2022-10-08
La sinistra farà opposizione a colpi di Covid
Walter Ricciardi (Imago economica)
Da Enrico Letta a Walter Ricciardi, stanno già preparando il terreno suonando i tamburi dell’allarmismo. Sarà un’offensiva asfissiante, appoggiata dall’apparato mediatico. E col rischio concreto che trovi quinte colonne nell’esecutivo. Qualcuno potrebbe pensare che siano gli ultimi, velenosetti, colpi di coda della bestia ferita. O che, banalmente, si tratti del disperato tentativo delle virostar di rimanere aggrappate al riflettore mentre tutto il teatro crolla. In realtà, però, dei ripetuti allarmi sul «ritorno del Covid» che si leggono in queste ore conviene dare una lettura politica, appena più profonda e decisamente meno rassicurante. Ieri il coro era perfettamente intonato. La Stampa lanciava il grido di dolore: «Covid, impennata di contagi e ricoveri. Regioni pronte e reintrodurre le mascherine». A seguire il solito profluvio di dati inquietanti: «+51,9% l’aumento dei casi in una settimana. In terapia intensiva +21,1% di letti occupati».A smontare l’impalcatura bastava la lettura attenta delle interviste che il quotidiano torinese pubblicava a corredo. Secondo Guido Rasi, ex direttore generale dell’Ema, «i numeri dati così non hanno molto senso, quei ricoveri andrebbero qualificati specificando quanti si riferiscono a persone che sono in ospedale per la malattia da Covid e quanti, la maggioranza, per altri motivi anche se sono risultati positivi al test d’ingresso». Identico il discorso di Francesco Rocca, presidente della Federazione internazionale della Croce Rossa: «Negli ospedali vediamo più “Covid per caso” che ricoveri per le conseguenze dell’infezione». Ovviamente, queste affermazioni andavano rintracciate nel corpo delle interviste, non nei titoli.In compenso, a dare man forte sulla diffusione di terrore, La Stampa ha convocato Antonella Viola, secondo cui «preoccupa non poco l’assenza di un piano di azione per il contrasto della pandemia nell’autunno inverno». Capito? Saremmo a rischio perché non abbiamo un piano. Davvero interessante. Viene però da chiedersi come mai questi luminari oggi tanto preoccupati non si siano dati la pena di scrivere parole analoghe quando a non licenziare i piani era Roberto Speranza. Si vede che allora andava tutto bene, e si poteva andare all’avventura nonostante la malattia fosse più aggressiva. Ora che si prospetta l’arrivo di un nuovo governo, invece, le virostar si sentono in dovere di battere sul tamburo.Il più solerte nello svolgimento del compitini è stato, al solito, Walter Ricciardi, consulente di Speranza che non sembra aver preso benissimo l’aria da fine impero. A suo parere, «vivere con il Covid può costare caro». La Germania, dice l’espertone, ha già introdotto nuove misure restrittive, noi invece siamo in pericolo e facciamo anche pochi test. Infine, la ciliegina: «I problemi», sostiene Ricciardi, «nascono dalla diminuzione dell’immunità e dal cambiamento dei comportamenti». Ah, il grande classico che non stanca mai: la crescita dei contagi non nasce - come conferma chi sta sul campo - proprio dal numero di tamponi. No, è colpa degli italiani che tengono, come sempre, comportamenti sbagliati.Guarda caso, tutte queste uscite arrivano a pochi giorni dal termine dell’obbligo di mascherina, e a poche ore di distanza dal pasticcio combinato dal ministero della Salute sulla nuova circolare inviata ai tecnici regionali (benché ridicolmente smentita da Speranza), che riguarda proprio la possibilità di introdurre nuovamente limiti e restrizioni.Ed eccoci al punto. È più che evidente il risvolto politico di quest’ultimo spettacolo del circo virologico. Come dicevamo, non si tratta soltanto delle comiche finali offerte dai vari (co)Vip in carenza da telecamera. Non ci vuole un genio per capire che l’insistenza sul virus e sull’eventuale aumento dei contagi sarà un tema fortissimo per la campagna elettorale permanente che la sinistra monterà nei prossimi mesi contro il nuovo esecutivo, teoricamente più libertario in materia covidesca. Enrico Letta lo ha già ripetuto più volte, l’ultima due giorni fa al vertice del Pd: «Non abbiamo ancora sentito da Giorgia Meloni e dalla destra parole chiare su come saranno gestiti i vaccini Covid nei prossimi mesi, vogliamo sapere e dire che per noi la protezione dei cittadini è assolutamente fondamentale». Insomma, l’apparato retorico è già pronto: non vedono l’ora, gli amici progressisti, di gridare che i perfidi fascistoni sono «come Bolsonaro» e fanno morire la gente a mucchi.L’attacco è facilmente prevedibile, ma sarà un poco più difficile disinnescarlo. In primo luogo perché l’opposizione progressista può contare su un apparato politico-mediatico non indifferente e pienamente funzionante: sarà cambiato il governo, ma gli equilibri di potere non si modificano così facilmente. Inoltre, viene da porsi seri interrogativi sulla tenuta della nuova maggioranza. Diciamolo più esplicitamente: viene il dubbio che, in un futuro non troppo lontano, possano spuntare quinte colonne della Cattedrale Sanitaria all’interno del centrodestra. Le prime avvisaglie non sono proprio rassicuranti. Alberto Cirio, governatore del Piemonte, ha già dichiarato alla Stampa di essere preoccupato dall’assenza di mascherine sui mezzi pubblici perché «è una scelta forte. La mancanza di protezione mi preoccupa perché sono luoghi di assembramento, senza possibilità di avere aerazione». Posto che spettava anche ai governatori intervenire sui trasporti, sarebbe anche ora di farla finita con l’ossessione medicalizzante. Ma abbiamo dolorosamente imparato negli ultimi due anni quanto le Regioni - anche per coprire le mancanze del sistema sanitario - siano sensibili al «rischio Covid». Tra i primi ad avversare la linea aperturista di alcuni segmenti della destra, nei mesi scorsi, sono stati proprio i governatori, leghisti compresi. E poiché il virus è un grimaldello politico eccezionale, è molto facile che a qualcuno venga voglia di utilizzarlo per ritagliarsi un cono di luce.Il Covid così come l’abbiamo conosciuto non esiste più. Ma c’è ancora troppa gente che ha interesse a mantenerlo in vita.