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2019-01-07
Spese pazze: buttano soldi pure per il galà del turismo tedesco
Ansa
Ci sono i 9 milioni di euro della Sardegna per estendere a oltre 5.000 guardaboschi l'applicazione del contratto regionale. Ci sono le assunzioni senza concorso dei collaboratori dei politici in Basilicata. C'è il bando per reclutare 1.400 operatori sociosanitari in Piemonte. In sei Regioni italiane si avvicinano le elezioni. E, nonostante la parola d'ordine degli anni Duemiladieci sia stata «austerità», in prossimità del voto i politici allentano i cordoni della borsa, sperando di farsi rieleggere.
Le urne si apriranno per prime in Abruzzo, il 10 febbraio. In seguito alle dimissioni dell'ex governatore pd, Luciano D'Alfonso, che si è trasferito sui banchi del Senato, la Giunta si sarebbe dovuta limitare all'ordinaria amministrazione. Ma il centrosinistra è andato in soccorso del portavoce del presidente del Consiglio regionale: scaduta la sua consulenza, pochi giorni fa lo ha riassunto per un mese tramite agenzia interinale, alla modica cifra di 5.925 euro. Un altro prorogato è il manager della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti. Dove, a due mesi dal voto, è stato bandito un concorso per trenta infermieri e otto tecnici di radiologia. Tutti da inserire con contratto a tempo indeterminato.
Quello delle assunzioni nel comparto sanitario è un evergreen. Ma c'è anche qualcuno che s'inventa la contromossa: anziché bandirlo, il concorso se lo rimangia. In Calabria, a luglio, il commissario ad acta della sanità aveva sbloccato 1.253 assunzioni a tempo indeterminato. Si parlava di medici, infermieri, tecnici e amministrativi. Ma la Giunta, capitanata dal dem Mario Oliverio (per il quale il gip, a dicembre, nell'ambito di un'inchiesta per abuso d'ufficio, ha disposto l'obbligo di dimora nella cittadina in cui risiede), ha fermato tutto. Il Codacons ha denunciato quello che considera un «ricatto elettorale». Le elezioni non si terranno prima di novembre o dicembre 2019: un concorso pubblico di quella portata, in una terra affamata di lavoro e maglia nera per i Livelli essenziali di assistenza sanitaria, è meglio tenerselo nel cassetto fino al momento politicamente più opportuno.
Ovviamente, c'è chi è più furbo degli altri. E, anziché premiare gli amici degli amici, distribuisce risorse a valanga. Come l'Emilia Romagna: nell'ultimo bilancio della Regione del dem Stefano Bonaccini ci sono trovate geniali, a cominciare dall'abolizione del superticket sanitario. Un risultato da sbandierare davanti agli elettori, anche se la Giunta si è ben guardata dall'abolire la vera fonte di approvvigionamenti per le casse sanitarie: l'addizionale regionale.
Pure in Emilia Romagna si voterà tra novembre e dicembre 2019. Ma, prima di arrivare al rinnovo del Consiglio, ci saranno le amministrative in molti Comuni importanti: da Reggio Emilia a Cesena, da Modena, a Ferrara, a Forlì. E poi c'è la mina vagante, l'ex grillino disobbediente Federico Pizzarotti, sindaco di Parma. Uno che non esclude di candidarsi a governatore, uno che è capace di drenare parecchi voti a sinistra e che quindi va tenuto a bada. Magari, distribuendo qualche milioncino alla città da lui amministrata: basti pensare ai 12 milioni di euro per il potenziamento dell'aeroporto Giuseppe Verdi. Non bisogna lasciare indietro nemmeno le feste paesane: per la prima volta nella storia, la Regione foraggerà il carnevale di Cento (100.000 euro all'anno).
Qualche Giunta meno fortunata può solo aspirare a limitare i danni. Quella lucana, a luglio, è stata travolta da un terremoto giudiziario. Per il governatore, Marcello Pittella (fratello di Gianni, capogruppo dei Socialisti e democratici all'Europarlamento), erano scattati gli arresti domiciliari: secondo i magistrati, Pittella, costretto a dimettersi per effetto della legge Severino, era un vero e proprio dominus dei concorsi nella sanità. Al punto tale che, dinanzi ai «suoi» raccomandati, i funzionari sono stati intercettati a commentare: «Sia fatta la volontà di Pittella».
A settembre, i domiciliari sono stati revocati, ma a fine dicembre il Riesame ha confermato l'obbligo di non dimora a Potenza. La vicepresidente facente funzioni, Flavia Franconi, non ha potuto fare altro che posticipare il più possibile la data del voto, con la scusa dell'election day del 26 maggio. Comunque la Giunta, ad agosto, con la scusa di «rafforzare» il dipartimento Politiche agricole, aveva fatto in tempo a deliberare una convenzione biennale con il Ripam per l'impiego di 37 «esperti esterni», che secondo l'opposizione sarebbero selezionati con «i soliti critieri di dubbia trasparenza». Agli avversari della Franconi anche il rinvio della data del voto pare illegittimo: le precedenti consultazioni si erano svolte nel novembre del 2013 e, dunque, andavano indette di nuovo massimo entro il 20 gennaio 2019. Ma si sa: in politica, il tempismo è tutto.
Chiamparino recluta 1.400 operatori sanitari

Ansa
Promettere posti di lavoro in campagna elettorale: nemmeno l'equilibrato Piemonte fa eccezione. La Giunta regionale capitanata da Sergio Chiamparino ha deliberato, appena lo scorso ottobre, un piano straordinario di 1.400 assunzioni nel campo della sanità. Una delibera che dà priorità a infermieri, medici e operatori sociosanitari e che punta a riportare il numero di impiegati nel settore al livello precedente la partenza del pre-commissariamento.
Il piano di rientro, la cui fine è stata sancita nel 2017, era iniziato nel 2010 sotto la giunta Cota con l'obiettivo di riportare la spesa del servizio sanitario regionale sotto controllo. Grazie a sette lunghi anni di sacrifici da parte del personale in servizio, Sergio Chiamparino e Antonio Saitta, assessore regionale alla Sanità, possono permettersi di stappare lo champagne alla vigilia della scadenza elettorale. L'aumento della spesa, informano da Piazza Castello, sarà di 59 milioni di euro nel corso del prossimo biennio, che vanno a sommarsi ai 14 milioni già investiti per il 2018.
Di fronte a questi proclami, le opposizioni rimangono scettiche. «Si avvicinano le elezioni e si moltiplicano le promesse elettorali della Giunta, non ci fidiamo di un comunicato stampa di Saitta», ha dichiarato il capogruppo pentastellato in Consiglio regionale, Davide Bono, definendo il piano «una sparata elettorale bella e buona». Scettica anche Daniela Ruffino (Forza Italia), che parla di «troppi annunci e pochi fatti». Perplessità anche dalla locale sezione del sindacato degli infermieri Nursing Up. Il segretario regionale, Claudio Delli Carri, parla di «annuncio a effetto del quale non sfugge la tempistica e la malcelata portata elettorale».
500.000 euro per il galà del turismo tedesco

Ansa
Un galà da sogno per ospitare la sessantottesima edizione del congresso della Dvr, la federazione nazionale del turismo tedesco, costato alle casse della Regione Calabria oltre 500.000 euro. Grandiosa operazione di marketing che innescherà ricadute economiche positive secondo il governatore Mario Oliverio, immane spreco di denaro pubblico per altri.
La Regione si è accollata tutte le spese del meeting che si è tenuto dal 10 al 14 ottobre scorso tra Scilla e Reggio, ospitando un esercito di 600 operatori turistici. Come rivela un'inchiesta della testata locale LaCNews24, si va dai 270.000 euro per oltre 400 camere a 4 stelle, alla cena da 176.000 euro organizzata a Reggio, al press trip promozionale da 40.000 euro.
Spese sostenute a meno di un anno dalle elezioni e da più parti definite «pazze». Numeri che stridono con la situazione della sanità regionale, in crisi da un decennio. Un sospiro di sollievo poteva arrivare in questo senso dallo sblocco di 1.200 assunzioni nel comparto, deliberata lo scorso luglio dall'ex commissario ad acta, Massimo Scura, provvedimento poi bloccato dalla Regione.
La presa di posizione ha fatto infuriare il Codacons, che per bocca del vicepresidente nazionale Francesco Di Lieto ha minacciato un esposto alla magistratura «affinché vengano accertate tutte le omissioni che impediscono l'assunzione di tantissimi lavoratori in una regione atavicamente affamata di lavoro e con servizi erogati inaccettabili». Secondo Di Lieto, la prassi di bandire nuovi concorsi anziché attingere dalle graduatorie dei soggetti già idonei è «indissolubilmente legata alla prossima tornata elettorale» in quanto «consente di creare consenso e formare nuovi schiavi pronti a tutto per inseguire il miraggio della vittoria di un concorso pubblico».
Nomine contestate e super dirigenti prorogati

Ansa
Dopo le dimissioni dell'ex governatore,
Luciano D'Alfonso, la Giunta guidata dal facente funzioni, Giovanni Lolli, doveva limitarsi all'ordinaria amministrazione. Ma a fine dicembre ha fatto una delibera per Giovanni D'Amico, portavoce del presidente del Consiglio regionale. Non potendogli prorogare la consulenza, lo hanno assunto tramite agenzia interinale per un solo mese. Stipendio: 5.925 euro.
Le mani del governo regionale si sono allungate pure sulla sanità. Alla
Verità lo ha fatto notare il consigliere regionale di Forza Italia, Mauro Febbo, che ce l'ha con la proroga di tre mesi concessa dalla Regione al direttore generale della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti, Pasquale Flacco. Il ministero della Sanità, interpellato dallo stesso Febbo, ha confermato che la Giunta abruzzese non poteva effettuare alcuna proroga (ribattezzata, nella delibera, «rideterminazione del termine contrattuale di durata»). E poi Flacco, secondo Febbo, è «appiattito sugli interessi elettorali del centrosinistra». Non a caso, la sua Asl, a fine dicembre, ha bandito un concorso per assumere a tempo indeterminato 30 infermieri e 8 tecnici di radiologia.
Caos nomine anche alla Asl di Avezzano-Sulmona-L'Aquila. Il deputato leghista
Luigi D'Eramo ha riferito alla Verità che il manager in scadenza, Rinaldo Tordera (escluso dall'elenco ministeriale degli idonei a ricoprire quell'incarico) vorrebbe rinnovare i direttori di dipartimento, a poche settimane dall'insediamento della nuova Giunta. E poiché i candidati metterebbero d'accordo entrambi gli schieramenti, qualcuno parla di inciucio. «Non so se si tratti di inciucio», ha commentato D'Eramo, «ma sebbene io abbia richiesto l'intervento degli ispettori del ministero della Salute, né dai diretti interessati, né dalla coalizione di centrodestra, è arrivata alcuna reazione…».
Soldi per tutti, a cominciare dal carnevale

Ansa
Taglio dell'Irap alle comunità montane: 15 milioni di euro. Potenziamento dell'aeroporto di Parma: 12 milioni di euro. Valorizzazione del patrimonio delle località turistiche costiere: 20 milioni di euro in tre anni. Riqualificazione delle strutture ricettive: 25 milioni.
Nell'ultimo bilancio licenziato dalla Regione Emilia Romagna, guidata dal dem Stefano Bonaccini, c'è di tutto. E anche se la cifra è molto più modesta rispetto a quelle appena riportate, spiccano i 100.000 euro annui promessi a Cento (Ferrara) per organizzare il carnevale. Cui se ne aggiungono altri 54.000 per i Percorsi guerciniani, che culmineranno con una mostra a marzo dedicata al pittore Guercino, nativo della cittadina emiliana.
Nella manovra espansiva, che secondo la Giunta di centrosinistra, lascia «meno tasse per cittadini e imprese», senza «alcun nuovo indebitamento», anche grazie all'utilizzo dei fondi europei, non potevano mancare le assunzioni: se ne promettono 1.000, tra stabilizzazioni e nuovi contratti a tempo indeterminato nel settore della sanità («infermieri, tecnici e operatori»). E siccome la salute è uno dei temi più caldi quando si parla di elezioni regionali, l'Emilia Romagna ha ottenuto anche la soppressione del superticket. Una mossa scaltra, quasi inattaccabile. Se non fosse che la Regione, a differenza del confinante Veneto, ha mantenuto l'addizionale regionale, che è la principale fonte di finanziamento per la sanità.
Bonaccini ha pensato pure alla distribuzione degli ecobonus: 5 milioni per rottamare gli Euro 4, 3 milioni per l'acquisto delle auto ibride, oltre ai 10 milioni per realizzare nuove piste ciclabili. Sarà stato il Natale a rendere così generosa la Giunta dem?
Ma a che servono davvero quei 37 consulenti?

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«La Regione non aveva un bilancio, tanto che il 28 dicembre è stato approvato l'esercizio provvisorio. Perciò finora è stato difficile elargire mance elettorali». Lo ha spiegato alla Verità il consigliere regionale lucano Gianni Rosa, di Fratelli d'Italia. «Ma sono sicuro che da ora, a esercizio provvisorio approvato, comincerà la distribuzione delle prebende».
Eppure il Pd, che governa la Basilicata e sul quale si è abbattuto il terremoto giudiziario che ha travolto l'ex presidente Marcello Pittella, cui è subentrata la vicepresidente Flavia Franconi, si è messo in moto. Il consigliere Rosa, pochi mesi fa, aveva puntato il dito su una delibera dedicata al «rafforzamento delle capacità istituzionale e amministrativa del dipartimento Politiche agricole e forestali» della Regione. In virtù di una convenzione biennale con il Formez, infatti, la Basilicata impiegherà 37 esperti esterni, al «costo complessivo di 1.216.000 euro». Una mossa che il consigliere di Fdi aveva definito «clientelismo spicciolo».
Come ha illustrato alla Verità un collaboratore di Rosa, Vincenzo Claps, la convenzione affida sì a un ente esterno il reclutamento, ma alla fine il Formez «risponde alla politica». E la politica «mette chi vuole», in barba a qualunque criterio di trasparenza. Non è finita. Il candidato dei 5 stelle, Antonio Mattia, appena prima di Natale ha annunciato un'interpellanza alla presidenza del Consiglio per verificare la legittimità delle assunzioni senza concorsi negli uffici regionali.
Si tratta di personale che fa già parte di società partecipate, che è transitato per almeno 5 anni negli uffici regionali e che ora, ci ha riferito Claps, entrerebbe «nelle segreterie dei gruppi consiliari». I sindacati, in effetti, parlano di «collaboratori» dei politici. E per i portaborse, il denaro pubblico non manca mai.
Agenzia Forestas, infornata di 5.000 dipendenti

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Raddoppiare, o quasi, i dipendenti sottoposti a contrattazione collettiva regionale in un colpo solo non è cosa facile per nessuno. A riuscire nell'impresa è stato, a novembre il Consiglio regionale sardo, il quale ha approvato una legge che d'emblée modifica l'inquadramento degli oltre 4.000 dipendenti dell'agenzia Forestas. La legge prevede un percorso di stabilizzazione anche per altri 1.300 precari. Questi ultimi vanno ad aggiungersi alle già 6.000 risorse impiegate dalla Regione Sardegna, facendo lievitare a oltre 10.000 il numero complessivo degli stipendiati da viale Trento. Un bel colpo per gli addetti di Forestas, l'ente che a livello locale si occupa della gestione dei boschi e delle foreste sarde, e che supporta l'attività di prevenzione degli incendi a supporto del Corpo forestale regionale.
Ne ha fatta di strada dal 1999 l'Ente foreste della Sardegna, ente strumentale trasformato in agenzia nel 2016 e ribattezzato per l'occasione, appunto, Forestas. D'ora in poi i suoi dipendenti godranno degli stessi diritti e del medesimo trattamento economico rispetto ai regionali. Una mossa dal sapore elettorale a una manciata di mesi dal voto, ma anche un «regalino» all'amministrazione che verrà, che si troverà a gestire un aggravio di oltre 9 milioni di euro. Cifra che va a sommarsi ai 170 milioni annui che la Regione già trasferisce all'agenzia, per complessivi 520 milioni nel bilancio di previsione 2018-2020.
Serpeggia il malcontento tra gli addetti del Corpo forestale regionale (appena 1.300 unità), che gli incendi si occupano non solo di prevenirli ma anche di spegnerli. Per questi, da anni, la contrattazione è al palo e l'ingresso in massa dei nuovi «colleghi» rischia di mettere le loro istanze in secondo piano.
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Infornate di forestali, assunzioni senza concorso e finanziamenti a pioggia. Ecco mance e regali dei sei governatori che si preparano alle elezioni nel 2019. Lo speciale contiene un articolo più sei box per ogni regione: Piemonte, Calabria, Abruzzo, Emilia Romagna, Basilicata e Sardegna.Ci sono i 9 milioni di euro della Sardegna per estendere a oltre 5.000 guardaboschi l'applicazione del contratto regionale. Ci sono le assunzioni senza concorso dei collaboratori dei politici in Basilicata. C'è il bando per reclutare 1.400 operatori sociosanitari in Piemonte. In sei Regioni italiane si avvicinano le elezioni. E, nonostante la parola d'ordine degli anni Duemiladieci sia stata «austerità», in prossimità del voto i politici allentano i cordoni della borsa, sperando di farsi rieleggere.Le urne si apriranno per prime in Abruzzo, il 10 febbraio. In seguito alle dimissioni dell'ex governatore pd, Luciano D'Alfonso, che si è trasferito sui banchi del Senato, la Giunta si sarebbe dovuta limitare all'ordinaria amministrazione. Ma il centrosinistra è andato in soccorso del portavoce del presidente del Consiglio regionale: scaduta la sua consulenza, pochi giorni fa lo ha riassunto per un mese tramite agenzia interinale, alla modica cifra di 5.925 euro. Un altro prorogato è il manager della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti. Dove, a due mesi dal voto, è stato bandito un concorso per trenta infermieri e otto tecnici di radiologia. Tutti da inserire con contratto a tempo indeterminato. Quello delle assunzioni nel comparto sanitario è un evergreen. Ma c'è anche qualcuno che s'inventa la contromossa: anziché bandirlo, il concorso se lo rimangia. In Calabria, a luglio, il commissario ad acta della sanità aveva sbloccato 1.253 assunzioni a tempo indeterminato. Si parlava di medici, infermieri, tecnici e amministrativi. Ma la Giunta, capitanata dal dem Mario Oliverio (per il quale il gip, a dicembre, nell'ambito di un'inchiesta per abuso d'ufficio, ha disposto l'obbligo di dimora nella cittadina in cui risiede), ha fermato tutto. Il Codacons ha denunciato quello che considera un «ricatto elettorale». Le elezioni non si terranno prima di novembre o dicembre 2019: un concorso pubblico di quella portata, in una terra affamata di lavoro e maglia nera per i Livelli essenziali di assistenza sanitaria, è meglio tenerselo nel cassetto fino al momento politicamente più opportuno.Ovviamente, c'è chi è più furbo degli altri. E, anziché premiare gli amici degli amici, distribuisce risorse a valanga. Come l'Emilia Romagna: nell'ultimo bilancio della Regione del dem Stefano Bonaccini ci sono trovate geniali, a cominciare dall'abolizione del superticket sanitario. Un risultato da sbandierare davanti agli elettori, anche se la Giunta si è ben guardata dall'abolire la vera fonte di approvvigionamenti per le casse sanitarie: l'addizionale regionale. Pure in Emilia Romagna si voterà tra novembre e dicembre 2019. Ma, prima di arrivare al rinnovo del Consiglio, ci saranno le amministrative in molti Comuni importanti: da Reggio Emilia a Cesena, da Modena, a Ferrara, a Forlì. E poi c'è la mina vagante, l'ex grillino disobbediente Federico Pizzarotti, sindaco di Parma. Uno che non esclude di candidarsi a governatore, uno che è capace di drenare parecchi voti a sinistra e che quindi va tenuto a bada. Magari, distribuendo qualche milioncino alla città da lui amministrata: basti pensare ai 12 milioni di euro per il potenziamento dell'aeroporto Giuseppe Verdi. Non bisogna lasciare indietro nemmeno le feste paesane: per la prima volta nella storia, la Regione foraggerà il carnevale di Cento (100.000 euro all'anno).Qualche Giunta meno fortunata può solo aspirare a limitare i danni. Quella lucana, a luglio, è stata travolta da un terremoto giudiziario. Per il governatore, Marcello Pittella (fratello di Gianni, capogruppo dei Socialisti e democratici all'Europarlamento), erano scattati gli arresti domiciliari: secondo i magistrati, Pittella, costretto a dimettersi per effetto della legge Severino, era un vero e proprio dominus dei concorsi nella sanità. Al punto tale che, dinanzi ai «suoi» raccomandati, i funzionari sono stati intercettati a commentare: «Sia fatta la volontà di Pittella». A settembre, i domiciliari sono stati revocati, ma a fine dicembre il Riesame ha confermato l'obbligo di non dimora a Potenza. La vicepresidente facente funzioni, Flavia Franconi, non ha potuto fare altro che posticipare il più possibile la data del voto, con la scusa dell'election day del 26 maggio. Comunque la Giunta, ad agosto, con la scusa di «rafforzare» il dipartimento Politiche agricole, aveva fatto in tempo a deliberare una convenzione biennale con il Ripam per l'impiego di 37 «esperti esterni», che secondo l'opposizione sarebbero selezionati con «i soliti critieri di dubbia trasparenza». Agli avversari della Franconi anche il rinvio della data del voto pare illegittimo: le precedenti consultazioni si erano svolte nel novembre del 2013 e, dunque, andavano indette di nuovo massimo entro il 20 gennaio 2019. Ma si sa: in politica, il tempismo è tutto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sprechi-mance-e-regali-delle-regioni-che-tornano-al-voto-2625290225.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="chiamparino-recluta-1-400-operatori-sanitari" data-post-id="2625290225" data-published-at="1766051448" data-use-pagination="False"> Chiamparino recluta 1.400 operatori sanitari Ansa Promettere posti di lavoro in campagna elettorale: nemmeno l'equilibrato Piemonte fa eccezione. La Giunta regionale capitanata da Sergio Chiamparino ha deliberato, appena lo scorso ottobre, un piano straordinario di 1.400 assunzioni nel campo della sanità. Una delibera che dà priorità a infermieri, medici e operatori sociosanitari e che punta a riportare il numero di impiegati nel settore al livello precedente la partenza del pre-commissariamento. Il piano di rientro, la cui fine è stata sancita nel 2017, era iniziato nel 2010 sotto la giunta Cota con l'obiettivo di riportare la spesa del servizio sanitario regionale sotto controllo. Grazie a sette lunghi anni di sacrifici da parte del personale in servizio, Sergio Chiamparino e Antonio Saitta, assessore regionale alla Sanità, possono permettersi di stappare lo champagne alla vigilia della scadenza elettorale. L'aumento della spesa, informano da Piazza Castello, sarà di 59 milioni di euro nel corso del prossimo biennio, che vanno a sommarsi ai 14 milioni già investiti per il 2018. Di fronte a questi proclami, le opposizioni rimangono scettiche. «Si avvicinano le elezioni e si moltiplicano le promesse elettorali della Giunta, non ci fidiamo di un comunicato stampa di Saitta», ha dichiarato il capogruppo pentastellato in Consiglio regionale, Davide Bono, definendo il piano «una sparata elettorale bella e buona». Scettica anche Daniela Ruffino (Forza Italia), che parla di «troppi annunci e pochi fatti». Perplessità anche dalla locale sezione del sindacato degli infermieri Nursing Up. Il segretario regionale, Claudio Delli Carri, parla di «annuncio a effetto del quale non sfugge la tempistica e la malcelata portata elettorale». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sprechi-mance-e-regali-delle-regioni-che-tornano-al-voto-2625290225.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="500-000-euro-per-il-gala-del-turismo-tedesco" data-post-id="2625290225" data-published-at="1766051448" data-use-pagination="False"> 500.000 euro per il galà del turismo tedesco Ansa Un galà da sogno per ospitare la sessantottesima edizione del congresso della Dvr, la federazione nazionale del turismo tedesco, costato alle casse della Regione Calabria oltre 500.000 euro. Grandiosa operazione di marketing che innescherà ricadute economiche positive secondo il governatore Mario Oliverio, immane spreco di denaro pubblico per altri. La Regione si è accollata tutte le spese del meeting che si è tenuto dal 10 al 14 ottobre scorso tra Scilla e Reggio, ospitando un esercito di 600 operatori turistici. Come rivela un'inchiesta della testata locale LaCNews24, si va dai 270.000 euro per oltre 400 camere a 4 stelle, alla cena da 176.000 euro organizzata a Reggio, al press trip promozionale da 40.000 euro. Spese sostenute a meno di un anno dalle elezioni e da più parti definite «pazze». Numeri che stridono con la situazione della sanità regionale, in crisi da un decennio. Un sospiro di sollievo poteva arrivare in questo senso dallo sblocco di 1.200 assunzioni nel comparto, deliberata lo scorso luglio dall'ex commissario ad acta, Massimo Scura, provvedimento poi bloccato dalla Regione. La presa di posizione ha fatto infuriare il Codacons, che per bocca del vicepresidente nazionale Francesco Di Lieto ha minacciato un esposto alla magistratura «affinché vengano accertate tutte le omissioni che impediscono l'assunzione di tantissimi lavoratori in una regione atavicamente affamata di lavoro e con servizi erogati inaccettabili». Secondo Di Lieto, la prassi di bandire nuovi concorsi anziché attingere dalle graduatorie dei soggetti già idonei è «indissolubilmente legata alla prossima tornata elettorale» in quanto «consente di creare consenso e formare nuovi schiavi pronti a tutto per inseguire il miraggio della vittoria di un concorso pubblico». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sprechi-mance-e-regali-delle-regioni-che-tornano-al-voto-2625290225.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="nomine-contestate-e-super-dirigenti-prorogati" data-post-id="2625290225" data-published-at="1766051448" data-use-pagination="False"> Nomine contestate e super dirigenti prorogati Ansa Dopo le dimissioni dell'ex governatore, Luciano D'Alfonso, la Giunta guidata dal facente funzioni, Giovanni Lolli, doveva limitarsi all'ordinaria amministrazione. Ma a fine dicembre ha fatto una delibera per Giovanni D'Amico, portavoce del presidente del Consiglio regionale. Non potendogli prorogare la consulenza, lo hanno assunto tramite agenzia interinale per un solo mese. Stipendio: 5.925 euro. Le mani del governo regionale si sono allungate pure sulla sanità. Alla Verità lo ha fatto notare il consigliere regionale di Forza Italia, Mauro Febbo, che ce l'ha con la proroga di tre mesi concessa dalla Regione al direttore generale della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti, Pasquale Flacco. Il ministero della Sanità, interpellato dallo stesso Febbo, ha confermato che la Giunta abruzzese non poteva effettuare alcuna proroga (ribattezzata, nella delibera, «rideterminazione del termine contrattuale di durata»). E poi Flacco, secondo Febbo, è «appiattito sugli interessi elettorali del centrosinistra». Non a caso, la sua Asl, a fine dicembre, ha bandito un concorso per assumere a tempo indeterminato 30 infermieri e 8 tecnici di radiologia. Caos nomine anche alla Asl di Avezzano-Sulmona-L'Aquila. Il deputato leghista Luigi D'Eramo ha riferito alla Verità che il manager in scadenza, Rinaldo Tordera (escluso dall'elenco ministeriale degli idonei a ricoprire quell'incarico) vorrebbe rinnovare i direttori di dipartimento, a poche settimane dall'insediamento della nuova Giunta. E poiché i candidati metterebbero d'accordo entrambi gli schieramenti, qualcuno parla di inciucio. «Non so se si tratti di inciucio», ha commentato D'Eramo, «ma sebbene io abbia richiesto l'intervento degli ispettori del ministero della Salute, né dai diretti interessati, né dalla coalizione di centrodestra, è arrivata alcuna reazione…». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sprechi-mance-e-regali-delle-regioni-che-tornano-al-voto-2625290225.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="soldi-per-tutti-a-cominciare-dal-carnevale" data-post-id="2625290225" data-published-at="1766051448" data-use-pagination="False"> Soldi per tutti, a cominciare dal carnevale Ansa Taglio dell'Irap alle comunità montane: 15 milioni di euro. Potenziamento dell'aeroporto di Parma: 12 milioni di euro. Valorizzazione del patrimonio delle località turistiche costiere: 20 milioni di euro in tre anni. Riqualificazione delle strutture ricettive: 25 milioni. Nell'ultimo bilancio licenziato dalla Regione Emilia Romagna, guidata dal dem Stefano Bonaccini, c'è di tutto. E anche se la cifra è molto più modesta rispetto a quelle appena riportate, spiccano i 100.000 euro annui promessi a Cento (Ferrara) per organizzare il carnevale. Cui se ne aggiungono altri 54.000 per i Percorsi guerciniani, che culmineranno con una mostra a marzo dedicata al pittore Guercino, nativo della cittadina emiliana. Nella manovra espansiva, che secondo la Giunta di centrosinistra, lascia «meno tasse per cittadini e imprese», senza «alcun nuovo indebitamento», anche grazie all'utilizzo dei fondi europei, non potevano mancare le assunzioni: se ne promettono 1.000, tra stabilizzazioni e nuovi contratti a tempo indeterminato nel settore della sanità («infermieri, tecnici e operatori»). E siccome la salute è uno dei temi più caldi quando si parla di elezioni regionali, l'Emilia Romagna ha ottenuto anche la soppressione del superticket. Una mossa scaltra, quasi inattaccabile. Se non fosse che la Regione, a differenza del confinante Veneto, ha mantenuto l'addizionale regionale, che è la principale fonte di finanziamento per la sanità. Bonaccini ha pensato pure alla distribuzione degli ecobonus: 5 milioni per rottamare gli Euro 4, 3 milioni per l'acquisto delle auto ibride, oltre ai 10 milioni per realizzare nuove piste ciclabili. Sarà stato il Natale a rendere così generosa la Giunta dem? <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sprechi-mance-e-regali-delle-regioni-che-tornano-al-voto-2625290225.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="ma-a-che-servono-davvero-quei-37-consulenti" data-post-id="2625290225" data-published-at="1766051448" data-use-pagination="False"> Ma a che servono davvero quei 37 consulenti? Ansa «La Regione non aveva un bilancio, tanto che il 28 dicembre è stato approvato l'esercizio provvisorio. Perciò finora è stato difficile elargire mance elettorali». Lo ha spiegato alla Verità il consigliere regionale lucano Gianni Rosa, di Fratelli d'Italia. «Ma sono sicuro che da ora, a esercizio provvisorio approvato, comincerà la distribuzione delle prebende». Eppure il Pd, che governa la Basilicata e sul quale si è abbattuto il terremoto giudiziario che ha travolto l'ex presidente Marcello Pittella, cui è subentrata la vicepresidente Flavia Franconi, si è messo in moto. Il consigliere Rosa, pochi mesi fa, aveva puntato il dito su una delibera dedicata al «rafforzamento delle capacità istituzionale e amministrativa del dipartimento Politiche agricole e forestali» della Regione. In virtù di una convenzione biennale con il Formez, infatti, la Basilicata impiegherà 37 esperti esterni, al «costo complessivo di 1.216.000 euro». Una mossa che il consigliere di Fdi aveva definito «clientelismo spicciolo». Come ha illustrato alla Verità un collaboratore di Rosa, Vincenzo Claps, la convenzione affida sì a un ente esterno il reclutamento, ma alla fine il Formez «risponde alla politica». E la politica «mette chi vuole», in barba a qualunque criterio di trasparenza. Non è finita. Il candidato dei 5 stelle, Antonio Mattia, appena prima di Natale ha annunciato un'interpellanza alla presidenza del Consiglio per verificare la legittimità delle assunzioni senza concorsi negli uffici regionali. Si tratta di personale che fa già parte di società partecipate, che è transitato per almeno 5 anni negli uffici regionali e che ora, ci ha riferito Claps, entrerebbe «nelle segreterie dei gruppi consiliari». I sindacati, in effetti, parlano di «collaboratori» dei politici. E per i portaborse, il denaro pubblico non manca mai. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem6" data-id="6" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sprechi-mance-e-regali-delle-regioni-che-tornano-al-voto-2625290225.html?rebelltitem=6#rebelltitem6" data-basename="agenzia-forestas-infornata-di-5-000-dipendenti" data-post-id="2625290225" data-published-at="1766051448" data-use-pagination="False"> Agenzia Forestas, infornata di 5.000 dipendenti Ansa Raddoppiare, o quasi, i dipendenti sottoposti a contrattazione collettiva regionale in un colpo solo non è cosa facile per nessuno. A riuscire nell'impresa è stato, a novembre il Consiglio regionale sardo, il quale ha approvato una legge che d'emblée modifica l'inquadramento degli oltre 4.000 dipendenti dell'agenzia Forestas. La legge prevede un percorso di stabilizzazione anche per altri 1.300 precari. Questi ultimi vanno ad aggiungersi alle già 6.000 risorse impiegate dalla Regione Sardegna, facendo lievitare a oltre 10.000 il numero complessivo degli stipendiati da viale Trento. Un bel colpo per gli addetti di Forestas, l'ente che a livello locale si occupa della gestione dei boschi e delle foreste sarde, e che supporta l'attività di prevenzione degli incendi a supporto del Corpo forestale regionale. Ne ha fatta di strada dal 1999 l'Ente foreste della Sardegna, ente strumentale trasformato in agenzia nel 2016 e ribattezzato per l'occasione, appunto, Forestas. D'ora in poi i suoi dipendenti godranno degli stessi diritti e del medesimo trattamento economico rispetto ai regionali. Una mossa dal sapore elettorale a una manciata di mesi dal voto, ma anche un «regalino» all'amministrazione che verrà, che si troverà a gestire un aggravio di oltre 9 milioni di euro. Cifra che va a sommarsi ai 170 milioni annui che la Regione già trasferisce all'agenzia, per complessivi 520 milioni nel bilancio di previsione 2018-2020. Serpeggia il malcontento tra gli addetti del Corpo forestale regionale (appena 1.300 unità), che gli incendi si occupano non solo di prevenirli ma anche di spegnerli. Per questi, da anni, la contrattazione è al palo e l'ingresso in massa dei nuovi «colleghi» rischia di mettere le loro istanze in secondo piano.
Il direttore di Limes, Lucio Caracciolo (Imagoeconomica)
«A tutto c’è un Limes». E i professoroni se ne sono andati sbattendo la porta, accompagnati dal generale con le stellette e dall’eco della marcetta militare mediatica tutta grancassa e tromboni, a sottolineare come fosse democratica e dixie la ritirata strategica da quel covo di «putiniani sfegatati». La vicenda con al centro la guerra in Ucraina merita un approfondimento perché è paradigmatica di una polarizzazione che non lascia scampo a chi semplicemente intende approfondire i fatti. Nell’era del pensiero igienista, ogni contatto con il nemico e ogni lettura (anche critica) dei testi che egli produce sono considerati contaminanti.
Già la narrazione lascia perplessi e l’uscita dei martiri da un consiglio scientifico che vede nelle sue file Enrico Letta, Romano Prodi, Andrea Riccardi, Angelo Panebianco, Federico Fubini (atlantisti di ferro più che compagni di merende dello zar) indebolisce le ragioni dei transfughi. Se poi si aggiunge che in cima al comitato dei saggi della rivista campeggia il nome di Rosario Aitala - il giudice della Corte penale internazionale che due anni fa firmò un mandato di cattura per Vladimir Putin - ecco che le motivazioni del commando in doppiopetto si scaricano in fretta come le batterie dell’auto full electric guidata da Ursula von der Leyen.
Eppure Federico Argentieri (studioso di affari europei), Franz Gustincich (giornalista e fotografo), Giorgio Arfaras (economista) e Vincenzo Camporini (ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica) hanno preso la porta e hanno salutato Lucio Caracciolo con parole stizzite per «incompatibilità con la linea politica». Avvertivano una «nube tossica» aleggiare su Limes. Evidentemente non sopportavano che ogni dieci analisi filo-occidentali ce ne fossero un paio dedicate alle ragioni russe. Un’accusa pretestuosa al mensile di geopolitica più importante d’Italia e a uno storico direttore che in 30 anni si è guadagnato prestigio e indipendenza pur rimanendo nell’alveo del grande fiume navigabile (e spesso limaccioso) della sinistra culturale.
«Io quelli che se ne sono andati non li ho mai visti. Chi ci accusa di essere filorusso non ha mai sfogliato la rivista», ha dichiarato il giornalista Mirko Mussetti a Radio Cusano Campus. Dietro le rumorose dimissioni ci sarebbero cause tutt’altro che culturali, forse di opportunità. Arfaras è marito della giornalista russa naturalizzata italiana Anna Zafesova, studiosa del putinismo, firma della Stampa e voce di Radio Radicale. Il generale Camporini ha solidi interessi politici: già candidato di + Europa, è passato con Carlo Calenda e ha tentato invano la scalata all’Europarlamento. Oggi è responsabile della difesa dell’eurolirica Azione. La tempistica della fibrillazione è sospetta e chiama in causa anche le strategie editoriali. Limes fa parte del gruppo Gedi messo in vendita (in blocco o come spezzatino) da John Elkann; la rivista è solida, quindi obiettivo di qualcuno che potrebbe avere interesse a destabilizzarne la catena di comando.
Ieri Caracciolo ha replicato ai transfughi sottolineando che «la notizia è largamente sopravvalutata». Lo è anche in chiave numerica, visto che i consiglieri (fra scientifici e redazionali) sono un esercito: 106, ben più dei giornalisti che lavorano. Parlando con Il Fatto Quotidiano, il direttore ha aggiunto: «Noi siamo una rivista di geopolitica. Occorre analizzare i conflitti e ascoltare tutte le voci, anche le più lontane. Non possiamo metterci da una parte contro l’altra ma essere aperti a punti di vista diversi. Pubblicare non significa condividere il punto di vista dell’uno o dell’altro».
Argentieri lo ha messo sulla graticola con un paio di motivazioni surreali: avrebbe sbagliato a prevedere l’invasione russa nel febbraio 2022 («Non la faranno mai») e continua a colorare la Crimea come territorio russo sulle mappe, firmate dalla formidabile Laura Canali. Caracciolo non si scompone: «Avevo detto che se Putin avesse invaso l’Ucraina avrebbe fatto una follia. Pensavo che non l’avrebbe fatta, ho sbagliato, mi succede. Non capisco perché a distanza di tempo questo debba provocare le dimissioni». Capitolo cartina: «Chiunque sbarchi a Sebastopoli si accorge che si trova in Russia e non in Ucraina; per dichiarazione dello stesso Zelensky gli ucraini non sono in grado di recuperare quei territori».
Gli analisti lavorano sullo stato di fatto, non sui desiderata dei «Volenterosi» guidati da Bruxelles, ai quali i media italiani hanno srotolato i tradizionali tappetini. E ancora convinti come Napoleone e Hitler che la Russia vada sconfitta sul campo. Se Limes non ha creduto che Putin si curava con il sangue di bue; che uno degli eserciti più potenti del mondo combatteva con le pale; che Mosca era ridotta a usare i microchip delle lavatrici per far volare i missili, il problema non è suo ma di chi si è appiattito sulla retorica dopo aver studiato la Storia sui «Classici Audacia» a fumetti. Nel febbraio del 2024 Limes titolava: «Stiamo perdendo la guerra». Aveva ragione, notizia ruvidamente fattuale. La disinformazione da nube tossica aleggia altrove.
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Il nuovo numero di Polizia Moderna con Annalisa Bucchieri, Cristina Di Lucente assistente Capo coordinatore. Mauro Valeri ispettore, Cristiano Morabito Sovrintendente capo tecnico coordinatore.
Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni ed Elly Schlein (Ansa)
E ieri questo enorme divario si è fatto sentire ancor più forte in Aula. Il campo largo, ormai pieno di buche e pozzanghere, si è sfasciato anche sulla politica estera. In vista del Consiglio europeo il presidente del Consiglio ha tenuto le sue comunicazioni. La maggioranza si è presentata compatta con una risoluzione unica. Le opposizioni avevano cinque testi. Più che un campo largo, un campo sparso.
Divisi su tutti i dossier internazionali. Le distanze tra M5s e Pd sono abissali. Il dato politico è lampante: Avs, Più Europa, Azione, Italia viva, Pd, M5s sono sempre più come l’armata Brancaleone. Ognun per sé, nessun per tutti.
In tema di Ucraina, Pd e M5s sono spaccati sugli aiuti a Kiev. La Schlein vuole che continuino, mentre Conte ne chiede la sospensione. E poi ancora il Pd (area riformista) spinge per l’utilizzo degli asset russi congelati (210 miliardi) in aiuto a Kiev, il M5s dice no e anzi chiede di sospendere le sanzioni contro Putin. Schlein e Conte litigano anche su Trump. Il M5s spinge per il «piano Trump» per la pace in Ucraina. La risposta di Schlein? «La pace per Kiev non sia delegata a una telefonata Trump-Putin».
Ma risultano divisi anche Avs, Italia viva e Azione. Il partito di Calenda è il più filo ucraino e chiede che Ue e Italia restino al fianco del popolo ucraino per una pace giusta. Avs si accoda al M5s e propone lo stop agli aiuti militari per Zelensky. Ogni sostegno economico, politico e militare all’Ucraina, anche con l’utilizzo degli asset russi, è invece la posizione di Più Europa, condivisa con Italia viva e Azione.
Poi il Medio Oriente. Nella risoluzione Pd c’è la richiesta di riconoscere lo Stato di Palestina e sospendere il memorandum tra Italia e Israele. M5s e Avs accusano di genocidio il governo israeliano ignorando l’antisemitismo dilagante.
Terzo tema, il piano di riarmo europeo. Il Pd dice no al potenziamento degli eserciti nazionali e sì al piano della difesa comune europea. Avs e M5s bocciano la difesa comune europea. Italia viva e Azione appoggiano la linea europea sul riarmo.
Infine, che il campo largo sia solo un’illusione lo dimostra anche il caso di Alessandra Moretti finita nell’inchiesta Qatargate. Il Parlamento europeo vota a favore della revoca dell’immunità all’europarlamentare del Pd. Grazie al M5s che dà in pasto la compagna dem al temutissimo sistema giudiziario belga.
L’alleanza tra Pd e M5s è un vero bluff e l’intervento di Giuseppe Conte ad Atreju lo ha sottoscritto. «Non siamo alleati con nessuno». Tradotto: capotavola è dove mi siedo io. Altro che campo largo, abbiamo capito che lui giocherà da solo. E lo stesso farà la Schlein. Ad Atreju, come anche ieri in aula, Conte si è ripreso la scena. Ha lanciato la sfida al Pd ormai malconcio, privo di una direzione politica e incapace di imporsi come baricentro dell’opposizione.
Ieri abbiamo definitivamente capito che il campo largo non esiste. Conte non ci sta ad essere comandato da una segretaria del Pd ancora politicamente acerba, comunicativamente incapace e schiacciata dalle correnti del suo stesso partito. I sondaggi dicono che perfino molti elettori del Pd lo preferirebbero come candidato premier e lui ci crede. Il campo largo per lui è una gabbia dalla quale uscire.
Anche se in maniera piuttosto discutibile, è comunque stato per due volte premier. E tanto gli basta per sentirsi ancora il leader. In politica estera parte molto avvantaggiato rispetto alla Schlein che non conosce nessuno. Ha già un rapporto privilegiato con l’amministrazione Trump e con le cancellerie europee, che la Schlein isolazionista non sa neppure dove si trovino.
La realtà racconta di un centrodestra compatto e di una sinistra che si logora giorno dopo giorno in una guerra intestina per la leadership dell’opposizione. Una sinistra che si interroga su chi comandi, con «alleati» che si smentiscono continuamente. Nel centrodestra è tutto chiaro, da sempre: se si vince, il leader del partito che prende più voti fa il premier. Nel centrosinistra, invece, è un caos, come al solito.
Tutti balleranno da soli, come stanno già facendo, un valzer che ricorda l’ultimo ballo sul Titanic.
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Con Elena Tessari, grande "donna del vino", raccontiamo una storia di eccellenza italiana. Con qualche consiglio per il Natale che arriva.