2024-12-12
I jihadisti «moderati» della nuova Siria hanno già cominciato le purghe dei nemici
Al Jolani cambia nome e lancia altri messaggi distensivi. Ma nel Paese è scattata la mattanza dei (presunti) assadisti.Il Gur ucraino avrebbe mandato a Idlib 20 operatori di droni e 150 velivoli senza pilota.Lo speciale contiene due articoli.Ieri la bandiera jihadista riportante la professione di fede islamica è stata esposta durante la prima riunione del governo di transizione siriano, presieduto dal premier Muhammad Bashir. Le immagini diffuse dai media siriani mostrano chiaramente la bandiera, caratterizzata da una scritta nera su sfondo bianco (uguale a quella dei talebani), accanto al tricolore siriano adottato dai jihadisti che in soli dodici giorni si sono impadroniti della Siria. Al termine il Comando delle operazioni militari, che coordina le fazioni armate responsabili della caduta di Bashar Al Assad, ha comunicato la fine del coprifuoco a Damasco e nelle aree circostanti la capitale. La misura, applicata dalle 16 alle 5 del mattino, era stata introdotta dalle fazioni subito dopo la conquista della capitale siriana. In un comunicato il Comando ha inoltre esortato la popolazione a riprendere le attività lavorative per contribuire «alla ricostruzione della nuova Siria». Ieri ha parlato il protagonista della cacciata di Assad dalla Siria, ovvero Mohammed Al Jolani, che da qualche giorno si firma con il suo vero nome Ahmed Al Sharaa e che per piacere agli occidentali si è anche accorciato la lunga barba che portano i salafiti. «I governi stranieri non dovrebbero preoccuparsi della situazione in Siria. La gente è stremata dalla guerra e il Paese non è quindi pronto a entrare in un’altra guerra. La paura riguardava il regime di Assad, che ora è caduto e il Paese si sta muovendo verso lo sviluppo, la ricostruzione e la stabilità», ha affermato il nuovo padrone della Siria, che ha poi aggiunto: «I nostri timori riguardavano le milizie iraniane, Hezbollah e il regime che ha commesso i massacri che vediamo oggi ma non ci sarà amnistia per i torturatori dei detenuti». Non sono pochi i gonzi che hanno abboccato e non sapendo chi è davvero Al Sharaa gli danno credito come se fosse un politico, quando in realtà si tratta di un tagliagole formatosi nei ranghi di Al Qaeda prima e dell’Isis poi. L’astuto leader di Hayat Tahrir Al Sham (Hts) si è ben guardato di commentare i video scioccanti provenienti da diverse città siriane che documentano le esecuzioni sommarie compiute da uomini armati non identificati contro presunti i presunti responsabili di massacri di civili, accusati di aver agito per conto del deposto regime di Assad. I filmati, autentici, dei quali siamo in possesso mostrano ad esempio cadaveri trascinati da un’auto per le strade di Idlib, mentre una folla furiosa prende a calci i corpi martoriati. Un altro filmato, girato a Rabia, a Ovest di Hama, ritrae due uomini accusati di crimini «contro i siriani» circondati da uomini armati in uniforme. Gli urlano epiteti come «maiali alawiti», riferendosi alla comunità alawita, la branca dello sciismo cui appartengono gli Assad e i clan che hanno mantenuto il potere per oltre mezzo secolo. Subito dopo una raffica di spari li colpisce. In un’altra scena un uomo armato tenta di arrendersi alzando le mani, ma viene colpito con un calcio allo stomaco, gettato a terra e ucciso sul posto mentre a Homs, una folla di persone e automobili si radunano per assistere all’esecuzione pubblica di Abu Ibrahim, descritto come «il principale agente di sicurezza di Assad» nel quartiere di Bab Amro. La tomba di Hafez Al Assad, padre dell’ex presidente siriano è stata incendiata nella sua città natale di Qardaha. Le immagini diffuse dall’Afp mostrano combattenti ribelli in uniforme e giovani osservano mentre la tomba è avvolta dalle fiamme. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito all’Afp che i ribelli avevano in precedenza incendiato anche il mausoleo dell’ex presidente, situato a Latakia, considerato il centro della comunità alawita. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov riferendosi alla posizione di Mosca sugli sviluppi in Siria ha affermato: «Noi ovviamente vorremmo vedere una rapida stabilizzazione della situazione in Siria, in un modo o nell’altro, per avere successivamente una qualche prospettiva di portare la situazione in una direzione legale». Poi gli è stato chiesto degli sforzi di Mosca per preservare le sue basi in Siria dopo la caduta di Assad e qui Peskov ha detto che «l’operazione militare speciale rappresenta una priorità assoluta per il nostro Paese. Dobbiamo tutelare gli interessi della nostra sicurezza e del popolo russo, e continueremo a farlo». Poi ha precisato che Mosca è in contatto con il governo jihadista siriano: «Le questioni relative alla sicurezza delle strutture e dei cittadini russi in Siria sono di fondamentale importanza. La nostra base si trova in Siria, la nostra missione diplomatica si trova lì. Naturalmente, la questione relativa alla sicurezza di queste nostre strutture è estremamente importante e di fondamentale importanza. La Russia mantiene un dialogo con tutti i Paesi della regione e intendiamo continuare a farlo». Della Siria ha parlato anche l’altro grande sconfitto dalla fuga, Khamenei, la Guida suprema dell’Iran che ha affermato: «Gli analisti ignoranti immaginano che la resistenza si stia indebolendo e che anche l’Iran si indebolirà, ma l’Iran è potente e diventerà più potente. Il fronte della resistenza è questo: più spingi, più diventa forte, più ti impegni, più diventa motivato. Più li combatti, più diventa ampio». Ma vista la situazione sembra più un modo di farsi coraggio che altro. Infine, non è certo un segreto per nessuno che Ahmed Al Sharaa e il suo gruppo jihadista al pari di Hamas sono espressione della Fratellanza musulmana, quindi, non è certo un caso che il Qatar grande protettore della confraternita ha annunciato con una nota la riapertura della sua ambasciata in Siria.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/siria-jolani-2670440875.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-i-servizi-di-zelensky-coinvolti-nella-sommossa-contro-il-rais" data-post-id="2670440875" data-published-at="1733999939" data-use-pagination="False"> Anche i servizi di Zelensky coinvolti nella sommossa contro il rais Dietro alle operazioni dei ribelli siriani che hanno spazzato via il regime di Assad in Siria ci sarebbe lo zampino dell’Ucraina. Stando a quanto emerge dal Washington Post l’intelligence di Kiev avrebbe mandato, nell’ultimo mese, 20 operatori di droni esperti e 150 velivoli senza pilota a Idlib, luogo della sede dei ribelli di Hayat Tahrir Al Sham (Hts). L’obiettivo ucraino è chiaro: nel momento in cui la Russia è in vantaggio nella guerra in Ucraina, occorre indebolirla nei Paesi in cui ha interessi strategici per allargare il campo di battaglia e aprire altri fronti, danneggiando quindi anche gli storici alleati del Cremlino. Ben si comprendono dunque le dichiarazioni del ministero degli Esteri ucraino quando domenica ha sentenziato: «Gli eventi in Siria dimostrano la debolezza del regime di Putin che è incapace di combattere su due fronti e abbandona i suoi più stretti alleati per continuare l’aggressione contro l’Ucraina». Ciò nonostante, l’intelligence occidentale ritiene che il ruolo dell’Ucraina non sia stato determinante per la fuga del presidente della Siria Bashar Al Assad e il crollo del suo regime. I segnali sul coinvolgimento di Kiev nel dietro le quinte siriano erano già evidenti così come la consapevolezza di Mosca che però non è riuscita a mobilitarsi in tempo. Come ricorda il Washington Post, a settembre, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov aveva parlato di «emissari dell’intelligence ucraina» nella città di Idlib e di «operazioni sporche» secondo cui il capo del Gur ucraino Kyrylo Budanov era già stato in contatto con Hts. Due mesi dopo, a novembre, il rappresentante speciale della Russia per la Siria Alexander Lavrentyev aveva comunicato alla Tass: «Abbiamo effettivamente informazioni che gli specialisti della Direzione principale dell’intelligence dell’Ucraina si trovano sul territorio di Idlib». Dall’altra parte l’Ucraina non aveva cercato di nascondersi: a giugno il Kyiv Post aveva citato una fonte del servizio di intelligence militare ucraino che, senza fare mistero, aveva dichiarato: «Dall’inizio dell’anno i ribelli siriani, supportati da agenti ucraini, hanno inflitto numerosi attacchi alle strutture militari russe rappresentate nella regione». Il giornale ucraino aveva pubblicato anche un filmato che mostrava gli attacchi condotti contro i bunker presumibilmente da parte del Gur e dell’«opposizione siriana». Inoltre, il quotidiano turco Aydinlik a settembre aveva parlato di un incontro tra i rappresentanti del governo ucraino e i ribelli dell’Hts che sarebbe avvenuto il 18 giugno. Lo stesso schema è stato adottato da Kiev in Africa sempre per sferrare un attacco contro Mosca in un altro continente di grande valore strategico. Il 27 luglio in un’imboscata a Tinzawatène, in Mali, sono rimasti uccisi 84 mercenari russi della Wagner, oltre a 47 soldati maliani. E come riportato dalla Bbc, il portavoce del Gur Andriy Yusov aveva dichiarato che i Tuareg in Mali «avevano ricevuto le informazioni necessarie, e non solo, che hanno consentito un’operazione militare di successo contro i criminali di guerra russi». Prima di questo episodio, Budanov era stato intervistato dal giornalista del Washington Post David Ignatius e riguardo alle operazioni di Kiev in Africa contro Mosca aveva dichiarato: «Conduciamo tali operazioni volte a ridurre il potenziale militare russo, ovunque sia possibile». E quindi la Siria non è stata un’eccezione.
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