
Dopo i referendum contro l’autonomia e il Jobs act, i partiti di opposizione si accodano a Riccardo Magi di +Europa che propone un nuovo quesito per abolire la legge che regola il diritto alla cittadinanza. Ma i costituzionalisti frenano: «Non si deve forzare».È l’estate delle Olimpiadi e dei referendum. Un accostamento solo apparentemente casuale perché l’ultima idea, quella della consultazione per far passare lo ius soli, ha curiosamente una scadenza sportiva. Tre anni fa l’urgenza arrivò dopo il trionfo di Marcell Jacobs ai Giochi di Tokyo (peraltro il bresciano è già italiano per parte di madre quindi fuori tema), mentre oggi la sinistra è ripartita dalle dirette tv del chiringuito all’Ultima Spiaggia di Capalbio. Vedono Larissa Iapichino (altra italianissima) saltare in lungo e chiedono lo Ius soli; vedono Chituru Ali scattare ai blocchi (ha preso la cittadinanza a 18 anni) e richiedono lo ius soli. È singolare notare come, per il démi monde inclusivo e progressista, un ragazzo o una ragazza dalla pelle nera debba essere per forza straniero.Questa volta l’ossessione primigenia è di Riccardo Magi, segretario di +Europa, che avendo molto tempo libero dopo il disastro elettorale a Bruxelles, ha deciso di lanciare nel cuore del governo di Giorgia Meloni il giavellotto del referendum sullo Ius soli. Così dopo quello per abolire l’Autonomia differenziata, quello per annullare il premierato che neppure esiste, quello per azzerare il Jobs act renziano, ecco comparire all’orizzonte il quarto pilastro: l’abrogazione della legge del 1992 che prevedere l’italianità su richiesta al compimento del diciottesimo anno da parte di ragazzi nati nel nostro Paese da genitori stranieri. Una legge che salvaguarda la libertà di scelta, l’apprendimento della lingua, l’assimilazione della cultura, il convincimento spontaneo che l’Italia costituisca un progetto di vita. Secondo l’ex radicale Magi e politici ideologicamente affini (Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, forse Giuseppe Conte) invece chiunque nasca sul territorio nazionale dovrebbe diventare automaticamente italiano. Magi si appresta a raccogliere le firme, operazione un tempo lunga e complicata, oggi molto più semplice per via dell’implementazione della piattaforma gratuita per la raccolta digitale delle firme. La raccolta firme contro il ddl Calderoli in soli dieci giorni ha superato il quorum delle 500.000 firme. «L’iter è in partenza con l’obiettivo di fare fronte comune», spiega il segretario di +Europa «e dunque di coinvolgere le altre forze politiche di opposizione, ma anche associazioni, terzo settore laico e pure cattolico». Quattro referendum in una volta sola su quattro temi, i più disparati. Sembra che il coinvolgimento popolare stia diventando un gioco di società sotto l’ombrellone, il modo principale di fare opposizione da parte di partiti che hanno ben poche affinità prospettiche e che ritengono di poter coagulare forze aggreganti «contro» (e solo «contro») le leggi altrui con l’intento di spaccare la maggioranza. Forse per questo, sollecitato ieri a prendere posizione sull’utilizzo balneare di uno strumento base della democrazia partecipativa, Matteo Salvini si è defilato nel merito, pur confermandosi favorevole sul metodo. «Ogni referendum per me è il benvenuto, ma ne riparliamo a settembre». La domanda riguardava l’Autonomia ma vale anche per lo Ius soli; per lui la partecipazione popolare democratica alle dinamiche decisionali resta un valore. Il problema riguarda i referendum a raffica usati come grimaldello, che rischiano di diventare impropri e di trasformarsi in un alibi per chi li propone; nel caso in cui non si dovesse raggiungere il quorum, il tema verrebbe rimesso nel cassetto. Troppo comodo e quasi un tradimento del mandato elettorale. Un esempio di consultazione poco chiara è quello che riguarda il pacchetto Autonomia e Jobs act che sta particolarmente a cuore al segretario della Cgil Maurizio Landini. Sul primo argomento, uno dei suoi alleati più ferrei è Matteo Renzi, che nel tentativo di riconquistare fiducia a sinistra si dimentica di avere firmato (quando era premier) la legge sul secondo punto. Un corto circuito in purezza.Pur seguendo Magi sulla strada dello Ius soli, sia il Pd, sia il Movimento 5stelle non hanno ancora deciso se aderire acriticamente alla proposta. Laura Boldrini, che ha una collezione di proposte di legge sull’argomento, ha dichiarato che «è prima di tutto il Parlamento ad avere il dovere di occuparsene». La grillina Alessandra Maiorino ha qualche dubbio: «Bisogna capire cosa ne verrebbe fuori». Lo stesso Fratoianni è scettico sullo strumento: «Sul merito non c’è proprio dubbio, ma la valutazione da fare riguarda opportunità e tempistica. Ci sono diversi quesiti sul tavolo, bisogna stare attenti a non diluirli». Mentre l’attempato Magi spinge sull’acceleratore, anche i professionisti della Carta sembrano scettici. La costituzionalista Serena Sileoni, in un editoriale su La Stampa, consiglia «di usare con cura i referendum». Anche perché «non si vorrebbe che il trasporto per il voto popolare nasconda il solito elefante nella stanza: colmare la debolezza del sistema politico con la forza dell’opinione pubblica». E avere un titolo di giornale a Ferragosto.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
Nonostante i dazi e un rafforzamento dell’euro, a settembre è boom di esportazioni negli Stati Uniti rispetto allo scorso anno, meglio di Francia (+8%) e Germania (+11%). Confimprenditori: «I rischi non arrivano da Washington ma dalle politiche miopi europee».
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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