2021-06-08
«Sì alla federazione, non sarà una svendita»
Giorgio Mulé (Stefano Montesi - Corbis/Getty Images)
Il sottosegretario azzurro: «Silvio Berlusconi lanciò l'idea già nel 2019. Mara Carfagna e Mariastella Gelmini sbagliano a mettersi di traverso: chi dice no a priori cerca alibi per non realizzare niente. Giovanni Toti e Luigi Brugnaro? Transgender politici: imitano male l'originale, come il Parmesan».Il leader leghista vede il premier e lancia la prima manifestazione post riaperture.Lo speciale contiene due articoli.«Qui serve un Sustenium memo plus, qualcuno deve aiutare la memoria». Sorride Giorgio Mulé, e comincia a scartabellare l'archivio. Silvio Berlusconi in un'intervista al Corriere della Sera (5 giugno 2019): «Penso che le attuali forze del centrodestra debbano presentarsi unite con un programma comune alle elezioni, costituendo fra loro una federazione. Raccoglierebbe oltre il 60% dei voti». Nove giorni dopo il Cavaliere aggiunse anche i nomi: «Centrodestra unito o Centrodestra italiano». Il sottosegretario alla Difesa e portavoce di Forza Italia ripassa volentieri la storia politica degli ultimi anni. E ricorda senza integratore: «Allora a frenare fu Matteo Salvini. L'epopea gialloblù stava per concludersi, ma lui non si sentiva pronto. E lo sa chi, nel marzo del 2018, disse che l'approdo ideale sarebbe stato il partito unico? Giovanni Toti».Onorevole Mulé, perché nel partito c'è tutta questa diffidenza?«Ci arriviamo. Mi premeva ricordare che l'idea della federazione è una gestazione tutta interna a Forza Italia, con il traino del presidente Berlusconi. Nel novembre 2020 Salvini propose di rilanciarla e adesso ci siamo. Mi stupisce vedere tutte vergini a parlare di fusione. Nessuno ha mai pensato a fusioni».Perché la coalizione avverte l'urgenza di compattarsi? «Con il governo attuale occorre che ci sia massa critica, sostanza parlamentare per puntare i ramponi nella roccia del governo. Entrare in una federazione in cui sono inalterati i simboli e i valori non può essere un problema, nessuno perde nulla. Mettiamo a regime idee comuni e valori comuni, che peraltro ci sono già». Quali sarebbero?«Quelli del programma elettorale del 2018, firmato da Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Maurizio Lupi. È sempre una questione di memoria. L'impegno nei confronti degli elettori è quello di coalizione; i diritti della persona, la libertà d'impresa, una giustizia giusta, la riforma fiscale con le tre aliquote. È la sintesi del programma firmato da tutti, ciascuno nella sua diversità. Questa non è un'alchimia politica, ma il comune sentire di forze che si ritrovano attorno a valori condivisi».Mariastella Gelmini e Mara Carfagna temono la perdita di identità di Forza Italia.«Anch'io difendo l'identità, ma non la vedo messa in dubbio. Temo invece che il richiamo all'identità sia un alibi per non realizzare niente. Spesso i sacri custodi dell'identità sono i primi nemici della realtà. Chi dice no a priori ha solo paura di prendere il mare aperto, di mettersi in gioco».C'è la paura che la Lega imponga il suo stile meno moderato.«Non c'è il fuoco amico, non ci sono annessioni. Sventolare parole da spauracchio serve solo a frenare e distruggere. Questa è una formula parlamentare che può diventare una formula elettorale, come già è stata con la sottoscrizione del programma del 2018. Ci mettiamo a fare esercizi di semantica? Una differenza fra coalizione e federazione in politica non esiste».Con una federazione ci sarebbe meno manovrabilità.«Allora meglio essere chiari: se i no servono a congelare il processo per trovare formule alternative al centrodestra noi non ci staremo mai. Non c'è alcuna possibilità che il partito, creato e strutturato da Silvio Berlusconi, possa apparentarsi con il centrosinistra. Se c'è chi ha questa idea lo dica subito, esca allo scoperto, così non perdiamo tempo».I media rievocano il famoso Predellino. «Nessun Predellino, ere geologiche e ideologiche diverse, quindi non sovrapponibili. Oggi nel governo Draghi è fondamentale cementare le basi comuni per avere più forza e agibilità politica. Chiamiamola federazione o piripacchio, se piace di più, ma facciamola per entrare nel vivo dei temi che ci stanno a cuore».Su giustizia e fisco è una stagione decisiva.«Sono i nostri cavalli di battaglia, dobbiamo avere la forza di parlare con una voce sola. Attenzione, questo non significa rinunciare alla polifonia di coalizione. Puoi cantare con una voce sola, ma sotto hai baritoni e soprani che costruiscono l'armonia. Conta il coro come entità e forza. E conta non essere soli, fuori dal coro».Fuori dal coro si sono spinti Giovanni Toti e Luigi Brugnaro con Coraggio Italia.«Se Cambiamo doveva servire per dimostrare l'irrilevanza di Forza Italia, dopo due anni di grande esposizione mediatica ha dimostrato al contrario l'indispensabilità di Forza Italia e la l'irrilevanza di Cambiamo. Nessuna idea, nessun risultato. E adesso un nuovo cambiamento, da transgender della politica. Coraggio Italia è solo italian sounding, è il Parmesan che non si avvicinerà mai all'originale».La federazione potrebbe creare perplessità nel Ppe. «La federazione contiene quei valori dei quali è garante Forza Italia. Punto. Se la Lega se ne avvantaggia e, presa per mano da Forza Italia, rivede certe posizioni e certe amicizie, è un bene per tutti. Avremmo fatto un servizio all'Europa e all'intera politica italiana».Giorgia Meloni sta all'opposizione e non sembra interessata.«Giorgia ricorderà che ad inizio legislatura fu la prima a proporre i gruppi unici. Ci sono momenti nei quali è importante essere più uniti per ottenere più successi e per colpire meglio».Che tempistica prevede per il varo dell'iniziativa?«Se federazione dev'essere, spero che si faccia il più presto possibile. Per le amministrative d'autunno e in vista dell'elezione del presidente della Repubblica. Il gruppo con il maggior numero di parlamentari è quello che indica per primo il nome per il Colle». Quale sarebbe quello dei confederati? «Silvio Berlusconi. Un riconoscimento allo statista che è, un risarcimento per i torti subìti».Mentre la sinistra fa proposte lunari (voto ai sedicenni e ius soli), il centrodestra torna alla politica. «Dobbiamo riprendere in mano il boccino del riformismo che è nel nostro Dna. Da grande conoscitore di calcio, Berlusconi sa che per vincere più coppe bisogna includere. La palla è sul dischetto del rigore».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/si-alla-federazione-non-sara-una-svendita-2653269257.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-porta-la-sua-agenda-a-mr-bce-sintonia-su-riforme-e-immigrati" data-post-id="2653269257" data-published-at="1623091283" data-use-pagination="False"> Salvini porta la sua agenda a Mr. Bce. «Sintonia su riforme e immigrati» «Abbiamo perso di vista l'orologio». Il cordiale incontro tra il premier Mario Draghi e il leader della Lega, Matteo Salvini, è durato più del previsto. Ed è stato incentrato «se non su tutto, su quanto è stato fatto e quanto si farà. C'è stata sostanziale soddisfazione e condivisione. Stiamo dando ottimi risultati agli italiani», ha affermato il numero uno del Carroccio all'uscita da Palazzo Chigi, prima di raggiungere i suoi ministri e responsabili regionali per aggiornarli sul confronto a 360 gradi sui temi dell'agenda politica, partendo dal Pnrr fino al decreto Sostegni bis e all'immigrazione. «Sui migranti c'è stata sintonia con il presidente del consiglio» ha affermato Salvini: «L'Italia non può essere lasciata sola né essere trattata come il campo profughi d'Europa quindi la condivisione con gli altri Paesi europei e la collaborazione con i Paesi africani sono necessarie e su questo con il presidente Draghi siamo perfettamente in linea». Altro argomento caldo, il blocco dei licenziamenti che secondo il leghista non va interrotto bruscamente ma va diversificato rispetto ai comparti lavorativi: «I settori che crescono e che corrono hanno bisogno di assumere, non di licenziare, penso all'industria e all'edilizia, loro devono tornare a essere liberi di agire sul mercato. Poi ci sono i settori che hanno sofferto di più, penso al commercio, ai servizi, al turismo, che avranno tempo fino a ottobre per organizzarsi, con l'obiettivo di un'estate da boom economico». Poi il dialogo si è spostato sulle riforme, da quella sulla giustizia, «che ci vede protagonisti» e su cui Salvini ha spiegato il «senso dei referendum, quando, come e dove saranno raccolte le firme» ma anche che le accuse del Pd sul fatto che il referendum depositato dalla Lega in Cassazione non è altro se non un tentativo di rallentare la riforma, sono infondate. Confronto anche sulle altre riforme, pubblica amministrazione e fisco, e poi scuola, banche e disabilità. «Un confronto da tenere di frequente per collaborare ancora di più e arrivare ad una crescita sempre più consistente del Paese. Noi» ha ribadito Salvini, «siamo felici di quello che Draghi sta facendo e vogliamo essere più uniti e compatti per aiutare la crescita, affinché sia più sostanziosa e incisiva del previsto per far tornare gli italiani al lavoro, al risparmio, alla vita». Draghi ha poi «espresso soddisfazione per il lavoro dei ministri della Lega e per noi è una soddisfazione reciproca». Salvini poi escluso di aver parlato con il presidente del consiglio della federazione del centrodestra lanciata nei giorni scorsi, avendo parlato «di Italia, non di partiti. Della federazione ne parlo adesso con i dirigenti della Lega». Ma, ai giornalisti fuori da Palazzo Chigi, ha ribadito la validità della proposta, che «semplificherebbe la vita della politica e del governo, perché sarebbe utile per rafforzare l'azione dell'esecutivo in Italia e in Europa». Del resto, ha ribadito Salvini: «Il Covid insegna che uniti si vince, gli italiani uniti hanno vinto questa battaglia, io penso che anche la politica abbia il dovere di unirsi, per perdere meno tempo. La politica deve essere più concreta, rapida, io vado avanti con questa proposta». Ma intanto, pensando al partito e alla sua crescita, anche in vista delle prossime elezioni amministrative, la Lega torna in piazza a Roma il prossimo 19 giugno con «Prima l'Italia. Bella, libera, giusta», la prima grande manifestazione nazionale dopo le riaperture, nel segno del ritorno alla vita e al lavoro, per rilanciare le proprie battaglie politiche e presentare la campagna referendaria sulla giustizia.