2020-12-14
Soldi ai partiti: scandalo per la Lega. Ma silenzio su Pd e Monte dei Paschi
Versamenti al partito in cambio di nomine pubbliche? Oddio, suscita davvero scalpore la notizia che nel 2001 la Lega deliberò di richiedere il 15 per cento dello stipendio alle persone indicate nei consigli di amministrazione di enti statali, regionali o comunali. «Così il Carroccio ha gestito il suo sistema politico negli ultimi vent'anni», ha sparato in prima pagina il Fatto Quotidiano, riproducendo il documento sottoscritto dall'ex segretario organizzativo del Carroccio ai tempi della Padania libera e di Umberto Bossi segretario. Secondo la testata diretta da Marco Travaglio, la cartuccella dimostrerebbe l'esistenza di «un vero e proprio sistema di finanziamento per le casse del partito», una faccenda losca e fosca, che sa di conflitto d'interessi tra politica e cosa pubblica, con i posti nei cda messi a gara in cambio di una stecca al partito. In pratica, l'origine di tutte le lottizzazioni e forse delle tangenti.Peccato che la retrocessione di una parte dello stipendio non sia una pratica introdotta da Bossi o Salvini, ma dalla sinistra, che per finanziarsi usò il sistema senza che nessuno fino a ieri si scandalizzasse per il pizzo imposto ai candidati. Anni fa, durante una puntata di Porta a porta dedicata al crac del Monte dei Paschi, ricordai a Rosi Bindi che per statuto i nominati dal Pd dentro il consiglio di amministrazione di Mps dovevano ringraziare il partito devolvendo una parte del proprio stipendio. L'onorevole, che all'epoca era presidente del Pd o della commissione parlamentare antimafia, non ricordo, trasecolò e provò a negare, perché il Monte era un buco nero senza fondo e il Partito democratico, che della banca è da sempre il vero padrone, voleva allontanare da se ogni responsabilità nel crac, soprattutto in vista della campagna elettorale. Tuttavia, gli strilli della signora non mi impedirono di leggere il documento in base al quale il Pd batteva cassa con ogni nominato. Era scritto nero su bianco quanto dovessero pagare il presidente e i suoi collaboratori, un tariffario che fissava senza lasciare dubbi come ogni consigliere d'amministrazione dovesse ricompensare il partito per la carriera ottenuta. In pratica, al vertice dell'istituto, ossia di una delle più importanti aziende di credito del Paese, erano designati non i più competenti banchieri e nemmeno i più indipendenti, ma i più disponibili a decurtarsi lo stipendio a favore del Pd. Come sia finita si sa, ovvero con la più grande voragine della storia bancaria italiana, un bagno di sangue per i contribuenti, i quali per evitare il fallimento, senza che nessuno chiedesse il loro consenso, sono stati costretti a mettere mano al portafogli. A distanza di anni, gli italiani non hanno ancora finito di pagare il conto, visto che oggi si pensa di fondere il Monte dei Paschi con Unicredit e per questo, alla guida della banca milanese, è stato designato Pier Carlo Padoan, ex ministro vicino a Massimo D'Alema ed ex senatore Pd eletto nel collegio di Siena.All'epoca, quando rivelai in tv e sul giornale che all'epoca dirigevo, il losco conflitto d'interessi che legava il partito di governo ai vertici della banca peggio amministrata d'Italia, nessuno si indignò e neppure un commentatore decise di sprecare una riga per chiedere conto di quella strana partita di giro, ovvero dei soldi che il Monte versava agli amministratori indicati dal Pd, un bel gruzzolo dei quali poi veniva riversato nelle casse dello stesso partito. No, anni fa quel giro di denaro non suscitò alcuna reazione. Appariva normale che il Pd designasse un avvocato senza esperienza bancaria alla guida di Mps e che questi poi spendesse l'iradiddio per comprarsi un'altra banca, indebitando fino ai capelli il Monte. Così come era ritenuto legittimo che poi il neoeletto contribuisse alle spese di chi lo aveva fatto salire tanto in alto. Del resto, fino a ieri i compagni andavano fieri dell'obbligo imposto ai parlamentari di devolvere al partito una parte del loro stipendio. Noi ci decurtiamo la diaria, raccontavano al fine di distaccarsi dalla massa, quasi fossero Elevati. E gli stessi grillini, fino a ieri, dell'autofinanziamento e dell'impegno a restituire una parte dello stipendio hanno fatto una bandiera. Anche per loro, seguaci di un vero Elevato, niente scandalo: nominare un perfetto sconosciuto, molto spesso un incapace, il quale poi era disposto a ripagare chi lo aveva messo in lista, era considerato un titolo di merito. La restituzione della diaria innanzitutto. Ma poi è arrivata la Lega, con i suoi commercialisti e la richiesta di ottenere una donazione del 15%. E allora tutto è cambiato. Quello che appariva un circolo virtuoso (io ti nomino e tu mi rimborsi) è diventato un circolo pericoloso, un vortice di malaffare con di mezzo fondi pubblici. Che quelli del Carroccio siano spiccioli e per di più non ci sia di mezzo alcun crac bancario non conta. Perché il sistema garantiva il finanziamento delle casse della Lega. Che quello del Pd garantisse lo svuotamento delle casse del Monte dei Paschi chisseneimporta. Nel caso del Carroccio, le entrate si riducono a decine di migliaia di euro. Nel caso di Mps, le uscite si riducono invece a svariati miliardi di euro. Un paragone impossibile. Anche solo da mettere in prima pagina.