2021-02-02
Servono neurodiritti per combattere gli hacker della mente
Le stesse tecniche usate dalla neurologia per curarci possono essere il grimaldello per entrare nel nostro cervello. E controllarlo.Se il potere della tecnica si era già manifestato, in tutta la sua pervasività, nel Novecento (la celebre lezione di Heidegger è del 1953), oggi assistiamo, con la rivoluzione del digitale e, soprattutto, dell'intelligenza artificiale, ad un passaggio epocale. Un passaggio in cui il superamento prometeico del limite finisce con il rovesciare, nel suo inverso, il mito antropocentrico dell'uomo dominatore della tecnica, considerata estensione del suo stesso Io. [...] Non vi è, forse, esempio più plastico del capovolgimento del tradizionale interrogativo su cosa gli uomini possano fare della tecnica nel suo inverso: cosa la tecnica possa fare dell'uomo (Severino). Ma nel solco delle - innumerevoli e sempre nuove implicazioni ed applicazioni dell'intelligenza artificiale, quelle in ambito neuroscientifico e neurotecnologico aprono scenari davvero inesplorati, incidendo su un substrato, quello cerebrale, irriducibile a mera biologia, così forti essendo le connessioni tra attività neurologica, coscienza, identità.[...] Tra i più significativi progetti neurotecnologici vi è quello elaborato da Elon Musk per l'installazione, nel cervello, di chip che non solo consentiranno di contenere gli effetti di patologie neurodegenerative e di potenziare le capacità cognitive ma che, oltretutto, permetteranno di «salvare» i ricordi e «scaricarli su un altro corpo o robot», amplificandoli o cancellandoli selettivamente. E se, oggi, strumenti diagnostici avanzati quali la risonanza magnetica funzionale possono decodificare diversi tipi di segnali cerebrali e correlati neurali di informazioni mentali, in un domani non lontano potranno accedere ai contenuti, leggendo i pensieri e influenzare così, addirittura, gli stati mentali e il comportamento, agendo direttamente sulla sfera neuropsicologica. Queste e altre forme di «brain reading», fondate sull'analogia tra la decodificazione dei dati neurali e l'interpretazione funzionale, semantica, dei contenuti lasciano dunque intravedere la possibilità, almeno in un prossimo futuro, di analisi e «lettura» (ma anche condizionamento e persino predizione) di intenzioni, di emozioni, di asserzioni di verità o menzogna.Va distinto l'uso strettamente terapeutico delle neurotecnologie dal loro utilizzo a fini di potenziamento cognitivo. Positivo è indubbiamente l'uso che di tali tecniche si potrebbe fare, ad esempio, per la cura di malattie neurodegenerative [...]. Ben più problematico è il ricorso a tali tecniche a fini di potenziamento cognitivo. Le attuali interfacce cervello-macchina per il controllo motorio già consentono non solo di amplificare capacità proprie dell'uomo, ma anche di fornirne ulteriori, trans-umane, quali il controllo telepatico di dispositivi. Si tratta non tanto e non solo del «pendio scivoloso» e di una lettura rigorosa del principio di precauzione, quanto della definizione del limite oltre il quale non sia tollerabile andare, anche per non ingenerare nuove discriminazioni nei confronti di quanti «potenziati» non siano e non accettino di essere. [...] Le neurotecnologie fondate sul brain reading in senso stretto, qualora dovessero effettivamente riuscire a decodificare i contenuti, avrebbero conseguenze principalmente sotto il profilo della trasparenza e visibilità del pensiero. Esse attingerebbero alla dimensione della segretezza del foro interno, la cui inaccessibilità è garantita in ogni ambito (dal processuale con il diritto al silenzio e l'esenzione dall'obbligo di dire la verità per l'imputato, all'elettorale con la segretezza del voto, sino al principio di materialità che esclude il mero pensiero). Le tecnologie capaci, invece, di apportare condizionamenti e modificazioni nel processo neurale, prospetterebbero un problema di libertà cognitiva come presupposto fondativo del diritto di autodeterminazione individuale. [...] Il rischio, insomma, non è tanto e non è solo l'hackeraggio del cervello quanto, prima ancora, la legittimità e l'ammissibilità etica di un intervento eteronomo sul processo cognitivo: il terreno sinora immune da ogni interferenza esterna. [...] Con le neurotecnologie di brain reading ci si muove su di un terreno ancor più scivoloso, in ragione dell'intervento diretto sul processo cognitivo e volitivo, per renderlo, in un futuro ormai prossimo, trasparente e almeno in parte manipolabile, con il rischio addirittura di uno sfruttamento a fini commerciali delle informazioni. Si delinea, così, una congiunzione tra neuroscienze e capitalismo digitale definita, con una crasi significativa, neurocapitalismo, idonea tuttavia a determinare implicazioni potenzialmente dirompenti sulla vita individuale e collettiva, di una pervasività tale da scardinare gli assunti fondativi dell'intero sistema delle garanzie costituzionali. Siamo di fronte a una nuova antropologia, che esige una più profonda ed effettiva difesa della dignità dal rischio di un riduzionismo capace di annullare conquiste di libertà ormai talmente risalenti e consolidate da essere ritenute di fatto acquisite. [...] In uno scenario del genere - tutt'altro che asimoviano - emerge con forza l'esigenza di garantire, anche rispetto a tale nuova tipologia di rischi, l'inner world, il foro interno, l'Intimsphaere dalla cui libera formazione, gestione e sviluppo dipende ogni altra libertà.Nessun esercizio di diritto o libertà potrebbe, infatti, mai dirsi tale se realizzato per effetto del condizionamento, anche soltanto indiretto o parziale, da parte delle neurotecnologie sul processo cognitivo. Né, del resto, realmente libera potrebbe mai ritenersi alcuna scelta o condotta realizzata nel timore della trasparenza, della leggibilità, financo della predittività dei propri pensieri, delle proprie intenzioni, delle proprie intime convinzioni, appunto.Se, dunque, l'habeas corpus, nel proteggere fin nella sua corporeità la persona da atti coercitivi, ha rappresentato il fondamento dello Stato di diritto e l'habeas data - come diritto di autodeterminazione informativa - ha costituito il baricentro della tutela della persona nella società dell'informazione, l'habeas mentem dovrebbe allora rappresentare il fulcro di veri e propri neurodiritti. Sia che si creino ad hoc, sia che siano desunti, con interpretazione evolutiva, dal sistema normativo vigente (come parrebbe preferibile), tali diritti - mai come in questo caso di libertà - rappresenterebbero l'argine essenziale rispetto alla deriva riduzionistica e neurodeterministica, scaturente da un uso improprio di queste innovazioni così dirompenti.[...] La difesa dell'Io sovrano, per dirla con Musil, dovrebbe rappresentare il presupposto necessario per l'esercizio di ogni altro diritto di libertà, che esige anzitutto una libera e indipendente determinazione del soggetto. Il rischio, altrimenti, è che innovazioni scientifiche potenzialmente preziose per la cura di stati neurodegenerativi divengano lo strumento per rendere l'uomo, come ha scritto Foucault, un «caso», una non-persona, l'individuo da addestrare o classificare, normalizzare o escludere.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (Imagoeconomica). Nel riquadro il programma dell'evento organizzato da La Verità
Charlie Kirk con la moglie Erika Frantzve (Getty Images)