Lo studio di «Fiscalfocus» mette in luce che la misura aiuta solo alcune categorie di lavoratori e il Meridione.
Lo studio di «Fiscalfocus» mette in luce che la misura aiuta solo alcune categorie di lavoratori e il Meridione.Non è tutto oro quello che luccica. Un detto che vale senza ombra di dubbio anche per la questione del salario minimo citata ieri anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso delle sue ultime considerazioni generali, prima della scadenza del suo mandato a fine ottobre. Come spiega uno studio di Fiscalfocus.it il problema, che riguarda l’Italia, ma anche diversi Paesi come quelli appartenenti all’area dell’Europa dell’Est, è che con l’aumentare del salario lordo non necessariamente si combatte la povertà. Perché? In molti casi il problema non viene dall’aumento della retribuzione lorda, ma dalla scarsa continuità lavorativa. Detto in parole povere, il problema non è il pagamento orario, ma le ore di lavoro nel corso di un mese. Se queste ultime sono poche, non c’è salario minimo che tenga. Questa problematica è più evidente in Italia, particolarmente nelle regioni del Sud, per i lavoratori stranieri (in particolare extracomunitari), per i giovani, le donne o le persone con un basso titolo di studio. Ciò significa che il salario minimo non aiuterebbe, ad esempio, molti lavoratori del Nord e del Centro appartenenti alla classe media. Pallottoliere alla mano, secondo i dati Istat, in Italia circa 4 milioni di dipendenti, il 29,5% del totale, sono a bassa retribuzione annua (meno di 12.000 euro) e circa 1,3 milioni di dipendenti, il 9,4% del totale, sono a bassa retribuzione oraria (meno di 8,41 euro l’ora). Scende poi al 7% del totale, quasi un milione, la quota dei dipendenti a bassa retribuzione sia annua sia oraria. Spesso, tra questo tipo di lavoratori figurano appunto persone del Sud o stranieri nati al di fuori dell’Ue, oltre che giovani e donne. Il punto è che l’introduzione del salario minimo, quindi, aiuterebbe, solo un terzo circa degli occupati. Come segnalato dall’Istat, si legge nel report, «in Italia la maggior parte dei lavoratori a bassa retribuzione si trova nelle regioni del Sud. Una constatazione che apre il tema del regionalismo dell’impatto del salario minimo. Una questione già emersa nelle post evaluations del Regno Unito e della Germania. Dagli studi effettuati dall’istituto per l’economia del lavoro Iza gli effetti positivi sulla percezione del benessere e della qualità della vita in seguito all’entrata in vigore del salario minimo sono stati riscontrati in modo particolare nella Germania dell’Est, notoriamente l’area meno economicamente sviluppata del Paese. Nel Regno Unito, l’introduzione del salario minimo ha portato a una riduzione della disparità di retribuzione oraria tra le regioni e all’interno delle stesse, omologando da una parte poteri d’acquisto territorialmente molto diversi mentre dall’altra venivano accresciuti notevolmente i costi fissi delle imprese delle zone costiere e del Nord notoriamente a bassa specializzazione. Di fatto, ciò significa che tutto questo si è tradotto in un aumento dei prezzi per il prodotto finale. Gli esperti di Fiscalfocus.it sembrano non avere dubbi. «Come più volte ribadito in precedenza, l’aumentare del salario orario lordo non necessariamente comporta una riduzione del rischio di povertà», dicono. «Una maggiore sicurezza economica viene invece data dalla continuità lavorativa».Come ben sottolineato dal paper della Commissione europea The Recent Reform of the Labour Market in Italy: A Review, «sebbene i contratti temporanei abbiano un ruolo nell’economia, l’eccessiva segmentazione del mercato del lavoro è associata a un basso accesso alla formazione e a una debole progressione di carriera, con implicazioni negative per la produttività e la volatilità del mercato del lavoro». I contratti temporanei possono facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro dopo l’istruzione, in particolare nei Paesi in cui l’istruzione e la formazione professionale non sono sufficientemente sviluppate, e possono contribuire a migliorare l’adeguamento delle competenze, in quanto i lavoratori e i datori di lavoro possono testare i loro desideri prima di fissare il rapporto in un accordo a lungo termine. «Tuttavia», proseguono i ricercatori, «un uso eccessivo di contratti temporanei può anche avere implicazioni economiche e sociali negative». Tra gli aspetti negativi, la minore permanenza sul posto di lavoro e la minore esperienza. Alle stesse conclusioni sono arrivati Iza (analizzando gli effetti dell’introduzione del salario minimo in Germania) e Kerstin Bruckmeier dell’Institute for employment research minimum wage e Oliver Bruttel della German mininum wage commission. Gli esperti sottolineano che «l’aumento del salario orario lordo non si traduce in un aumento dei guadagni mensili o annuali a causa della contemporanea diminuzione delle ore di lavoro». In particolare, in Germania i percettori del salario minimo hanno dovuto far fronte, come in Inghilterra, a degli introiti lordi maggiori compensati da una riduzione dell’orario di lavoro. Lo studio, insomma, spiega a chiare lettere che «l’introduzione del salario minimo non riduce il rischio di povertà, ma il numero di ore lavorate dei salariati a basso reddito, la profittabilità delle imprese, il numero delle assunzioni e la spesa per l’assistenza sociale. Aumentano solo tasse e contributi».
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
Continua a leggereRiduci











