2024-12-08
Stellantis balbetta e cerca di scaricare i suoi errori sulle imposizioni dell’Europa
Scontro fra Carlo Calenda e Giuseppe Manca, capo delle risorse umane. «Dov’è finito il milione di auto da produrre in Italia?». Il manager incolpa l’Ue, ma il gruppo appoggiava i diktat verdi.Duro faccia a faccia tra il leader di Azione, Carlo Calenda, e il capo delle risorse umane e delle relazioni industriali di Stellantis, Giuseppe Manca. Il match è iniziato alle 8 di ieri mattina, nel giorno di Sant’Ambrogio, sul ring della trasmissione Omnibus di La7 condotta da Frediano Finucci. Che ha avviato le danze chiedendo a Manca di spiegare, come se lo facesse davanti a un bambino, perché non si vendono più auto e soprattutto perché lo Stato sta pagando gli operai in quasi tutte le fabbriche di Stellantis per non lavorare. Risposta: «Farei al bambino la domanda: tu quale giocattolo preferisci? Probabilmente lui mi potrebbe indicare i giocattoli con cui dopo la scuola si diletta a passare il tempo. Ecco, se io gli dicessi invece, guarda, adesso tu non giochi con quel giocattolo, te ne diamo un altro, perché è più bello, perché fa bene al pianeta, probabilmente il bambino direbbe, no ma io vorrei giocare ancora con il pallone, non mi interessa giocare con la macchinina telecomandata, voglio giocare con i miei amici su un campo di calcio. Questo è quello che è successo nel mondo dell’automotive. Quella domanda andrebbe fatta ai politici, perché hanno orientato le scelte dei clienti verso un prodotto che la clientela non è ancora pronta ad accogliere», ha detto Manca. Insomma, sembra il lato opposto della medaglia con la faccia del segretario del Pd, Elly Schlein, che venerdì a Pomigliano aveva rotto il suo silenzio per buttare la palla sul campo dell’Europa chiedendo nuovi aiuti. Ovviamente la Schlein incolpa il governo. L’obiettivo comune è trovare soldi per Stellantis. Piccolo dettaglio, ieri davanti a Manca c’era Calenda che - gliene va dato atto - che per primo non ha risparmiato pesanti critiche all’ormai ex ad Carlos Tavares, al numero uno della Cgil, Maurizio Landini, e alla stessa Schlein. E che ha votato sia contro le multe per il rispetto dei limiti CO2 sia contro il cambio dal motore a combustione a quello elettrico. Calenda è partito ricordando che «il presidente John Elkann ha più volte detto che avrebbe tutelato l’italianità del prodotto e l’italianità del prodotto non è stata tutelata in alcun modo, perché i nuovi modelli di marchi italiani li avete lanciati in Serbia, in Polonia, in Marocco e in Algeria». Poi ha sottolineato che Stellantis non deve chiedere conto alla politica, ma «deve dare conto a un Paese di un racconto che è stato fatto e che è stato completamente tradito». Del resto, Tavares era favorevole alla normativa europea, tanto che nel 2023 ha deciso di lasciare l’Acea, l’associazione dei costruttori Ue, in cui Stellantis ha deciso di rientrare proprio a pochi giorni dalle dimissioni dell’ad. Non solo. «Tavares», ha incalzato Calenda, «sosteneva addirittura che le multe del 2025 andavano mantenute e che lo Stato doveva pagare il delta rispetto alle macchine cinesi. Ed era contrario anche ai dazi cinesi». E poi l’affondo: «Il tempo in cui la Fiat chiedeva conto continuamente è un tempo finito. Ci spieghi cosa è andato storto visto che avete appena cacciato l’ad e chieda scusa alle persone che adesso sono a casa o che prendono 500 euro di tredicesima». La replica di Manca è debole. «Non è stato licenziato ma ha dato le dimissioni, se fosse stato licenziato probabilmente non gli avremmo dato neanche un centesimo». Soprattutto non si capisce quale sarà il piano industriale di Stellantis per l’Italia. La strategia di andare verso l’elettrico, di certo, è confermata. Ma sono stati due temi in particolare ad accendere lo scontro. Il primo riguarda la promessa di arrivare a produrre in Italia 1 milione di auto. «Adesso ci dite che tutto va bene quando invece di un milione di auto ne avete fatto la metà, ci può spiegare perché?», ha chiesto Calenda. Manca ha smentito: «Questi numeri non mi risultano», «quando si parla della produzione in Italia che è scesa da 750.000 veicoli nel 2023 a circa 500.000 per la fine del 2024, non dico che era previsto, ma con le persone con le quali noi ci interfacciamo ne avevamo parlato. Il problema era il 2024 e lo sarà ancora il 2025. Probabilmente sarà dal 2026 che potremmo vedere un miglioramento a seconda di quello che ovviamente sarà al mercato». E qui Calenda è scattato: «Non è così perché voi avete fatto un tavolo al termine del quale il ministro Urso ha detto che l’accordo era di produrre quest’anno 1 milione, tant’è che è così che a settembre il ministro ha ribadito che fosse ancora possibile arrivare a 1 milione di vetture. Delle due l’una, o il ministro ha mentito e se è così allora si deve dimettere, o non vi siete capiti al tavolo, o c’è qualcosa che non va», ha ribattuto. Basta un rapido fact checking per ritrovare le dichiarazioni di Tavares, a febbraio: «Abbiamo la capacità per raggiungere 1 milione di veicoli al 2030 e forse anche prima se la produzione continuerà a crescere del 10% l’anno». In ogni caso siamo ben al di sotto di quei 75.000 veicoli in più l’anno, senza un piano industriale sul lungo periodo, senza indicazioni chiare sul futuro di ogni singolo stabilimento. E con la produzione che nelle fabbriche italiane è stata fermata più volte dall’inizio dell’anno e i lavoratori messi in cassa integrazione. L’ultimo botta e risposta è su Maserati: sui numeri della produzione del 2024 e sul calo dal momento di picco, che Manca non ha saputo - o voluto fornire - e sulla lettera inviata qualche mese fa ai dipendenti con cui Stellantis offriva degli sconti a quelli che volevano comprare anche delle macchine molto costose tipo appunto la Maserati. «È chiaro», ha detto Manca, «che può sembrare una caduta di stile, una mancanza di attenzione, però non era la nostra intenzione e dico che non era rivolta soltanto agli operai ma era rivolta anche a parenti, amici, conoscenti. Era un modo per sviluppare quel livello produttivo e di vendite di cui parla Calenda». Che quindi è sbottato: «Ma non si può dire abbiamo fatto una cazzata?». Risposta del manager: «Abbiamo commesso un errore». Il confronto si è chiuso con Calenda che ha concesso l’onore delle armi chiosando che almeno Manca ci ha messo la faccia, però «mi piacerebbe che la faccia ce la mettesse il suo presidente».
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».