2024-06-21
Sfilate per demolire il pensiero unico
Si terrà domani la manifestazione dei pro life per dire «no» all’aborto, all’eutanasia e alla cultura della morte. Che fa dell’eliminazione di un bimbo in grembo un «diritto».Sono ormai parecchi anni che ci troviamo nella necessità di difendere la vita, dal concepimento alla morte naturale, dagli assalti condotti dalla dittatura ideologica dei cosiddetti diritti civili. In primis, aborto e eutanasia.Ma in questi ultimi mesi stiamo registrando una drammatica escalation, a livello nazionale e internazionale, per negare l’unico vero e sacrosanto diritto che riguarda ogni persona: il diritto alla vita. Perfino nel recente G7, chiamato ad affrontare emergenze devastanti - come le guerre in atto, dall’Ucraina a Gaza; il difficilissimo tema dell’immigrazione incontrollata, con decine di poveri morti in mare e il criminale lucro dei trafficanti di esseri umani; il contrasto alle mafie internazionali del commercio e spaccio di droghe, che mietono le vite di migliaia di nostri poveri giovani (100.000 morti solo negli Usa nel 2023) - i seguaci della cultura della morte, con il presidente francese Emmanuel Macron in testa, hanno spinto perché si riconoscesse il «diritto di aborto» come questione fondamentale da approvare a livello transnazionale.Se non è questo un tentativo di indottrinamento ideologico contro ogni semplice buon senso, di imposizione di un pensiero profondamente antiumano e immorale, c’è da chiedersi che cosa di più malvagio dobbiamo ancora aspettarci. In questo scenario ideologico, la manifestazione «Scegliamo la vita» che si terrà a Roma sabato 22 giugno (in piazza della Repubblica, dalle ore 14) acquista una particolare importanza: il popolo della vita si propone di essere il «popolo per la vita», pronto a sfilare per le vie della Capitale allo scopo di manifestare pubblicamente la bellezza della vita, che supera e sorpassa tutte le devastanti ideologie mortifere, dall’aborto al suicidio assistito, all’eutanasia, alla vendita di esseri umani, in particolare di bambini. Il profeta Isaia, nell’VIII secolo avanti Cristo, condannava duramente coloro che «chiamano bene il male e male il bene», esattamente come sta accadendo oggi, nel nostro tempo, quando l’eliminazione di un bimbo nel grembo materno viene presentata e promossa come una grande conquista sociale, un bene che la modernità deve patrocinare e difendere dai «fascismi» che lavorano per difendere il suo diritto alla vita.E che dire di un povero malato, sofferente e «disperato», o anche più semplicemente un depresso sotto il peso di una vita difficile, che invece di essere aiutato grazie ai tanti presidi della medicina palliativa, viene «dignitosamente» aiutato a suicidarsi con l’ignobile pretesto del «l’ha chiesto lui»? Certamente c’è una sproporzione enorme fra i mezzi di cui dispone la dittatura del pensiero unico, del politicamente corretto, e il rischio della rassegnazione al male è davvero incombente. Ma non può e non deve essere così.In fondo la storia ci insegna che le maggioranze corrotte, violente, inneggianti a principi in palese contrasto con la legge naturale e il senso dell’umano che è in ciascuno di noi, dopo un temporaneo, effimero successo, sono crollate e quelle piccole, sparute minoranze che hanno difeso principi e valori che costruiscono il bene comune, hanno ricondotto i popoli sui binari della vera giustizia, libertà e pace.Oggi la cancel culture e il pensiero woke si propongono di silenziare, estromettere dal dibattito pubblico, ogni voce dissenziente, che ha il coraggio di «chiamare le cose con il loro nome» come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II in tema di aborto e eutanasia. Una ragione in più per «parlare con i nostri corpi», marciando per le nostre strade in nome della vita: c’è posto per tutti e se il tuo posto rimane vuoto, purtroppo vorrà dire che mancherà una voce nel coro che canta la bellezza della vita.
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta