2023-03-25
Su Sky la seconda stagione di «Christian»
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Il regista Stefano Lodovichi insieme al cast di «Christian 2» (Ansa)
Sei nuovi episodi, disponibili da venerdì 24 marzo, per tradurre in immagini quella che Edoardo Pesce, nel lusso sfrontato di un albergo romano, ha definito «un’utopia coatta». Christian, tra le serie italiane più vendute all’estero, si è allungata: un altro capitolo, un altro equilibrio, un boss defunto e un «Santone» che l’entusiasmo popolare ha fatto re.«Nella nuova stagione, Christian è leader, e suo malgrado re, della Città-Palazzo», un luogo grigio, con le pareti scrostate e i panni stesi, a colorare quel che la vita ha fatto scuro. La Città-Palazzo non ha un nome proprio. Non è il Corviale, non dichiaratamente. Gli somiglia, però, con le sue dimensioni mastodontiche e le porte aperte su un’esistenza di espedienti e pretesti. «Christian è ambientata nella Roma di oggi ma a mezzo metro di distanza dal presente. Non rappresentare un singolo quartiere ci ha permesso di allontanarci dalla realtà quando serviva. La cultura romana, la romanità è però più presente di quanto non sia Roma stessa: una città che ti ingolosisce, assurda, una città che non puoi comprendere se non ci sei cresciuto», ha spiegato Stefano Lodovichi, regista della serie Sky. Christian, la cui seconda stagione debutterà su Sky e NowTv venerdì 24 marzo, è figlia di Roma. Non della città da cartolina, cui il cinema statunitense ha dedicato parole d’amore. È figlia di altro, di un equilibrio millenario, quello che Edoardo Pesce, un David di Donatello per Dogman di Matteo Garrone, ha detto risalire al rapporto tra «sacro e profano». «Roma è la città del Papa, la sede della Chiesa, ma è anche la patria della trippa e della coratella». Perciò Christian, il suo Christian, l’omaccione nerboruto che ha speso i suoi primi quarant’anni a servire il capo di una cosca locale, è stato costruito così com’è poi apparso: con le stimmate, l’odore di santità e l’apparenza, ultra-coatta, del picchiatore. Christian, nella prima stagione della serie Sky, non ha scelto di «trasformarsi». Per un pezzo, s’è fatto bastare la sua vita modesta, divisa fra i capricci del boss e i doveri di figlio. Una madre malata d’Alzheimer, la casetta condivisa, le gerarchie della Città-Palazzo. Non aveva osato chiedere altro, benché in testa qualche sogno lo avesse. Tirava avanti. E tirava ancora, quando le mani hanno cominciato a sanguinare. Allora, Christian, il picchiatore alla mercé del boss, si è tramutato in un «Salvatore». La gente di Città-Palazzo lo ha osannato per gli inediti poteri taumaturgici. Matteo, postulatore del Vaticano con il volto di Claudio Santamaria, si è messo sulle sue tracce. Doveva capire, se Dio o impostore. Christian non ha mentito, non ha finto il sangue, le ferite. E, nella seconda stagione – cui, in via ufficiosa, si è detto seguirà una terza stagione –, ha preso il post del boss defunto per «attuare uno stato sociale che, al contrario del romanzo di William Golding, Il Signore delle Mosche, puntasse sull’uguaglianza e sull’amore fraterno». «Se nella prima stagione il protagonista, con la scoperta dei suoi poteri, viveva una sorta di età infantile, in questa seconda stagione vive una età adolescenziale per le scelte personali, fra il terreno e il trascendente, fra il Bene e il mMale, sempre più difficile da distinguere», ha spiegato Lodovichi, lasciando a Valerio Cilio, sceneggiatore, il compito di addentrarsi nella genesi e nei meandri di Christian. «Chi si prende sul serio è perduto. Fin dalla prima riunione di Christian è stata questa la regola inderogabile che ci siamo dati. Più si è alzata la complessità delle domande, più la storia ci ha spinto in profondità, più ci siamo schermati mettendo in campo quell'inadeguatezza che è un tratto essenziale dei nostri personaggi. Cos'è un dono come quello di Christian? Che domande si porta dietro? Quali profondissime rivelazioni esistenziali?», ha cominciato Cilio, «La domanda di partenza di questa seconda stagione è stata dunque: uno come Christian come trasformerebbe il proprio quartiere? Se Padre Pio ha fondato una versione personale della Chiesa, beh, perché Christian dovrebbe starsene con il freno a mano tirato? La storia si è così sviluppata intorno al conflitto tra la voglia di fare di Christian e la sua inadeguatezza, tra la sua aspirazione al Bene e la sua natura più complicata, tra l'appoggio di coloro che lo hanno seguito e la missione di chi invece lo ha combattuto sacrificando tutto sé stesso».