2018-09-28
Smacco per i grillini: il vicepresidente dei magistrati italiani è un renziano doc
Il numero due del Csm sarà David Ermini, responsabile dem in materia giudiziaria durante la segreteria del Rottamatore.Al Pd è riuscito il colpo grosso: piazzare, grazie a una ritrovata sintonia con la magistratura, il turborenziano David Ermini al vertice del Consiglio superiore della magistratura, l'organo di autogoverno delle toghe. Che gli hanno accordato fiducia nonostante gli screzi del passato sulle riforme più significative, come quella delle intercettazioni, da lui perorate come responsabile della giustizia dem. O in occasione dello scandalo Consip, quando l'Ermini politico si chiedeva se «ci fossero mandanti per danneggiare Renzi». Ora pare tutto perdonato: eletto vicepresidente a Palazzo dei Marescialli grazie ai voti di Unicost (5 dei consiglieri laici a cui si è aggiunto quello di Riccardo Fuzio, membro di diritto del Csm quale Procuratore generale della Cassazione e anche lui della corrente centrista). E di quelli di Magistratura indipendente, il cui leader storico Cosimo Ferri, già sottosegretario del ministro democratico Andrea Orlando, siede oggi tra i banchi del Pd alla Camera ed era sino a pochi giorni fa compagno di scranno dello stesso neo vicepresidente del Csm (la sua candidatura venne confermata da Renzi in zona Cesarini, visti i pochi posti sicuri): per Ermini (che ha ovviamente votato per sé) altri cinque voti più quello del primo presidente della Suprema corte, Giovanni Mammone, altro membro che siede di diritto al plenum e anche lui di Mi. Per Alberto Maria Benedetti, laico in quota Movimento 5 stelle, non sono bastati i due voti di Autonomia e indipendenza di Piercamillo Davigo, i quattro delle toghe di sinistra di Area, quelli dei tre dei laici (compreso lo stesso Benedetti) indicati dai pentastellati e dei due consiglieri della Lega. Astenuti i due eletti di Forza Italia, i cui voti avrebbero potuto essere determinanti. Ma Palazzo dei Marescialli a quanto pare non è la Rai.Ma chi è Ermini? Classe 1959, è renziano praticamente da prima che Renzi nascesse. Infatti già nel 1978 (Matteo è del '75) Ermini, neo maggiorenne, veniva folgorato dalla favella del suo babbo: «Io avevo allora 18 anni e muovevo i primi passi nella Dc. Quando nella mia zona si discusse della possibilità di fare il governo con i comunisti la nostra base era contraria. In un'assemblea si alzò a parlare Tiziano (all'epoca ventisettenne, ndr) e si dichiarò invece a favore. Mi colpì il suo coraggio». Erano i giorni del compromesso storico ed Ermini, originario di Figline Valdarno, al confine con Rignano, aveva scoperto il fascino della sacra famiglia. Per la Dc fu consigliere comunale dal 1980 al 1985. Nel 2001 tentò da centrista di candidarsi a sindaco con il sostegno del centrodestra. «Venne da noi di Alleanza nazionale», ricorda l'ex consigliere provinciale Guido Sensi, «a chiederci di sostenerlo. A quell'incontro c'era anche l'allora consigliere regionale Achille Totaro». Ma il piano naufragò e il centrodestra candidò un altro nome. Nel 2004 entrò in Provincia con il Partito popolare. Il presidente era il ventinovenne Matteo Renzi, esponente del suo stesso partito. E anche qui Ermini incrociò Sensi: «Lo chiamavamo “telefonino" perché entrava e usciva dall'aula e dalle commissioni sempre con il cellulare in mano. Parlava solo del suo lavoro d'avvocato». Era associato allo studio di famiglia, quello del padre Angiolino, che si iscrisse all'ordine nel 1956, a 31 anni. David ci è riuscito a 34 anni, quando non era proprio più di primo pelo, sembra dopo il fratello Giovanni, più giovane di 5 anni. «Ma lui prima ha fatto politica e il giornalista» ricorda Federico Bagattini, storico difensore della famiglia Renzi. «Fece la pratica nello studio del penalista fiorentino Rodolfo Lena, di cui io ero il primo collaboratore. Me lo affidarono e lo svezzai professionalmente». Da allora si sono occupati di diverse difese in tandem, come quella di un architetto incolpato per il distacco di un ramo in un parco pubblico fiorentino che uccise una bambina. Da Internet apprendiamo che Ermini difese anche il proprietario di un canile di Rignano sull'Arno («Amici del cane e del gatto») e che gli fece patteggiare una pena da 200 euro. Da tempo Ermini aveva diradato l'impegno forense per fare politica, anche se formalmente non è più iscritto all'albo dei patrocinanti in Cassazione solo dal 14 settembre scorso. Ma non ha mai smesso di occuparsi di giustizia. Come quando fece il relatore della proposta di legge sulla legittima difesa valida solo «in tempo di notte» o di intercettazioni. «La riforma che abbiamo bloccato era proprio la sua. Ora lo fanno pure presidente. Il Sistema è vivo e lotta contro di noi», ha ricordato ieri il vicepremier Luigi Di Maio. Ma Ermini ha anche twittato all'impazzata sulla vicenda Consip: «Vogliamo sapere tutto e capire come mai un capitano dei carabinieri si avvale della facoltà di non rispondere» scrisse, lasciando basiti i colleghi. «Civiltà del diritto questa sconosciuta», replicò un mattacchione. In un altro tweet si espose ancor di più: «Escono notizie di una gravità pazzesca. Prima si prende di mira Renzi poi si lavora su indagini? Vogliamo la verità. Ci sono mandanti?». Il 24 settembre, dopo essere stato eletto membro laico del Csm, Ermini ha dato le dimissioni da parlamentare per incompatibilità ma, viste le premesse, non sarà comunque sereno per la sua nomina a vicepresidente Henry John Woodcock, il cui processo disciplinare proprio per l'inchiesta Consip riprenderà a Palazzo dei Marescialli il prossimo 5 novembre.Fatto sta che alla fine della giornata di ieri il capo dello Stato, Sergio Mattarella, era di umore pessimo per lo strappo istituzionale registrato con le dichiarazioni acuminate del vicepremier Di Maio e con le mancate congratulazioni del presidente della Camera Roberto Fico. Ma soprattutto per le parole del ministro pentastellato alla Giustizia, Alfonso Bonafede: «Non posso non prendere atto che i magistrati del Csm hanno deciso di affidare la vicepresidenza del loro organo di autonomia a un esponente di primo piano del Partito democratico, unico politico eletto in questa legislatura tra i laici del Csm. In questi anni, da deputato mi sono sempre battuto affinché, a prescindere dallo schieramento politico, il Parlamento individuasse membri laici non esposti politicamente. Una battaglia essenziale, a mio avviso, per salvaguardare l'autonomia della magistratura dalla politica. Evidentemente sta più a cuore al ministro della Giustizia che alla maggioranza dei magistrati. Prendo atto che all'interno del Csm c'è una parte maggioritaria di magistrati che ha deciso di fare politica». L'intero Partito democratico ha alzato gli scudi a difesa del suo campione. Anche perché in tempi di magra, questa è una clamorosa vittoria per il Giglio magico.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.