulano spiegava «l’aumento dei casi di Covid» con ricoveri «tornati» allo «scorso gennaio» che però sono «comunque molto più bassi rispetto a quelli registrati lo scorso anno e nel 2022», ammette. Dato però che l’incremento dei contagi è dovuto all’aumento della circolazione delle persone nella stagione estiva, consiglia di rispolverare il distanziamento. Il motivo? Fin troppo semplice. Attualmente, mantenere le distanze ha un fine ben chiaro per Barbone: proteggere anziani e fragili nell’attesa del vaccino per il Covid da inoculare in autunno. Incurante della rimozione dell’obbligo di qualche settimana fa, l’esperto invita a indossare la mascherina nell’accedere nelle strutture sanitarie o nelle case di riposo. Quindi, prendendo il giro largo, ricorda che «è buona norma», per gli anziani, «farli bere speso, e tenerli lontani da persone con sintomi influenzali» e, «in presenza di tosse, raffreddore e mal di gola», invita a «rimanere a casa per evitare di favorire la circolazione del virus». Ma è il virgolettato che segue a non lasciare alcun dubbio. Tutto questo - si legge - è necessario perché «il nuovo vaccino aggiornato anti Covid non sarà disponibile fino alla fine dell’anno». Svelato l’arcano, scatta un cortocircuito. Avanti di questo passo, dato che il vaccino non evita il contagio, una volta inoculato nei fragili, la prossima stagione invernale, cosa ci diranno: per proteggere gli anziani, distanziamento e mascherina anche in stazioni, aeroporti e autobus, come nel 2020? Non c’è solo il vaccino, ci sono i farmaci, le cure. Guardandosi bene dal citare i trattamenti, anche la Repubblica riporta i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità per l’Europa dove «il Covid-19 non è scomparso» e «il numero di ricoveri» in un mese è «del 51% più alto » e anche i decessi sono «del 32% più alti». Siamo alle solite: sarebbe necessario capire da che numeri si parte e poi considerare lo stato di salute di chi non ce l’ha fatta e distinguere (finalmente) se siano decessi da Covid o con Covid. Ma non c’è niente da fare. L’emergenza non c’è, però sembra che qualcuno ne abbia grande nostalgia. Sull’onda mediatica, le virostar Pier Luigi Lopalco e Fabrizio Pregliasco, ritornano sulle mascherine in ospedali e Rsa come «buona pratica», mentre politici come Luana Zanella (Avs) e Orfeo Mazzella (M5s) invocano il ripristino dell’obbligo. Nei reparti però i dati smentiscono l’allarme. Lo stesso Barbone ammette che oggi l’infezione da SarsCov2 «non impatta sulla gestione degli ospedali». A fine giungo, a livello nazionale, il ministero della Salute e l’Iss rilevavano 751 ricoveri in area medica e 27 in terapia intensiva di pazienti over 80. Per tutti i fragili, come ricorda l’infettivologo Matteo Bassetti, ci sono i farmaci, quelli che sta prendendo lo stesso presidente americano Joe Biden che, per la Stampa, incespicava a causa del Covid, come se mancassero video di mesi precedenti a sostenere l’infondatezza di tale osservazione. Perfino Francesco Vaia, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, nell’invitare alla calma perché «la nuova variante non è particolarmente patogenica» e l’impatto su ospedali è «irrilevanti», rilancia sui vaccini, per fragili e anziani. Le cure? Mai nominate.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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