2021-02-12
«Serve un ministero della Comunità educante. Il pubblico non basta»
L'appello di Giuseppe Guzzetti (ex Acri) al premier incaricato: coinvolgere i privati per aiutare i minori a riscattarsi.«Il tema dell'educazione di bambini e ragazzi, finalmente riconosciuto da tutti come una delle priorità per la ripartenza del Paese, non può essere delegato esclusivamente al pubblico». Giuseppe Guzzetti, già presidente di Acri e Fondazione Cariplo, parte da questo presupposto per proporre a Mario Draghi di «gettare il cuore oltre l'ostacolo e trasformare il ministero dell'Istruzione in ministero della Comunità educante».Guzzetti è anche l'ideatore del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile nato nel 2016 da un accordo tra Fondazioni di origine bancaria, governo e Terzo settore e gestito dall'impresa sociale «Con i Bambini». I risultati raggiunti finora «dimostrano che solo coinvolgendo l'intera comunità educante è possibile offrire concrete occasioni di riscatto a partire dall'oltre milione e mezzo di bambini e ragazzi che vivono in condizioni di povertà. Ovvero, solo attivando tutte le “agenzie educative" del Paese – scuola, Terzo settore, enti locali, università, fondazioni di origine bancaria, famiglie e studenti – si può contribuire a favorire il pieno sviluppo dei minori», spiega in una nota. Di qui l'appello a Draghi che sta per formare il nuovo governo. «Sarebbe un segnale importantissimo dell'attenzione al futuro dei giovani cittadini e una testimonianza di un approccio, anche sul fronte dell'educazione, finalmente in linea con i principi di sussidiarietà della nostra Costituzione», conclude l'avvocato comasco esprimendo un «sincero apprezzamento per il grande senso di responsabilità» che l'ex presidente della Bce ha dimostrato nell'accettare l'incarico.La posizione di Guzzetti è dunque propositiva. E non di censura come invece appare quella dell'economista Luigino Bruni, studioso del Terzo settore, nell'intervista rilasciata ieri a Famiglia Cristiana in cui si punta il dito sul ruolo di banchiere di Draghi. Come se la finanza non potesse occuparsi di sussidiarietà, di solidarietà e anche di no profit. Tra l'altro, a luglio 2020, è stato proprio Papa Francesco a chiamare Draghi a far parte della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, il «think tank» all'ombra del Cupolone che si occupa di economia, politica e società con lo scopo di fornire alla Chiesa gli elementi per sviluppare la sua dottrina sociale. Bergoglio è gesuita e Draghi ha studiato al liceo Massimo di Roma, dai gesuiti appunto. In un'intervista a Radio Vaticana, spiegò il cuore dell'insegnamento di Ignazio di Loyola in termini più generali: «Far capire che tutti noi, al di là di quanto noi potessimo apprendere come scolari, nella vita avevamo un compito che poi il futuro, la fede, la ragione, ci avrebbero rivelato». Con il pontefice si sono incontrati in un paio di occasioni ufficiali (nel 2013 e nel 2016 quando Draghi era in prima fila nella Sala Regia ad ascoltare lo storico discorso del Papa sull'Europa, in occasione del prestigioso Premio Carlo Magno) e non è escluso che si siano visti anche altre volte in forma più privata.Non si può inoltre dimenticare che la formazione di Draghi è la stessa degli alfieri della finanza cattolica: il presidente emerito di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli e lo stesso Guzzetti. Entrambi allineati con la cultura andreattiana che ha ispirato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nell'intervista rilasciata alla Verità lo scorso 29 ottobre, l'ex patron dell'Acri aveva sottolineato che l'autonomia delle fondazioni «è il Rubicone da non oltrepassare» perché il potere pubblico «deve rispettare i corpi intermedi» e «le democrazie occidentali si reggono su tre pilastri: lo Stato, il mercato ovvero le aziende private e il Terzo settore, ovvero il no profit. Se va in crisi il terzo pilastro, vanno in crisi anche le democrazie». Se invece il Terzo settore è forte, aveva poi aggiunto Guzzetti, «l'interlocuzione con il primo pilastro, cioè lo Stato, diventa molto importante. Ma questo rapporto non deve essere solo quello di dare servizi facendo supplenza laddove il pubblico non interviene, deve essere un rapporto di pari dignità».