2024-02-14
Il somalo violentatore è libero perché per la pm non è pericoloso
Molestare una ragazza e picchiarne un’altra non basta. A Bologna un magistrato (per di più donna) scarcera lo straniero, che ora circola indisturbato. Difficile così spezzare il legame tra la clandestinità e la delinquenza.Sentite questa storia che ha dell’incredibile. La settimana scorsa un giovane straniero somalo viene arrestato per violenza sessuale dalla polizia. Si fa una piccola gita nel carcere della Dozza di Bologna, viene scarcerato, viene trasferito a Milano dove viene messo in un Centro per il rimpatrio, ed ora è a piede libero perché il giudice ritiene che non ci siano le condizioni per tenerlo nel Centro. Come si dice in alcune pubblicità e al circo dopo qualche esibizione: incredibile ma vero. Questo giovane somalo, in una stradina di Bologna, non avendo di meglio da fare, facendo abitualmente un cazzo, ma pur spinto dalle pulsioni sessuali e animali presenti nell’uomo, aggredisce una giovane, inizia a violentarla e viene interrotto solo grazie all’intervento di un’altra ragazza che, udite le urla, mette in fuga il ventenne somalo prendendosi anche un bel calcio. Sia l’aggredita che l’altra lo indicano tempestivamente ai poliziotti e viene riconosciuto, senza dubbio, innanzi ai poliziotti stessi e alla magistratura. La pm titolare del caso, Michela Guidi, aveva, come detto sopra, disposto l’immediata scarcerazione in base all’art. 121 in quanto gli agenti erano arrivati nel luogo della violenza sessuale dopo l’aggressione, quando il giovane ventenne si era allontanato. Giovane, lo ricordiamo, richiedente asilo. Ora, la questione è la seguente: nonostante i vigili non lo abbiano beccato in flagranza di reato, c’è l’aggredita che lo ha immediatamente riconosciuto e, come se non bastasse, c’è anche l’amica, che l’ha soccorsa prendendosi una scarica di botte, che ha immediatamente riconosciuto l’aggressore. Cosa fa pensare che questo aggressore non sia caratterizzato da un certo e inoppugnabile grado di pericolosità sociale? A piede libero, senza alcun controllo, un vagabondo che vive di espedienti, non può – come è scritto nel Codice Penale – essere recidivo? In base all’art. 202 del Codice Penale «le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto previsto dalla legge come reato». Forse che la violenza sessuale e il tentato stupro non sono reati previsti dalla legge? Non solo sono previsti dalla legge ma, ormai, nel vissuto della stragrande maggioranza degli italiani, sono reati sempre più presenti, sempre più pericolosi, che fanno vivere le persone in una situazione di paura permanente. La giustizia e il diritto non si reggono sui sentimenti popolari ma non possono non tenere conto dell’evoluzione dei reati e dei loro influssi sulla società. Sarebbe fare giustizia in astratto e questo è quello che a noi sembra essere accaduto a Bologna e a Milano. A nostro avviso, se la pericolosità sociale attuale del soggetto è infatti un requisito imprescindibile al fine di applicare qualsiasi misura di sicurezza, questo signore oggi dovrebbe essere nelle carceri bolognesi. Ma non finisce qui purtroppo. Dopo la scarcerazione, il questore di Bologna Antonio Sbordone, aveva disposto lo spostamento del giovane straniero in un Cpr dove sarebbe rimasto fino alla valutazione della sua richiesta di asilo. Ed ecco il punto. Per poter entrare nel Cpr il Tribunale di Milano avrebbe dovuto accertare la pericolosità sociale del somalo ma, poiché la pm bolognese lo aveva scarcerato – hanno pensato a Milano – evidentemente non ci deve essere pericolosità sociale, altrimenti lo avrebbero trattenuto nelle patrie galere, dove gli auguriamo con tutto il cuore di finire al più presto possibile. Descrivendo questi fatti viene lo scoraggiamento, la sfiducia, l’abbandono della speranza che di questo legame tra immigrazione incontrollata e violenza se ne possa in qualche modo venire a capo.Una cosa è certa, la vittima non può sfuggire all’essere vittima, il delinquente può sfuggire all’essere delinquente. Qualcosa che fa schifo e ribrezzo. Perché qualcuno non si prende la cura di andare a dire a questa povera ragazza e magari ai genitori che non si sa se il somalo sia socialmente pericoloso? Cosa avrebbe dovuto fare per essere dichiarato socialmente pericoloso? Uccidere? Portare fino alle estreme conseguenze la violenza sessuale? Tentare la violenza sessuale anche sull’amica della ragazza che l’ha subita? Grida vendetta al cospetto dei diritti che questo signore abbia la possibilità di circolare per le vie, nelle piazze, nei luoghi pubblici dove circolano le persone per bene. Lo ripeto: fa schifo e ribrezzo.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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