
In cdm il nuovo accordo fra Invitalia e Arcelor. Investimenti anche per progetti di sviluppo come i parchi eolici. Torna lo scudo penale. I 680 milioni del prestito potranno essere usati per aumenti di capitale. Sì alla modifica di partecipazione azionaria e governance.Nuovo accordo tra gli azionisti di Acciaierie d’Italia, ArcelorMittal e Invitalia per il rilancio dell’ex Ilva di Taranto e conseguenti garanzie occupazionali. Lo ha annunciato ieri sera il ministro delle Imprese e made in Italy Adolfo Urso al termine del cdm che ha approvato il decreto con «misure urgenti per gli impianti di interesse strategico nazionale», tra cui l’ex Ilva di Taranto. L’accordo prevede l’impegno dei soci per il rilancio del sito produttivo e conseguenti garanzie occupazionali fissando dei target di produzione superiori a quelli conseguiti da Adi nell’ultimo biennio; la riconversione industriale per un impianto green e risanamento ambientale con il completamento dell’Autorizzazione integrata ambientale nei tempi previsti; investimenti legati allo sviluppo industriale e al Polo di Taranto, come l’attivazione dei campi eolici «floating», oltre a iniziative di economia circolare tramite il recupero dei sottoprodotti (cementificio), attivazione di impianti di desalinizzazione tramite il recupero delle acque dolci dei fiumi Tara e Sinni, e infine lo sviluppo del porto tramite un impianto di degassificazione Fsru galleggiante.Per realizzare questi obiettivi le parti hanno deciso di modificare i patti parasociali cambiando alcuni aspetti cruciali come la partecipazione azionaria e la futura governance e «determinando gli impegni finanziari dei soci, con rispettivi impegni proporzionali alla quota azionaria». Urso ha inoltre annunciato che il Mimit ha convocato il tavolo ex Ilva per il prossimo 19 gennaio con la partecipazione di forze sociali, sindacati e associazioni produttive, rappresentanti degli enti locali, azionisti pubblici e privati in cui l’azienda illustrerà i piani di sviluppo e gli impegni industriali e occupazionali.Quanto al decreto approvato ieri, è composto da 10 articoli e prevede che i 680 milioni, già stanziati a favore di Acciaierie d’Italia (dove il privato Arcelor Mittal è in maggioranza e la società pubblica Invitalia in minoranza) possano essere utilizzati fin d’ora quale finanziamento soci convertibile in futuro aumento di capitale. A essi si sommano il miliardo stanziato dal dl Aiuti bis e le risorse previste per il Dri e il Just transition fund. Il decreto prevede, inoltre, modifiche alla normativa per l’attivazione delle procedure per l’amministrazione straordinaria in caso di insolvenza della società e ulteriori norme «tese a scoraggiare comportamenti dilatori nelle procedure di amministrazione straordinaria legando i compensi dei commissari straordinari ai risultati e alla durata della procedura stessa e ponendo un tetto massimo ai compensi degli amministratori giudiziari». È stato infine inserito nel dl una sorta di scudo penale «per assicurare la continuità produttiva delle imprese di interesse strategico nazionale intervenendo sulla disciplina dei sequestri e su quella in materia di responsabilità penale per tutti gli stabilimenti di interesse nazionale». Nel frattempo, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha iniziato da settimane a tuonare contro Mittal - e dunque a remare contro la soluzione governativa - trascinandosi dietro i sindacati pur di non perdere la presa sul caso Ilva. Per l’11 gennaio, che sarà anche una giornata di sciopero, è prevista una manifestazione a Roma, nelle vicinanze di Palazzo Chigi. La data è stata decisa ieri dai sindacati Fiom Cgil, Uilm e Usb, dopo un’assemblea tenuta nella sede della Provincia con le istituzioni locali. Erano presenti tra gli altri il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e il governatore Emiliano, collegato in videoconferenza. Quest’ultimo ieri in assemblea è tornato alla carica sottolineando che «mentre in Italia viene supportata dal governo in una maniera direi quasi inaccettabile, Arcelor Mittal negli altri Paesi non gode certo dello stesso sostegno». Emiliano ha poi evidenziato che nell’ultimo incontro col ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha ribadito «che l’unica condizione per dare altri soldi all’Ilva, era quella di riprendere la gestione della fabbrica: cioè sostituire l’attuale management con altri che dessero maggiore affidamento sotto l’aspetto della competitività della fabbrica e della sua innovazione tecnologica. Il ministro Urso mi ha assicurato che avrebbero utilizzato il miliardo da versare ad Arcelor Mittal in conto capitale, aumentando la partecipazione del governo nel capitale della società e per conseguenza avrebbero valutato l’ipotesi della nomina di un nuovo management. Non ho motivo di credere che abbia cambiato idea e non mi ha informato di aver cambiato idea. Però, non ho avuto altre informazioni». Poi Emiliano ha aggiunto: «Io sono qui per supportare il sindacato. Ho sempre tenuto posizioni legate al sindacato». Vedremo se dopo la svolta di ieri in cdm l’atteggiamento cambierà o se la protesta dell’11 gennaio verrà confermata.
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Oggi, a partire dalle 10.30, l’hotel Gallia di Milano ospiterà l’evento organizzato da La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Una giornata di confronto che si potrà seguire anche in diretta streaming sul sito e sui canali social del giornale.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Il conservatore americano era aperto al dialogo con i progressisti, anche se sapeva che «per quelli come noi non ci sono spazi sicuri». La sua condanna a morte: si batteva contro ideologia woke, politicamente corretto, aborto e follie del gender.