
Giuliano Amato rivela il terrore per il voto: «Con questa destra in Italia può finire la democrazia. E se vince Trump...». Tradotto: hanno paura di perdere. Quirinale e Consulta sono i loro baluardi da cui colpire il Paese.
Giuliano Amato guarda all’anno nuovo con «una buona dose di apprensione». Non è dato sapere se le preoccupazioni siano frutto di qualche eccesso natalizio o di una crisi d’astinenza causata dalla momentanea mancanza di poltrone, sta di fatto che l’ex presidente della Corte costituzionale (ed ex tutto) ha voluto inaugurare il 2024 esternando su due pagine di Repubblica i suoi peggiori incubi. I turbamenti dell’uomo che di notte si fregò i risparmi degli italiani, sono tutti sintetizzati nel titolo del quotidiano di casa Agnelli: «Democrazia a rischio. L’Italia può seguire Polonia e Ungheria». A parte che non si comprende quale pericolo si corra a Varsavia (il voto popolare ha appena consegnato la maggioranza a Donald Tusk, europeista convinto, cioè uno che dovrebbe piacere al dottor Sottiletta, e Joe Biden, il democratico alla guida degli Stati Uniti, tratta la Polonia come il suo miglior alleato), i timori dell’uomo buono per tutte le stagioni si possono riassumere in poche parole. In pratica, Amato teme che l’attuale maggioranza di centrodestra faccia ciò per cui è stata eletta, ossia governi rispettando il programma con cui ha vinto le elezioni. Infatti, tra le cose che l’ex presidente del Consiglio rinfaccia a Giorgia Meloni e che non lo fanno dormire la notte ci sono le seguenti misure: la cancellazione del reddito di cittadinanza, la certezza della pena, la lotta ai clandestini e l’istituzione del reato universale contro l’utero in affitto. «Per la destra populista, che un migrante occupi abusivamente la casa o un carcerato venga messo in libertà solo perché obeso sono esempi insopportabili di trasgressione», ha sentenziato dall’alto della sua scienza. Credo che a forza di stare chiuso nel Palazzo, collezionando cariche istituzionali, più che dalle idee populiste Amato sia ossessionato dal popolo. Infatti, non penso che solo chi vota Giorgia Meloni trovi intollerabile l’occupazione di una casa da parte di chi non ha titolo per avere un alloggio popolare. E credo che pure a sinistra ritengano insopportabile la scarcerazione di un assassino con la scusa del sovrappeso e dell’eccessivo consumo di sigarette. In realtà, a leggere l’intera intervista si capisce che la preoccupazione principale dell’amaro Giuliano è che grazie al voto popolare il presidente del Consiglio cambi il sistema, togliendo di mezzo quella rete di lacci e lacciuoli che impedisce agli esecutivi di governare, e che consegna il Paese a una ristretta casta di mandarini di Stato, di cui ovviamente lui fa parte.
Sì, più che la democrazia a rischio, a spaventare Amato è l’idea di una democrazia compiuta, dove chi vince le elezioni attua il programma per cui è stato votato, mettendo da parte la dittatura della minoranza. La questione dei diritti di pochi, opposti a quelli dei tanti, ricorre spesso nell’intervista. Ormai, confessa, «anche la Corte costituzionale, ossia il più alto organo di garanzia della Carta, il cui compito è di garantire i diritti di carcerati, migranti e omosessuali, è percepita come un nemico». Noi non crediamo che la Consulta sia stata istituita dai nostri padri costituenti per tutelare i detenuti, i clandestini o i gay. Nel 1947 le apprensioni di chi sedeva in Parlamento erano ben altre e nel testo approvato dalle Camere semmai si dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza discriminazioni di sesso, di razza, lingua o religione. Nessuno, dunque, è più uguale degli altri, così da poter occupare impunemente una casa o evitare di scontare una pena per omicidio a causa dei chili di troppo. La Consulta non ha il compito di favorire le minoranze, ma di fare in modo che la legge sia rispettata e non sia interpretata a favore di qualcuno. Che la Corte sia ritenuta una specie di ridotta, insieme al Quirinale, per arginare la vittoria del centrodestra, si capisce anche da un altro passaggio dell’intervista, quando il cronista chiede se la destra populista faccia fatica a riconoscersi nella Costituzione e il dottor Sottile replica che «fa fatica a riconoscersi in alcune interpretazioni evolutive, quelle che garantiscono i nuovi diritti». E qui sta il nocciolo della questione. Amato candidamente ammette ciò che a noi è chiaro da tempo, ovvero che pochi componenti di un establishment passato stanno riscrivendo la Costituzione, modificandola a proprio piacimento, cioè introducendo una serie di principi che nulla hanno a che fare con la nostra Carta.
Dunque, la democrazia non è a rischio perché qualcuno vince le elezioni e vuole governare, ma lo è perché una ristretta cerchia di mandarini di Stato vuole piegare la democrazia alle proprie opinioni politiche, cancellando il volere della maggioranza per assecondare quello delle minoranze. È un sentimento che avanza in Europa, dove si teme di più il voto che la criminalità che avanza nelle città. Che un popolo decida da chi farsi governare è giudicato sconveniente da una casta di sinistra abituata a comandare senza avere i numeri per farlo. A essere preoccupato non dovrebbe essere Amato, ma gli italiani, che nel corso degli anni sono stati espropriati del diritto di votare e ai quali si vorrebbe continuare a far digerire ogni cosa: anche l’occupazione delle case e la scarcerazione dei delinquenti.
Ps. Il presidente della Repubblica contesta le misure contenute nel decreto concorrenza. Come abbiamo scritto, il capo dello Stato è da tempo il vero capo dell’opposizione.





