2018-05-25
L’ultima trovata di Facebook: chiede le tue foto nudo per fermare i bulli del sesso
Il social, al centro dello scandalo sulla privacy, proporrà a tutti gli utenti di inviare le proprie immagini osé. Saranno elaborate e rese inutilizzabili dai malintenzionati.Al tempo stesso Mark Zuckerberg acquisirà i dati biometrici.Da oggi in poi, quando manderete al vostro amante o fidanzato una foto provocante, magari mezza nuda, ricordatevi di mettere in copia su Whatsapp o via email anche Mark Zuckerberg e il suo Facebook. Il social network, al centro dello scandalo sulla vendita di dati dei propri utenti, ha infatti ben pensato di tornare a promuovere le sue innovative misure di sicurezza rivolgendosi questa volta a tutte le vittime del revenge porn, ovvero una forma di bullismo sessuale con cui l'«aguzzino» di turno sceglie di sbattere online foto compromettenti della vittima designata con l'unico scopo di rovinarne la reputazione. Questa forma di violenza non è altro che la diretta conseguenza del sexting, letteralmente «invio di messaggi sessualmente espliciti», di cui ormai anche i giovani sono ben coscienti dell'esistenza. Un'indagine svolta dall'Osservatorio nazionale adolescenza su un gruppo di oltre 11.000 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, ha infatti rivelato che questa pratica nel nostro Paese è diffusissima. In media si stima, infatti, che 2 adolescenti su 5 abbiano fatto sexting almeno una volta nella loro vita, con il primo messaggio hot inviato tra gli 11 e i 14 anni d'età. Ma non solo. Un ragazzo su dieci ha fatto selfie intimi, senza vestiti, con l'unico scopo di condividerli per messaggio con qualcuno, e il 60% degli intervistati ha ammesso di aver ricevuto almeno una volta una foto sessualmente esplicita su Whatsapp, che oggi rimane il principale veicolo di contenuti hot, con il 67% degli intervistati che ammette di aver utilizzato almeno una volta la chat con lo scopo di scambiarsi immagini sexy con il proprio partner.Guardando sempre all'Italia, i numeri raccontano di come il 68% delle donne abbia affermato di aver subito almeno una volta nella vita abusi o molestie sessuali online. Insulti, di solito, a cui segue la pubblicazione di dati personali e nei casi più gravi la messa online di immagini scattate nell'intimità di coppia. Caso emblematico del revenge porn in salsa nostrana è quello di Tiziana Cantone, che si tolse la vita proprio a causa di quelle foto e di quei video sessualmente espliciti che avevano fatto in pochissimo tempo il giro del web. Ma torniamo a Facebook. Secondo un'analisi svolta dal dipartimento di sicurezza del portale, ogni giorno sul social network di Mark Zuckerbeg verrebbero individutati 54.000 casi di revenge porn. Troppi per stare a guardare in silenzio. Così, Mr. Facebook, come un moderno paladino della giustizia informatica, ha ben pensato di provare a riscattare il suo social network, prendendo provvedimenti in tema di cyberbullismo sessuale per la tutela dei suoi utenti. Come? Semplicemente condividendo le proprie foto di nudo con il social network.Una follia? Non per Antigone Davis, a capo della divisione globale per la sicurezza, che sulla sua pagina personale ha spiegato come Facebook «sta prendendo accordi con organizzazioni che si occupano del tema per trovare un modo sicuro che dia la possibilità alle persone di caricare le immagini che temono possano essere diffuse senza il loro consenso, di modo che possiamo bloccarne il caricamento su Facebook, Instagram e Messenger». Il progetto è attualmente nella sua fase di test negli Stati Uniti, in Australia, nel Regno Unito e in Canada. Per fornire al social di Menlo Park le proprie foto di nudo basta contattare via Messenger una delle associazioni adibite alla tutela personale individuate da Facebook e richiedere a loro un link protetto, usa e getta, che consente di effettuare il caricamento delle proprie foto sensibili sul portale. A questo punto, un team di esperti e moderatori analizzerà che le immagini condivise violino le norme della piattaforma e rientrino nella definizione delle «immagini intime non consensuali», come previsto dalle «condizioni d'uso».Il passo successivo spetta a Facebook che, tramite un programma chiamato PhotoDna creerà un'impronta digitale online (tecnicamente un hash), ovvero una stringa di numeri e lettere in grado di rendere quelle immagini uniche e riconoscibili ovunque. «Facebook memorizza l'impronta digitale delle immagini in un database, senza salvare le foto», ha spiegato Julie Inman Grant, responsabile dell'ufficio e-Safety «e grazie all'intelligenza artificiale e altre tecnologie di photo matching, se qualcuno proverà a caricare la stessa immagine sui social, Facebook riuscirà a impedirlo ed eliminerà l'immagine in meno di 7 giorni dalla comparsa online». «Una volta che le immagini vengono rese uniche grazie all'impronta digitale, siamo in grado di associare a quegli scatti qualsiasi foto presente su Facebook e, nell'ecosistema delle sue app, riconoscerne eventuali condivisioni o modifiche e notificare tempestivamente via email la vittima di revenge porn», ha spiegato Davis, «e così andrà sempre, ogni volta che quella foto, non importa come rinominata o modificata, verrà rilanciata su Facebook o sulle sue app controllate». Una promessa che sembra paradossale, visti i precedenti, ma che ha già convinto tanti che hanno scelto di cancellare le suddette immagini dai propri dispositivi per affidarle a Mr. Facebook.
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