2025-08-28
Sorrentino ha riportato la morte a Venezia
«La grazia» di Paolo Sorrentino
«La grazia» è la nuova, bella pellicola del premio Oscar presentata alla Mostra del cinema: mette in scena un presidente della Repubblica democristiano e vedovo, riconducibile a Mattarella, che deve decidere se firmare una legge sull’eutanasia.di Maurizio Caverzan da VeneziaLa grazia è un film toccato dalla grazia. Uscito come una fucilata dalla testa e dalla penna di Paolo Sorrentino. Un film che sa divertire e anche commuovere, inaspettatamente. Un film con personaggi ad alta definizione e dialoghi di elevata densità. Un film con momenti strazianti e struggenti. E con scene memorabili come la rovinosa caduta del vecchio presidente del Portogallo investito da un diluvio nel cortile del Quirinale durante la visita al suo omologo italiano. Certo, non è un film perfetto, con qualche eccesso, qualche passaggio pleonastico e qualche inevitabile ridondanza recitativa. Per esempio, in Toni Servillo che interpreta un presidente della Repubblica tra Sergio Mattarella e Giorgio Napolitano. E che, non a caso, in conferenza stampa sottolinea «l’importanza di un rilancio narrativo, il regalo di un personaggio totalmente nuovo, che ci ha evitato di adagiarci sul già fatto». Un film, infine, e questo è forse il suo pregio maggiore, che riesce a trattare in modo leggero un tema pesante come l’eutanasia, sul quale è difficile procedere per certezze assolute, tanto più per un artista come Sorrentino.Mariano De Santis è un grande giurista ed ex magistrato, autore di un codice di procedura penale di 2.046 pagine, divenuto presidente della Repubblica. È un uomo ancora innamorato della moglie Aurora, morta alla vigilia dell’elezione e, ora che sta per iniziare il semestre bianco durante il quale i suoi poteri si riducono, la nostalgia di lei non gli dà tregua in un Quirinale sempre più «luogo di solitudine». Una solitudine acuita dal tradimento di 40 anni addietro, con chi egli non ha mai saputo. Dopo di allora, anche se marito e moglie hanno continuato ad amarsi, De Santis è rimasto fermo a quel tradimento. Così, ora lo vediamo avvolto nelle sue malinconie e nell’indecisionismo dal quale tenta di smuoverlo la figlia Dorotea, una bravissima Anna Ferzetti, anche lei raffinata giurista. Le responsabilità incombono, soprattutto De Santis è invitato a firmare la legge sull’eutanasia. Per la quale, da Presidente democratico cristiano, non può non confrontarsi con il Papa; un Papa nero con lunghi rasta grigi, raccolti in una coda di cavallo, interpretato da Rufin Don Zeyenouin, che, dopo aver detto che le domande contano più delle risposte, come un contraddittorio Bergoglio, lo esorta a non firmare la legge. «Non sei mai stato capace di leggerezza», lo rimprovera la vulcanica amica storica (una formidabile Milvia Marigliano) confermando il soprannome di «cemento armato» che si porta dietro. «Sono l’uomo più noioso che conosco», dice lui di sé stesso. Tutto il colore e l’estrosità della vita erano nella moglie che non c’è più. Fortunatamente, la figlia gli impedisce di perdersi nelle malinconie e lo incalza con i faldoni delle istanze di grazia. Quella di una donna che ha ucciso il marito violento e torturatore («era un malato psichico terminale, l’ho liberato dalla sua schiavitù, la mia è stata una forma di eutanasia»), e quella presentata dai cittadini di Moncalieri per un professore amato dai suoi alunni che ha ucciso la moglie malata di Alzheimer. E soprattutto con il testo sull’eutanasia di fronte al quale è come paralizzato. «La domanda finale è solo una», stringe Dorotea, «di chi sono i nostri giorni?».«Mi sono ispirato al Decalogo di Krzysztof Kiesloski, un autore che procede per dilemmi morali», spiega il regista nell’affollata conferenza stampa. «Lo spunto mi è venuto dalla cronaca quando ho saputo che Sergio Mattarella aveva concesso la grazia a un uomo che aveva ucciso la moglie malata di Alzheimer. I dilemmi morali sono un ottimo motore narrativo. Da lì, mi sono soffermato sul presidente della Repubblica e sul suo potere di concedere la grazia. Che, oltre a essere uno strumento giuridico, può essere anche un atteggiamento verso il mondo e la vita. Ho immaginato questo Presidente come una persona innamorata della moglie, ma poi anche della figlia e del diritto. Penso che la costante ricerca delle certezze porti a frequentare il dubbio come, secondo me, dovrebbero fare i politici fino a trasformarlo in una decisione etica e responsabile». Neanche Sorrentino, però, ha certezze granitiche: «La riflessione sull’eutanasia non è un’alternativa tra il bene e il male, ma più spesso è una domanda su quale sia il male minore. Tra la domanda semplice su di chi sono i nostri giorni e la risposta altrettanto semplice che dice che sono nostri, c’è il muro della vita».Altro tema classico del cinema sorrentiniano, anche quest’opera si sofferma sullo scorrere del tempo e la trasmissione di valori tra generazioni. Fino a un certo punto della vita sono i genitori a insegnare, ma poi tocca ai figli condurre i genitori, riflette De Santis quando scioglie i dubbi sul testo della controversa legge: «I nostri giorni sono nostri». Insomma, il protagonista è un Mattarella che alla fine si avvicina molto a Napolitano, come confermerebbero le sue origini partenopee? Servillo: «Non c’è il riferimento a un unico personaggio che ha ricoperto il ruolo di Capo dello Stato. Abbiamo avuto innumerevoli presidenti democristiani, innumerevoli presidenti vedovi, innumerevoli presidenti uomini di legge, innumerevoli presidenti con una sola figlia e, infine, innumerevoli presidenti napoletani». Già. Ma un presidente democristiano sa che i nostri giorni non sono nostri perché non veniamo al mondo per nostro volere, ma ci troviamo fatti.Alla fine, il produttore di Freemantle, Andrea Scrosati, regala una notizia: «Sorrentino mi ha fatto leggere questa sceneggiatura quattro anni fa, ma poi ha voluto realizzare Parthenope. Ora quello che ho visto sullo schermo è ancora meglio di quella sceneggiatura». Quando arriverà nelle sale, il 15 gennaio, il film potrebbe alimentare il dibattito sull’eutanasia? «Me lo auspico, ma non so se il cinema abbia ancora questo potere», ammette il regista. Di sicuro, quella data lo escluderebbe dalla corsa agli Oscar. Ma forse la conquista di un grande premio alla Mostra potrebbe suggerire di anticiparne l’uscita.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.