2024-11-10
Stellantis sfida subito la Casa Bianca. Licenzia a Detroit e si butta sulla Cina
Tagliati altri 400 lavoratori in Michigan dopo i 1.100 di due giorni fa in Ohio. Il sindacato pronto allo sciopero. Mentre Donald Trump minaccia maxi tasse in caso di delocalizzazione, l’azienda sposta l’asse produttivo in Asia.Stellantis taglia altri 400 posti negli Usa dopo i 1.100 di due giorni fa in Ohio. Nel mirino, stavolta, è finito uno stabilimento di componenti a Detroit. I licenziamenti riguarderanno tutti i dipendenti rappresentati dalla United auto workers nello stabilimento di sequenziamento dei pezzi di Freud street, vicino al Detroit assembly complex-Jefferson. «Mentre Stellantis affronta un anno di transizione, l’attenzione è rivolta al riallineamento delle sue operazioni negli Stati Uniti per garantire un forte inizio del 2025», ha affermato la società in una dichiarazione.All’inizio di questa settimana appena passata, l’azienda ha annunciato che avrebbe tagliato un turno e licenziato a gennaio circa 1.100 lavoratori che costruiscono Jeep Gladiator a Toledo, a causa della bassa domanda di pick-up. Questi tagli hanno comportato che Mobis North America Llc, un importante fornitore che costruisce il telaio per il Gladiator all’interno dello stesso stabilimento, sia stato costretto ad annunciare il licenziamento di 210 dei suoi assemblatori e tecnici di manutenzione all’inizio del prossimo anno. In primavera, erano stati mandati a casa più di 200 lavoratori presso lo stabilimento di Freud street, nell’ambito di una serie di tagli ai lavoratori meno pagati dell’azienda. Ad agosto le forbici avevano riguardato, invece, 2.450 dipendenti sindacalizzati in uno stabilimento del Michigan dopo lo stop alla produzione del maxi pick-up Ram 1500 Classic.Una mossa che acuisce, così, lo scontro con il prossimo inquilino della Casa Bianca: nel corso di un comizio in Michigan, Donald Trump aveva spiegato che, in caso di vittoria, avrebbe imposto dei dazi del 100% qualora Stellantis avesse deciso di spostare parte della sua forza lavoro dagli Stati Uniti in Messico. Nello stabilimento messicano di Stellantis vengono attualmente prodotti le Jeep Wagoneer e i pick-up del marchio Ram. «Dite a Stellantis che, se hanno intenzione di spostarsi in Messico, imporremo loro dazi del 100% su ogni veicolo venduto e così non si muoveranno», aveva attaccato Trump. Lanciando un monito alle altre grandi realtà del settore automotive americano. Anche Ford e General Motors, infatti, hanno delocalizzato parte della propria produzione in Messico, attratti dai ridotti costi del lavoro. «I nostri membri sono pronti a costruire Jeep, ma gli errori del management li ostacolano. Siamo pronti a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per reagire», ha affermato il potente sindacato americano dei metalmeccanici, Uaw, in una dichiarazione. Il leader, Shawn Fain, si è schierato apertamente a favore di Kamala Harris. E ha minacciato uno sciopero nazionale presso le strutture Stellantis, sostenendo che la casa automobilistica non è riuscita a mantenere le promesse fatte al sindacato lo scorso autunno. Il mese scorso, circa 80 membri del Congresso hanno esortato il gruppo nato dalla fusione tra Fca e Psa a onorare gli impegni di investimento presi con il sindacato. Minacciando di ritirare i fondi statali se gli accordi non verranno rispettati. Si guarda, inoltre, a quale sarà il futuro dei veicoli elettrici sotto l’amministrazione Trump, con l’industria che considera i piani per i veicoli elettrici e il futuro dell’Ira, l’Inflation reduction act.Mentre in America sale la tensione, il presidente di Stellantis, John Elkann è volato in Cina proprio negli stessi giorni della visita a Xi Jinping del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il quale era presente con Elkann all’inaugurazione della Cattedra Agnelli di cultura italiana, istituita presso l’Università di Pechino dove, sempre ieri, il capo del Quirinale ha tenuto una lectio magistralis. «Non parlo di Stellantis all’estero», ha subito detto Elkann ai giornalisti presenti, ricordando che il 14 novembre c’è il tavolo convocato dal ministero delle Imprese. Meglio, quindi, parlare della cattedra «interamente finanziata dalla Fondazione Agnelli che permette, attraverso l’istruzione, di far conoscere l’Italia all’estero. Facendo in modo che l’Italia sia conosciuta non solo per la sua storia ma anche per la contemporaneità. È una cattedra che prevede una rotazione ogni sei mesi». E a chi è stato assegnato il primo incarico? All’ex premier Romano Prodi, presente a Pechino al fianco di Elkann e Mattarella.È lo stesso Prodi che qualche anno fa aveva portato avanti una campagna a favore di uno stabilimento per hypercar ibride ed elettriche che avrebbe dovuto nascere nel 2023 a Reggio Emilia. Un progetto - di cui aveva scritto molto Giacomo Amadori su queste pagine - che vedeva in campo un chiacchierato finanziere statunitense e, almeno secondo i comunicati ufficiali, il gruppo automobilistico Faw, il più importante della Cina. A inizio febbraio 2023, però, sul Resto del Carlino il professore bolognese aveva intonato il de profundis: «Silk-Faw? Una grande occasione persa». E sulle cause del fallimento aveva ipotizzato: «Con tutto il casino che c’è ora, può darsi che un governo sia intervenuto». Ossia quello cinese, anche perché Faw è un’azienda controllata dallo Stato.
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