2019-01-23
«Sì, la Lega mi voleva candidare. Ma io correrei solo per la Meloni»
Francesco Storace è da ieri il nuovo direttore del «Secolo d'Italia»: «Non vedo Fini dal 2015, è matto a tenersi la moglie». Sul governo: «Stimo Salvini però il Carroccio sta facendo lo stesso errore di An, voler governare a tutti i costi».Lo rivedi dopo un lustro e lo riconosci subito, Francesco Storace. Seppur confuso nella folla di un bar di piazza Igea, a Roma, mantiene più o meno lo stesso aspetto del vecchio ragazzo missino. Ecco: Epurator (come da soprannome) il 25 gennaio compie 60 anni. Un compleanno che diventa l'occasione per sollecitare i ricordi di un protagonista della Seconda Repubblica. E forse, chissà, pure della Terza. Gli indizi ci sono tutti. Per esempio, il suo blog, Francescostorace.eu risulta essere seguitissimo. E ieri è stato nominato direttore del Secolo d'Italia.Storace, per gli anticomunisti l'arresto di Cesare Battisti è stato una festa festa.«Sì, ma occhio ai pericoli: ora comincerà il pellegrinaggio in carcere di chi pretenderà di trasformare Battisti in un martire. Voglio dirlo con chiarezza: a costoro dedicheremo il nostro odio, tanto odio. Così come a chi si azzarderà a concedergli pene alternative».Crede davvero che possa accadere?«Questo maledetto ha avuto troppe protezioni, a partire da Luiz Inacio Lula e François Mitterrand. Non dimentichiamo i suoi sperticati fan italiani. Quindi sì, potrebbe accadere. Per quanto mi riguarda, mi batterò affinché Battisti muoia in carcere, come merita. D'altronde al tempo dei suoi crimini già combattevo il terrore comunista».Perché negli anni Settanta un ragazzo sceglieva di militare nel Msi?«Nel mio caso per un tratto di educazione familiare. I miei non erano neofascisti ma conservatori moderati, tanto è vero che mi accusavano di estremismo. Però hanno pesato».Scuole superiori?«Maturità scientifica. Ho studiato al Giovanni XXIII per tre anni e mezzo. Poi ho dovuto cambiare istituto, mi aspettavano ogni giorno per menarmi».Mi riesce difficile pensare che lei subisse e basta.«Non sono mai stato un picchiatore. Ovviamente m'ero attrezzato: avevo in tasca una bella chiave inglese utile per difendersi. Una volta mi cascò in classe e successe il finimondo. Dovetti trasferirmi in una scuola di Sezze Romano, dove però subito mi alzarono le mani addosso. Alla fine i miei genitori individuarono l'istituto dei Fratelli Maristi. Quando si accorsero che ero missino mi volevano cacciare…».Contestualmente, frequentava le sezioni.«Ed essendo di Roma Sud, ho girato il triangolo via Noto, Piazza Tuscolo, via Acca Larentia».Il luogo dove il 7 gennaio 1978 furono uccisi tre ragazzi del Fronte della gioventù.«L'anno dopo spararono pure a me, sono vivo per miracolo». Chi fu a premere il grilletto?«Mai saputo».Come arrivò al Secolo d'Italia, il giornale del Msi, di cui ieri è diventato direttore?«Mi piaceva e mi piace molto scrivere. Mi dedicai prima ai giornali di sezione e poi lavorai con Domenico Gramazio a Realtà nuova, un mensile. Fu Michele Marchio, figura storica del Movimento sociale di Roma, a interessarsi a me per il Secolo. Per un periodo gli avevo fatto pure da autista, negli Anni di piombo era sconsigliabile rimanere da soli».Al giornale come l'accolsero?«Bene. D'altronde entrai con grande umiltà. E dopo quattro anni da abusivo feci l'esame da professionista. La mia prova all'orale durò un minuto». Come mai?«La prima domanda, per mettermi in difficoltà, fu su Giorgio Almirante. Io risposi senza timore che lo ammiravo. Fui promosso con il massimo dei voti».Lei è fascista?«No, ma non sono antifascista».Al Secolo, negli anni Ottanta, di antifascisti non se ne incontravano.«C'erano Maurizio Gasparri, Teodoro Buontempo, Gianfranco Fini, Adolfo Urso e tanti altri ancora. Quel giornale ha formato una classe politica preparata».Sembravate abbastanza uniti.«Il Msi è stato un grande sentimento e il Secolo lo ha dimostrato. Però gli screzi c'erano».Perché?«Io ero un ragazzaccio di Roma Sud, non venivo dai quartieri alti e non frequentavo la buona borghesia. Come me, e prima di me, c'era stato soltanto Buontempo».Immagino la sorpresa quando il segretario Fini la scelse come suo capo ufficio stampa.«A quel posto ci arrivai per la rinuncia di Massimo Magliaro, che fece il mio nome. Penso di aver dato un buon contributo alla causa di An. Poi, certo, Gianfranco è stato importante nella mia storia politica. Proprio perché fui suo amico, sono ancora più deluso. Infatti non lo sento più, l'ultima volta l'ho visto nel 2015».Prima o dopo che lui affermasse di essere un coglione per la faccenda della casa di Montecarlo?«Prima. Mi disse delle cose poi clamorosamente contraddette. Per esempio, i rapporti così forti con Francesco Corallo, il re delle slot machine, non se li immaginava nessuno. Ragazzi, è dura digerirli...».Perché Fini arriva a questo?«Conosco la risposta ma non la darò mai a nessuno. Quando sai tante cose degli uomini, qualcuna la devi tenere per te».Di certo ha una consorte ingombrante.«Sì, Gianfranco ha toppato: è matto a tenersi ancora accanto la moglie, anche se lui dice in giro che lo fa per le due figlie. Però considero tutto questo un incidente sentimentale. Mentre la mia rottura con lui fu politica».In effetti il sentimento del Msi si era incrinato prima, nel 2003, quando a Gerusalemme Fini dichiarò che il fascismo è il male assoluto.«Esatto. Ma fui l'unico a protestare. Alla fine me ne sono andato nel 2006, quando l'allora potentissimo Gianfranco voleva portare An dentro il Ppe. Ne ho pagato le conseguenze perché da dieci anni sono fuori dal Parlamento. Ma chi se ne frega…».Nel frattempo lei ha affrontato i tribunali.«Ho fatto otto anni da deputato e un totale di 23 per processi: sette per l'inchiesta sulla sanità, nove per il presunto vilipendio a Giorgio Napolitano, sette per il Laziogate».Com'è la sua situazione adesso?«Sono pulito e rinunciando alle prescrizioni. Nessuno mi può accusare di niente, se non la mia famiglia. L'ha pagata sulla sua pelle, per un periodo la gente cambiava marciapiede per non salutarci».Lei è stato (anche) presidente della vigilanza Rai, governatore del Lazio, ministro della Salute. Tuttavia ora non ha un ruolo ufficiale.«Ma leggo, scrivo, faccio politica come militante semplice di Fratelli d'Italia».Nel frattempo è stato tentato dalla Lega.«C'era anche un'offerta per le Europee. Su cinque-sei seggi potevo farcela. Ma nonostante io stimi Matteo Salvini, la Lega non è la mia casa, Fdi sì».Però è una casa che governa.«Confesso che all'inizio pure io ero incuriosito, in positivo, dalla coalizione gialloblù. Poi però è emersa la realtà: i 5 stelle sono i comunisti del Terzo millennio. E la Lega sta commettendo lo stesso errore di An. Ovvero: governare a tutti costi, come se il senso della politica fosse quella di esercitare il potere a qualunque condizione. Invece io voglio governare soltanto se le mie idee si affermano. Su Tav, sicurezza, pensioni, reddito di cittadinanza, droghe leggere e altro ancora Lega e 5 stelle si boicottano a vicenda. È tutto molto grottesco, spero si torni presto al voto».Quindi lei vorrà presentarsi alle prossime elezioni politiche.«Mi piacerebbe essere riconosciuto come uno che vuole dare senza chiedere. Poi, certo, se capita un'occasione, la prendi».Un difetto di Giorgia Meloni?«Quando si arrabbia diventa intrattabile. Ma è la più preparata tra i leader italiani. E poi, in condizioni critiche, ha portato più di 50 eletti in parlamento. Bravissima».Lei quanto guadagna?«Poco più di 3.000 euro al mese. Per carità, non mi lamento, è una vita dignitosa, soprattutto se rapportata a chi lavora per 1.000 euro. Ma non tutto è rose e fiori».È così basso il suo vitalizio?«Non si può manco chiamarlo vitalizio. Incasso per quanto ho versato, dopo il taglio deciso dalla Camera non ho fatto ricorso: ai politici serviva una lezione. E sono pure uno dei pochi che ha rinunciato al doppio vitalizio, sennò dalla Regione di euro me arrivavano altri 7.000 al mese».Del suo reddito sarà contenta sua moglie.«Mai stata avida, né ho cercato di piazzarla da qualche parte. Fa l'interprete e ora ha una docenza in un'università privata a 1.200 euro al mese. Siamo contenti così, in armonia. D'altronde contiamo 34 anni tra fidanzamento e matrimonio. E lei non è nemmeno di destra, mi ha sempre votato per amore». Che fa, con l'età mi diventa sentimentale?«Mai stato un arrabbiato. È proprio l'errore che mi rimprovera mia moglie, do spesso l'impressione di esserlo. Mi fa solo incazzare la ferita del giorno prima, poi tendo a perdonare, soprattutto con l'età che avanza».A proposito di sentimenti, con Silvio Berlusconi come va?«Due anni e mezzo fa sono riuscito a parlarci superando il muro eretto da Licia Ronzulli, poi più nulla. Perché quello che si dice sul suo cerchio magico è proprio vero: lo isolano. Sono amareggiato».E con Alessandra Mussolini?«Con lei ristabilii i rapporti nel 2007. Però Alessandra la prima volta è stata eletta nel 1992. Siamo nel 2019. È durata più del Duce».Mi dica di Maurizio Gasparri.«Con lui c'è sempre stata una rivalità più costruita che reale».Suvvia, i vostri scontri sono stati epici.«Qualcosa. Una volta in una riunione gli dissi: a Mauri', hai ragione, tu puoi fare il numero 2, il 3, il 4, fino al 55. Però a me lascia almeno il 56».Il suo soprannome è Epurator. La genesi?«Un giorno del 1994 Carlo Fusi del Messaggero si ritrovò da solo con Gianfranco. Gli chiese dove fossi. Fini rispose ironico: sarà andato a fare qualche epurazione. Fusi lo scrisse e a Terni spuntò uno striscione: meglio Epurator che Riciclator».Ma alla fine lei chi ha epurato?«Ma de' che? Nessuno, non uno che sia uno, sono un buono…».
(Ansa)
Due persone arrestate, sequestrata droga e 57 persone denunciate per occupazione abusiva di immobile e una per porto abusivo di armi. Sono i risultati dei controlli scattati questa mattina allo Zen da parte di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza dopo l'omicidio di Paolo Taormina, il giovane ucciso davanti al pub gestito dalla famiglia da Gaetano Maranzano. Nel corso dei controlli sono stati multati anche alcuni esercizi commerciali per carenze strutturali e per irregolarità sulla Scia sanitaria e mancata autorizzazione all'installazione di telecamere, impiego di lavoratori in nero, mancata formazione, sospensione di attività imprenditoriale. Sono state identificate circa 700 persone, di cui 207 con precedenti ed altri 15 gia' sottoposti a misure di prevenzione.
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