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2018-11-07
Dalle Filippine a Genova: esposto contro Grimaldi
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Il sindacato dei marittimi Federmar-Cisal chiede chiarezza sulle eventuali responsabilità nel traffico di lavoratori filippini trattati alla stregua di schiavi di due gruppi di armatori napoletani. Si tratterebbe di Grimaldi e Giuseppe Bottiglieri shipping. Tutto nasce il 23 settembre 2018, quando la Philippines news agency, organo del governo di Manila, ha dato notizia di un'indagine avviata dalla National bureau investigation, e ancora oggi in corso, relativa alle modalità illegali di reclutamento dei lavoratori del settore marittimo operate da alcune agenzie filippine. In particolare, dall'indagine filippina è emerso il collegamento tra tali agenzie di reclutamento situate nel Paese e alcune compagnie marittime italiane ovvero Grimaldi group e Giuseppe Bottiglieri company s.p.a., entrambe con sede legale a Napoli. L'indagine riguarda alcune società filippine di manning, ovvero specializzate nel reclutamento di personale marittimo, ma prive di autorizzazioni e quindi impegnate a tutti gli effetti in un vero e proprio traffico di lavoratori marittimi trattati ai limiti dello schiavismo.
Alessandro Pico, segretario generale di Federmar-Cisal, il sindacato che sulle navi che battono bandiera italiana è riferimento per oltre il 38% dei lavoratori, ha presentato un esposto alla Procura di Genova chiedendo che sia fatta chiarezza e siano svolti accertamenti approfonditi sull'utilizzo di marittimi extracomunitari sottopagati e sfruttati a bordo di navi battenti bandiera italiana e sia accertata quindi l'eventuale responsabilità in particolare di due gruppi armatoriali le cui navi battono bandiera italiana.
Inoltre, si legge nella nota diffusa dal sindacato, «Federmar-Cisal chiede alla magistratura inquirente italiana di fare luce sulle connessioni fra queste agenzie di manning e altre localizzate a Montecarlo e a Malta, nonché sul fatto che proprio il responsabile dell'agenzia Monegasca citata nel rapporto del governo di Manila (Marcello Pica, ndr) sia stato ufficialmente nominato Marine Hr director di quel gruppo Grimaldi che nell'inchiesta riportata sul sito del governo filippino viene indicato come ispiratore di queste attività di reclutamento illegale di marittimi extra comunitari». Nell'esposto si fa anche cenno alle condizioni di reclutamento degli equipaggi comunitari in genere, citando anche il caso dell'equipaggio bulgaro impegnato su una nave Grimaldi sulle rotte nazionali fra Genova e la Sardegna.
Quanto il sindacato chiede venga chiarito riguarda l'arruolamento da parte di alcuni armatori di lavoratori marittimi privi di qualsiasi titolo e certificazione di sicurezza per operare in tale settore con ogni probabilità anche con una retribuzione decisamente inferiore rispetto alle previsioni di legge e del contratto collettivo. Addirittura, si legge nell'esposto, «vi è il sospetto che tali lavoratori, dopo essere stati reclutati ed imbarcati sulle navi di tali compagnie, siano costretti a sostenere orari di lavoro devastanti (circa 18 ore al giorno) e oltretutto a restituire alle agenzie di manning una parte della loro retribuzione».
Pico aveva annunciato l'esposto già in un'intervista di un mese fa alla Verità. In quell'occasione aveva parlato di un gioco «che già conosciamo: cioè che questi lavoratori vengono assunti con busta paga apparentemente regolare ma che poi, per tenersi il posto, siano costretti a restituire a chi gli procura il lavoro una parte del denaro». Si tratta, spiegava ancora Pico, di una patria che colpisce molti settori in Italia, e soprattutto i lavoratori stranieri che provengono da Paesi poveri, che sono sono «più esposti, perché più ricattabili».
Grecia e Francia tutelano i marittimi locali
Ad agosto Vincenzo Onorato, presidente del gruppo Onorato armatori (che raggruppa Moby, Tirrenia e Toremar), varando nei cantieri tedeschi Flensburger la nuova nave ro-ro Maria Grazia Onorato (così chiamata in onore della madre), lanciava l'allarme: «Abbiamo 60.000 marittimi italiani che sono a terra, disoccupati. Questa è la nostra battaglia». Già, perché quella non era solo la più grande ro-ro del Mediterraneo, ma era anche il suo «manifesto politico», usando le sue parole. La nuova nave porta sulla fiancata la scritta «Onorato per i marittimi italiani», una politica che, assicurava l'armatore, «si tocca con mano, sono 35.000 tonnellate di acciaio che scendono in acqua».
Durante la cerimonia in cantiere era intervenuto anche Stefano Messina, presidente dell'associazione Assarmatori (a cui aderiscono le compagnie del gruppo Onorato), che ha esortato il sistema Paese a supportare le aziende dello shipping e tutto il loro indotto, guardando all'intera filiera, dalla cantieristica fino al mondo della finanza.
A oggi tuttavia, nulla sembra muoversi per far fronte a questa problematica. E pensare che basterebbe prendere ispirazione da quanto fatto da due Paesi a noi vicini e affini: Francia e Grecia. A citare due virtuosi esempi è l'associazione Salviamo il futuro, un centro studi fortemente voluto proprio da Onorato. Il gruppo denuncia l'immobilismo di istituzioni italiane e organismi preposti al controllo, che continuano a chiudere forse entrambi gli occhi sugli abusi commessi da armatori italiani che anche sulle rotte nazionali, mascherate da rotte internazionali, utilizzano marittimi extra comunitari con salari da schiavitù. Paesi con forti tradizioni marittime hanno deciso di cambiare rotta. Certo, Francia e Grecia non devono affrontare, come accade all'Italia, una vera e propria emergenza nazionale sul fronte della disoccupazione marittima, si legge in una nota di Salviamo il futuro. Ma i governi di Parigi e Atene hanno deciso di intervenire con una riforma legislativa e con misure amministrative di totale protezione dei lavoratori nazionali e comunitari.
A fine agosto al Senato francese è stata depositata la proposta di legge di riforma delle norme sul Registro internazionale marittimo francese che prevede anche per i traffici internazionali una valutazione puntuale delle percentuale di extracomunitari autorizzati in funzione delle indicazioni che arriveranno dall'Agenzia nazionale per l'impiego. Un esempio: aumentano i disoccupati tra i marittimi francesi, di conseguenza la percentuale di extracomunitari autorizzata sarà oggetto di un drastico ridimensionamento. Inoltre, il Senato francese potrebbe fissare procedure molto restrittive di controllo sui requisiti e le certificazioni professionali dei marittimi extracomunitari imbarcati su navi francesi e che una quota del risparmio (in tasse e oneri previdenziali) di cui gli armatori francesi iscritti al Registro internazionale beneficiano dovrà essere devoluta a favore della cassa di previdenza e pensione dei marittimi francesi.
L'altro caso virtuoso è quello della Grecia, dove il sindacato ha addirittura creato una banca dati dell'impiego nel settore marittimo. In terra ellenica il numero di marittimi nazionali con impiego a bordo di navi mercantili comunque riconducibili a interessi greci ha raggiunto nel 2017 quota 15.968 in crescita del 12% rispetto all'anno precedente e ai livelli più alti dal 2000 a oggi. Si tratta, secondo i dati forniti dell'istituto nazionale di statistica, di un'inversione di tendenza rispetto ai decenni precedenti. Il cambio di rotta si è verificato nel 2016 per effetto di una legge che prescrive con precisione la percentuale di marittimi greci che devono essere imbarcati sulle navi greche e di una serie di circolari amministrative finalizzate, per esempio nel caso dei cadetti, a rendere conveniente l'imbarco di personale di nazionalità greca. Una legge che, tra le altre cose, prevede anche che solo marittimi comunitari (greci) possano operare a bordo di navi impegnate in servizi passeggeri per le isole e che lo stesso valga per i servizi di rimorchio nei porti greci.
I nostri partner-rivali che affacciano sul Mediterraneo e che non vivono una crisi del settore si sono mossi. L'Italia, che invece la crisi la vive, rimarrà immobile ancora per molto?
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Il sindacato dei marittimi chiede alla magistratura inquirente italiana di fare luce sulle connessioni fra le agenzie di manning filippine specializzate nel reclutamento di personale e le altre localizzate a Montecarlo e Malta dopo un'inchiesta dei pm locali.Sul fronte della lotta alla disoccupazione marittima gli esempi virtuosi di Francia e Grecia: i governi di Parigi e Atene hanno deciso infatti di intervenire con una riforma legislativa e con misure amministrative di totale protezione dei lavoratori nazionali e comunitari.Lo speciale contiene due articoli.Il sindacato dei marittimi Federmar-Cisal chiede chiarezza sulle eventuali responsabilità nel traffico di lavoratori filippini trattati alla stregua di schiavi di due gruppi di armatori napoletani. Si tratterebbe di Grimaldi e Giuseppe Bottiglieri shipping. Tutto nasce il 23 settembre 2018, quando la Philippines news agency, organo del governo di Manila, ha dato notizia di un'indagine avviata dalla National bureau investigation, e ancora oggi in corso, relativa alle modalità illegali di reclutamento dei lavoratori del settore marittimo operate da alcune agenzie filippine. In particolare, dall'indagine filippina è emerso il collegamento tra tali agenzie di reclutamento situate nel Paese e alcune compagnie marittime italiane ovvero Grimaldi group e Giuseppe Bottiglieri company s.p.a., entrambe con sede legale a Napoli. L'indagine riguarda alcune società filippine di manning, ovvero specializzate nel reclutamento di personale marittimo, ma prive di autorizzazioni e quindi impegnate a tutti gli effetti in un vero e proprio traffico di lavoratori marittimi trattati ai limiti dello schiavismo.Alessandro Pico, segretario generale di Federmar-Cisal, il sindacato che sulle navi che battono bandiera italiana è riferimento per oltre il 38% dei lavoratori, ha presentato un esposto alla Procura di Genova chiedendo che sia fatta chiarezza e siano svolti accertamenti approfonditi sull'utilizzo di marittimi extracomunitari sottopagati e sfruttati a bordo di navi battenti bandiera italiana e sia accertata quindi l'eventuale responsabilità in particolare di due gruppi armatoriali le cui navi battono bandiera italiana.Inoltre, si legge nella nota diffusa dal sindacato, «Federmar-Cisal chiede alla magistratura inquirente italiana di fare luce sulle connessioni fra queste agenzie di manning e altre localizzate a Montecarlo e a Malta, nonché sul fatto che proprio il responsabile dell'agenzia Monegasca citata nel rapporto del governo di Manila (Marcello Pica, ndr) sia stato ufficialmente nominato Marine Hr director di quel gruppo Grimaldi che nell'inchiesta riportata sul sito del governo filippino viene indicato come ispiratore di queste attività di reclutamento illegale di marittimi extra comunitari». Nell'esposto si fa anche cenno alle condizioni di reclutamento degli equipaggi comunitari in genere, citando anche il caso dell'equipaggio bulgaro impegnato su una nave Grimaldi sulle rotte nazionali fra Genova e la Sardegna.Quanto il sindacato chiede venga chiarito riguarda l'arruolamento da parte di alcuni armatori di lavoratori marittimi privi di qualsiasi titolo e certificazione di sicurezza per operare in tale settore con ogni probabilità anche con una retribuzione decisamente inferiore rispetto alle previsioni di legge e del contratto collettivo. Addirittura, si legge nell'esposto, «vi è il sospetto che tali lavoratori, dopo essere stati reclutati ed imbarcati sulle navi di tali compagnie, siano costretti a sostenere orari di lavoro devastanti (circa 18 ore al giorno) e oltretutto a restituire alle agenzie di manning una parte della loro retribuzione».Pico aveva annunciato l'esposto già in un'intervista di un mese fa alla Verità. In quell'occasione aveva parlato di un gioco «che già conosciamo: cioè che questi lavoratori vengono assunti con busta paga apparentemente regolare ma che poi, per tenersi il posto, siano costretti a restituire a chi gli procura il lavoro una parte del denaro». Si tratta, spiegava ancora Pico, di una patria che colpisce molti settori in Italia, e soprattutto i lavoratori stranieri che provengono da Paesi poveri, che sono sono «più esposti, perché più ricattabili».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-marittimi-2618541612.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="grecia-e-francia-tutelano-i-marittimi-locali" data-post-id="2618541612" data-published-at="1766661713" data-use-pagination="False"> Grecia e Francia tutelano i marittimi locali Ad agosto Vincenzo Onorato, presidente del gruppo Onorato armatori (che raggruppa Moby, Tirrenia e Toremar), varando nei cantieri tedeschi Flensburger la nuova nave ro-ro Maria Grazia Onorato (così chiamata in onore della madre), lanciava l'allarme: «Abbiamo 60.000 marittimi italiani che sono a terra, disoccupati. Questa è la nostra battaglia». Già, perché quella non era solo la più grande ro-ro del Mediterraneo, ma era anche il suo «manifesto politico», usando le sue parole. La nuova nave porta sulla fiancata la scritta «Onorato per i marittimi italiani», una politica che, assicurava l'armatore, «si tocca con mano, sono 35.000 tonnellate di acciaio che scendono in acqua».Durante la cerimonia in cantiere era intervenuto anche Stefano Messina, presidente dell'associazione Assarmatori (a cui aderiscono le compagnie del gruppo Onorato), che ha esortato il sistema Paese a supportare le aziende dello shipping e tutto il loro indotto, guardando all'intera filiera, dalla cantieristica fino al mondo della finanza.A oggi tuttavia, nulla sembra muoversi per far fronte a questa problematica. E pensare che basterebbe prendere ispirazione da quanto fatto da due Paesi a noi vicini e affini: Francia e Grecia. A citare due virtuosi esempi è l'associazione Salviamo il futuro, un centro studi fortemente voluto proprio da Onorato. Il gruppo denuncia l'immobilismo di istituzioni italiane e organismi preposti al controllo, che continuano a chiudere forse entrambi gli occhi sugli abusi commessi da armatori italiani che anche sulle rotte nazionali, mascherate da rotte internazionali, utilizzano marittimi extra comunitari con salari da schiavitù. Paesi con forti tradizioni marittime hanno deciso di cambiare rotta. Certo, Francia e Grecia non devono affrontare, come accade all'Italia, una vera e propria emergenza nazionale sul fronte della disoccupazione marittima, si legge in una nota di Salviamo il futuro. Ma i governi di Parigi e Atene hanno deciso di intervenire con una riforma legislativa e con misure amministrative di totale protezione dei lavoratori nazionali e comunitari.A fine agosto al Senato francese è stata depositata la proposta di legge di riforma delle norme sul Registro internazionale marittimo francese che prevede anche per i traffici internazionali una valutazione puntuale delle percentuale di extracomunitari autorizzati in funzione delle indicazioni che arriveranno dall'Agenzia nazionale per l'impiego. Un esempio: aumentano i disoccupati tra i marittimi francesi, di conseguenza la percentuale di extracomunitari autorizzata sarà oggetto di un drastico ridimensionamento. Inoltre, il Senato francese potrebbe fissare procedure molto restrittive di controllo sui requisiti e le certificazioni professionali dei marittimi extracomunitari imbarcati su navi francesi e che una quota del risparmio (in tasse e oneri previdenziali) di cui gli armatori francesi iscritti al Registro internazionale beneficiano dovrà essere devoluta a favore della cassa di previdenza e pensione dei marittimi francesi.L'altro caso virtuoso è quello della Grecia, dove il sindacato ha addirittura creato una banca dati dell'impiego nel settore marittimo. In terra ellenica il numero di marittimi nazionali con impiego a bordo di navi mercantili comunque riconducibili a interessi greci ha raggiunto nel 2017 quota 15.968 in crescita del 12% rispetto all'anno precedente e ai livelli più alti dal 2000 a oggi. Si tratta, secondo i dati forniti dell'istituto nazionale di statistica, di un'inversione di tendenza rispetto ai decenni precedenti. Il cambio di rotta si è verificato nel 2016 per effetto di una legge che prescrive con precisione la percentuale di marittimi greci che devono essere imbarcati sulle navi greche e di una serie di circolari amministrative finalizzate, per esempio nel caso dei cadetti, a rendere conveniente l'imbarco di personale di nazionalità greca. Una legge che, tra le altre cose, prevede anche che solo marittimi comunitari (greci) possano operare a bordo di navi impegnate in servizi passeggeri per le isole e che lo stesso valga per i servizi di rimorchio nei porti greci.I nostri partner-rivali che affacciano sul Mediterraneo e che non vivono una crisi del settore si sono mossi. L'Italia, che invece la crisi la vive, rimarrà immobile ancora per molto?
I computer che guidano i mezzi non sono più stati in grado di calcolare come muoversi anche perché i sensori di bordo leggono lo stato dei semafori e questi erano spenti. Dunque Waymo in sé non ha alcuna colpa, e soltanto domenica pomeriggio è stato ripristinato il servizio. Dunque questa volta non c’è un problema di sicurezza per gli occupanti e neppure un pericolo per chi si trova a guidare, piuttosto, invece, c’è la dimostrazione che le nuove tecnologie sono terribilmente dipendenti da altre: in questo caso il rilevamento delle luci dei semafori, indispensabili per affrontare gli incroci e le svolte. Qui si rivela la differenza tra l’umano che conduce la meccanica e l’intelligenza artificiale: innanzi a un imprevisto, seppure con tutti i suoi limiti e difetti, un essere umano avrebbe improvvisato e tentato una soluzione, mentre la macchina (fortunatamente) ha obbedito alle leggi di controllo. Il problema non ha coinvolto i robotaxi Tesla, che invece agiscono con sistemi differenti, più simili ai ragionamenti umani, ovvero sono più indipendenti dalle infrastrutture della circolazione. Naturalmente Waymo può trarre da questo evento diverse considerazioni. La prima riguarda l’effettiva dipendenza del sistema di guida dalle infrastrutture esterne; la seconda è la valutazione di come i mezzi automatizzati hanno reagito alla mancanza di informazioni. Infine, come sarà possibile modificare i software di controllo affinché, qualora capiti un nuovo incidente tecnico, le auto possano completare in sicurezza il servizio. Dall’esterno della vicenda è invece possibile valutare anche altro: le tecnologie digitali applicate alle dinamiche automobilistiche non sono ancora sufficientemente autonome. Sia chiaro, lo stesso vale per navi e aeroplani, ma mentre per questi ultimi gli algoritmi dei droni stanno già portando a una ricaduta di tecnologia che viene trasferita ai velivoli pilotati, nel campo automobilistico c’è ancora molto lavoro da fare. Proprio ieri, sempre negli Usa, il pilota di un velivolo King Air da nove posti è stato colpito da un malore. La chiamano “pilot incapacitation” e a bordo non c’era nessun altro che potesse prendere il controllo e atterrare. Ed è qui che la tecnologia ha salvato aeroplano e occupanti: il passeggero che sedeva accanto all’uomo ha premuto il tasto del sistema “Autoland”, l’autopilota ha scelto la pista idonea per lunghezza più vicina alla posizione dell’aereo e alla rotta percorsa, ha avvertito il centro di controllo e anche messo il passeggero nelle condizioni di dichiarare la necessità di un’ambulanza sul posto. L’alternativa sarebbe stato un disastro aereo con diverse vittime. La notizia potrebbe sembrare senza alcuna correlazione con quanto accaduto a San Francisco, ma così non è: il produttore del sistema di navigazione dell’aeroplano è Garmin, ovvero il medesimo che fornisce navigatori al settore automotive. E che prima o poi vedremo fornire uno dei suoi prodotti a qualche costruttore di automobili.
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Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.