2019-09-17
Sistemato Zingaretti, il prossimo della lista è Conte
Allacciate le cinture: Matteo Renzi è tornato e si prepara a una spericolata corsa per riprendersi Palazzo Chigi. Sì, manco il tempo di accendere la macchina del nuovo governo e il senatore semplice di Scandicci è pronto a mandarne il motore fuori giri e, prima possibile, a fonderlo. Già, perché questo alla fine rimane l'obiettivo a cui punta l'ex presidente del Consiglio.Ora sussurra suadente all'orecchio dell'uomo che ha contribuito a salvare dalle elezioni anticipate e da un ritorno alla docenza (ho scritto docenza e non decenza). Ma mentre assicura lunga vita a Giuseppe Conte e al suo esecutivo, invitandolo a stare sereno come fece con Enrico Letta, potete star certi che prepara una trappola per sfilargli il prima possibile la poltrona. Perché è ovvio che il percorso intrapreso ad agosto dall'ex segretario del Pd, con un triplo salto mortale che lo ha portato ad abbracciare il Movimento 5 stelle, non è gratis, ma è destinato ad approdare lì, cioè a Palazzo Chigi.Perché Renzi è Renzi e non potete credere che sia cambiato solo perché è stato battuto alle elezioni. Perché Renzi è Renzi e nonostante le sconfitte non imparerà mai la lezione che gli è stata impartita dagli italiani. Perché Renzi è Renzi e fa sempre il contrario di ciò che egli stesso garantisce che farà. Il suo chiodo fisso è lo stesso di tre anni fa quando, cacciato da un voto popolare al referendum costituzionale, si fece sostituire pro tempore da Paolo Gentiloni. Il governo di Er Moviola, per lui, doveva essere una parentesi della sua ascesa, un piccolo intoppo che avrebbe dovuto dopo un certo periodo consentirgli di rioccupare il posto di presidente del Consiglio. E probabilmente, non ci fosse stato il tracollo del 4 marzo dello scorso anno, ce l'avrebbe fatta. Ma poi è arrivato il responso delle urne, con un Pd al 18 per cento, e il risultato non gli ha lasciato altra scelta che il passo indietro. Un addio che però, nella sua testa, è sempre suonato come un arrivederci, perché l'uomo, fino all'ultimo, non solo ha brigato per non abbandonare la presa sul Pd, ma si è dannato l'anima per predisporre un suo rapido ritorno.E così, a un anno e mezzo dalle dimissioni per forza maggiore, rieccolo spuntare al tavolo di quelli che contano. Altro che sofferta decisione per impedire l'aumento dell'Iva, come in Senato assicurò allo scopo di fermare la mozione di sfiducia di Matteo Salvini contro il governo. No, quello che importa a Renzi è sedersi e partecipare alle trattative delle nomine che presto l'esecutivo dovrà fare. Sarà quello il primo tassello di una nuova scalata al potere destinata a movimentare la politica dei prossimi mesi.Così oggi, come prima mossa della nuova strategia, l'ex segretario del Pd annuncia la nascita dei suoi gruppi parlamentari, ovvero dell'embrione del suo nuovo partito, quello che dovrebbe costituire il trampolino di lancio per ripiombare a Palazzo Chigi. Lo fa con una lettera a Repubblica, il giornale di riferimento, e poi con un'ospitata a Porta a Porta, la terza camera dello Stato. Non sappiamo quale sarà la motivazione con cui giustificherà l'ennesima capriola, una giravolta che è a tutti gli effetti una scissione. Ma al di là delle parole che spenderà per cercare di convincere lettori ed elettori, un aspetto ci sembra evidente. Dopo la sconfitta dello scorso anno, l'ex presidente del Consiglio ha perso la segreteria del Pd e dunque anche la maggioranza dei consensi del partito. Questo significa che non ha il potere di controllare Nicola Zingaretti e che il segretario, appena si andrà a elezioni, sostituirà gran parte degli onorevoli che oggi siedono in Parlamento e rispondono a Renzi e non a lui. Formando un nuovo gruppo, l'ex segretario depotenzia dunque il segretario, togliendogli un certo numero di deputati e senatori. Così può condizionarne l'attività politica e le decisioni, ma soprattutto torna a essere capo partito, leader di una formazione che d'ora in poi dovrà essere convocata ogni volta che si prenderanno decisioni importanti, come per esempio le nomine nelle partecipate dello Stato e ai vertici delle istituzioni. Renzi dunque riprende dove aveva lasciato, cioè dalle mani in pasta.Ora si tratta di un gruppo, ma presto il gruppo diventerà un partito e dunque il senatore semplice non sarà più il senatore semplice, ma un capo da consultare, un leader da coinvolgere, uno statista da cui farsi dettare l'agenda. A essere messo sotto tutela sarà per primo Zingaretti, che respingendo le elezioni ha respinto anche l'unica possibilità che aveva di affrancarsi da Renzi. Ma poi, dopo il segretario, toccherà al presidente del Consiglio. Anzi, Conte forse è già sotto tutela. Sarà per questo che, dicono, controlli ogni mossa del suo predecessore di Rignano?
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?