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2022-08-29
La Serie A cresce, ma troppo poco
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Ansa
La serie A torna a respirare dopo i due anni di pandemia. Il nostro campionato di calcio continua a restare indietro rispetto alla Premier inglese dove l’ultima in classifica incassa quanto l’Inter dai diritti televisivi, ma allo stesso tempo anche la competizione che cresce di più rispetto alle cosiddette Big Five (insieme con Ligue 1, Bundesliga e Liga spagnola). Nel 2020/21 i club di Serie A hanno registrato la maggiore crescita percentuale dei ricavi aggregati di qualsiasi campionato: + 23%, toccando quota 2,5 miliardi di euro. A dirlo è Deloitte durante la 31ª edizione della Annual Review of Football Finance, la principale analisi indipendente del business e delle finanze del calcio professionistico europeo dopo la stagione 2020/2021 colpita dalle restrizioni del Covid-19. I 20 club più importanti del mondo per fatturato hanno perso oltre 2 miliardi di euro di ricavi da metà stagione 2019/20 al termine della stagione 2020/21, tornando ai livelli di 5 anni prima. Nel 2017/18 i ricavi aggregati delle «Big five» erano pari a 15,6 miliardi di euro. La Premier League continua a essere il campionato di punta, più avanti in tutti i parametri economici. Va detto però che club di Serie A hanno registrato la maggiore crescita percentuale dei ricavi aggregati di qualsiasi campionato, con un aumento del 23% fino a raggiungere la cifra record di 2,5 miliardi di euro. È stato anche l’unico campionato che nel 2020/21 ha registrato più ricavi rispetto al 2018/19.
La crescita è stata guidata principalmente dai ricavi dei diritti televisivi (+48%), in quanto molti club hanno riconosciuto una quantità significativa di ricavi nel 2020/21 rinviati dalla stagione 2019/20. C’è stato anche un aumento dei ricavi commerciali (di 113 milioni di euro), con 14 dei 17 club sempre in Serie A sia nel 2019/20 che nel 2020/21 che hanno registrato un aumento dei ricavi commerciali, come risultato di nuovi accordi commerciali e di alcuni rinvii di ricavi dal 2019/20. I costi salariali dei club di Serie A sono aumentati a 2,1 miliardi di euro (+29%) – ancora una volta un record per il campionato. La maggior parte dei club ha registrato un aumento e, con alcuni costi raddoppiati, il rapporto salari/ricavi è salito all’82%, il secondo più alto tra i «cinque grandi» campionati (dopo la Ligue 1 con il 98%). A pesare sulla Serie A è soprattutto la vendita dei diritti televisivi. Che significano introiti significativi per la casse dei club. In Italia è stato soprattutto il Milan a lanciare un nuovo modello. Ha rafforzato l’area scouting per trovare giovani giocatori all’estero, con Geoffrey Moncada. I rossoneri investono sui giovani. E ora Leao, miglior giocatore della Serie A dello scorso anno, pagato 30 milioni potrebbe andare al Chelsea per almeno 100 milioni di euro. Il Milan continua a comprare giovani, spendendo poco e sperando di rivenderli a un prezzo più alto. È un modello che non ha eguali nel nostro Paese. La Juventus, per esempio, ha comprato Angel Di Maria, campione argentino, che pesa sulle casse della squadra per 7 milioni di euro di stipendio annuo, ma che ha 34 anni e ha già avuto uno stop per infortunio. Allo stesso modo l’Inter si ritrova a dover comprare un centrale di difesa come Francesco Acerbi di 34 anni. E i nerazzurri allo stesso tempo sono stati costretti a vendere una giovane promessa come Cesare Casadei al Chelsea. Il Monza di Silvio Berlusconi è l’emblema del vecchio calcio italiano. Ha speso più di 70 milioni di euro per una rosa di quasi 36 giocatori e ha collezionato 3 sconfitte nelle prime 3 partite.
In ogni caso, a detta di Deloitte, continua l’impatto del Covid-19 sulle performance e i risultati finanziari delle squadre di calcio. i ricavi generati dai 20 club dell’ultima stagione ammontano a 8,2 miliardi, leggermente superiori a quelli della stagione passata, ma di oltre 1 miliardo in meno della stagione 2018/2019. Allo stesso tempo Alcuni flussi di entrata sono cresciuti rispetto alla stagione precedente: i diritti televisivi hanno raggiunto il record di 4,5 miliardi di euro, superando il livello pre-pandemia, anche grazie al parziale slittamento della stagione precedente. E poi ancora. Con la stagione giocata quasi interamente a porte chiuse, gli incassi degli stadi sono crollati al minimo storico di 111 milioni, rappresentando solo l'1% delle entrate totali dei club della Money League nel 2020/21 contro il 15% dell’edizione precedente.
Negli ultimi 10 anni il nostro campionato di calcio ha registrato un aumento pari a 398 milioni di euro, di poco sopra la Ligue 1, mentre la Bundesliga ha avuto un aumento di 997,8 milioni, la Liga spagnola a +1,1 miliardi e infine la Premier League inglese, nuovo punto di riferimento del calcio mondiale, con un aumento di 2,7 miliardi di euro. Tra la Serie A e la Premier League l’abisso non riguarda soltanto l’indice di crescita dei diritti tv, ma anche il valore complessivo degli stessi: 1,127 miliardi per la prima, che dal mercato estero incassa poco più di 200 milioni, 4,126 miliardi per la seconda con proventi equamente divisi tra mercato nazionale ed estero. Un dislivello economico troppo ampio che deve essere colmato. Nei mesi scorsi l’amministratore delegato Luigi De Siervo era volato negli Stati Uniti per rilanciare la vendita dei diritti Tv della Serie A. Al momento, però, non c’è ancora stata una risposta.
Ancora problemi di trasmissione per Dazn
Le polemiche e lamentele degli utenti contro Dazn, la piattaforma streaming che possiede tra gli altri i diritti televisivi del campionato di Serie A, non accennano a placarsi. Dopo il caos della prima giornata, quando gli abbonati non sono riusciti a vedere buona parte delle partite in programma nel weekend del 13 e 14 agosto, con diversi disservizi verificatisi durante le partite Lazio-Bologna, Salernitana-Roma, Fiorentina-Cremonese e Spezia-Empoli, a causa di quello che è stato definito dalla stessa azienda un «problema tecnico di portata globale» che ha causato problemi di trasmissione non solo in Italia, ma anche in Germania e perfino in Giappone. Problemi che hanno richiamato l'attenzione del governo con la sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali che è dovuta intervenire con un tavolo tra ministero dello Sviluppo economico, Dazn, Agcom e Lega Serie A e che ha portato alla decisione di risarcire gli abbonati con un rimborso automatico pari al 50% del valore mensile dell'abbonamento. Vezzali che si era ritenuta soddisfatta per questa soluzione e che aveva ricevuto rassicurazioni da parte di Dazn sul fatto che «il problema tecnologico che nella prima giornata di Serie A aveva causato disservizi agli abbonati fosse risolto e pertanto non vi era il rischio di una ripetizione delle difficoltà di visione del campionato».
Tuttavia, nella giornata di sabato il Codacons ha continuato a ricevere numerose segnalazioni di errori durante la partita tra Juventus-Roma, giocata sabato scorso allo Stadium a Torino. Nello specifico, alcuni abbonati hanno denunciato messaggi di errore comparsi sugli schermi durante la partita. «Stiamo verificando l'entità del problema allo scopo di verificare quanti utenti abbiano riscontrato disservizi e in quali zone d'Italia» ha fatto sapere il Codacons - «ci mettiamo a disposizione di tutti i tifosi che non siano riusciti a seguire correttamente la partita. Abbiamo deciso inoltre di inviare una segnalazione all'Agcom affinché accerti se Dazn abbia effettivamente superato le criticità tecniche riscontrate all'inizio del campionato».
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Dopo i due anni di pandemia il nostro campionato di calcio continua a restare indietro rispetto alla Premier league, ma allo stesso tempo è anche la competizione che cresce di più rispetto a Ligue 1, Bundesliga e Liga spagnola. Nel 2020/21 i club di Serie A hanno registrato la maggiore crescita percentuale dei ricavi aggregati di qualsiasi campionato: +23%, toccando quota 2,5 miliardi di euro.Nel frattempo Dazn, dopo il caos della prima giornata, continua ad avere problemi di trasmissione. Il Codacons ha ricevuto segnalazioni di errori durante Juventus-Roma di sabato scorso.Lo speciale contiene due articoli.La serie A torna a respirare dopo i due anni di pandemia. Il nostro campionato di calcio continua a restare indietro rispetto alla Premier inglese dove l’ultima in classifica incassa quanto l’Inter dai diritti televisivi, ma allo stesso tempo anche la competizione che cresce di più rispetto alle cosiddette Big Five (insieme con Ligue 1, Bundesliga e Liga spagnola). Nel 2020/21 i club di Serie A hanno registrato la maggiore crescita percentuale dei ricavi aggregati di qualsiasi campionato: + 23%, toccando quota 2,5 miliardi di euro. A dirlo è Deloitte durante la 31ª edizione della Annual Review of Football Finance, la principale analisi indipendente del business e delle finanze del calcio professionistico europeo dopo la stagione 2020/2021 colpita dalle restrizioni del Covid-19. I 20 club più importanti del mondo per fatturato hanno perso oltre 2 miliardi di euro di ricavi da metà stagione 2019/20 al termine della stagione 2020/21, tornando ai livelli di 5 anni prima. Nel 2017/18 i ricavi aggregati delle «Big five» erano pari a 15,6 miliardi di euro. La Premier League continua a essere il campionato di punta, più avanti in tutti i parametri economici. Va detto però che club di Serie A hanno registrato la maggiore crescita percentuale dei ricavi aggregati di qualsiasi campionato, con un aumento del 23% fino a raggiungere la cifra record di 2,5 miliardi di euro. È stato anche l’unico campionato che nel 2020/21 ha registrato più ricavi rispetto al 2018/19.La crescita è stata guidata principalmente dai ricavi dei diritti televisivi (+48%), in quanto molti club hanno riconosciuto una quantità significativa di ricavi nel 2020/21 rinviati dalla stagione 2019/20. C’è stato anche un aumento dei ricavi commerciali (di 113 milioni di euro), con 14 dei 17 club sempre in Serie A sia nel 2019/20 che nel 2020/21 che hanno registrato un aumento dei ricavi commerciali, come risultato di nuovi accordi commerciali e di alcuni rinvii di ricavi dal 2019/20. I costi salariali dei club di Serie A sono aumentati a 2,1 miliardi di euro (+29%) – ancora una volta un record per il campionato. La maggior parte dei club ha registrato un aumento e, con alcuni costi raddoppiati, il rapporto salari/ricavi è salito all’82%, il secondo più alto tra i «cinque grandi» campionati (dopo la Ligue 1 con il 98%). A pesare sulla Serie A è soprattutto la vendita dei diritti televisivi. Che significano introiti significativi per la casse dei club. In Italia è stato soprattutto il Milan a lanciare un nuovo modello. Ha rafforzato l’area scouting per trovare giovani giocatori all’estero, con Geoffrey Moncada. I rossoneri investono sui giovani. E ora Leao, miglior giocatore della Serie A dello scorso anno, pagato 30 milioni potrebbe andare al Chelsea per almeno 100 milioni di euro. Il Milan continua a comprare giovani, spendendo poco e sperando di rivenderli a un prezzo più alto. È un modello che non ha eguali nel nostro Paese. La Juventus, per esempio, ha comprato Angel Di Maria, campione argentino, che pesa sulle casse della squadra per 7 milioni di euro di stipendio annuo, ma che ha 34 anni e ha già avuto uno stop per infortunio. Allo stesso modo l’Inter si ritrova a dover comprare un centrale di difesa come Francesco Acerbi di 34 anni. E i nerazzurri allo stesso tempo sono stati costretti a vendere una giovane promessa come Cesare Casadei al Chelsea. Il Monza di Silvio Berlusconi è l’emblema del vecchio calcio italiano. Ha speso più di 70 milioni di euro per una rosa di quasi 36 giocatori e ha collezionato 3 sconfitte nelle prime 3 partite.In ogni caso, a detta di Deloitte, continua l’impatto del Covid-19 sulle performance e i risultati finanziari delle squadre di calcio. i ricavi generati dai 20 club dell’ultima stagione ammontano a 8,2 miliardi, leggermente superiori a quelli della stagione passata, ma di oltre 1 miliardo in meno della stagione 2018/2019. Allo stesso tempo Alcuni flussi di entrata sono cresciuti rispetto alla stagione precedente: i diritti televisivi hanno raggiunto il record di 4,5 miliardi di euro, superando il livello pre-pandemia, anche grazie al parziale slittamento della stagione precedente. E poi ancora. Con la stagione giocata quasi interamente a porte chiuse, gli incassi degli stadi sono crollati al minimo storico di 111 milioni, rappresentando solo l'1% delle entrate totali dei club della Money League nel 2020/21 contro il 15% dell’edizione precedente.Negli ultimi 10 anni il nostro campionato di calcio ha registrato un aumento pari a 398 milioni di euro, di poco sopra la Ligue 1, mentre la Bundesliga ha avuto un aumento di 997,8 milioni, la Liga spagnola a +1,1 miliardi e infine la Premier League inglese, nuovo punto di riferimento del calcio mondiale, con un aumento di 2,7 miliardi di euro. Tra la Serie A e la Premier League l’abisso non riguarda soltanto l’indice di crescita dei diritti tv, ma anche il valore complessivo degli stessi: 1,127 miliardi per la prima, che dal mercato estero incassa poco più di 200 milioni, 4,126 miliardi per la seconda con proventi equamente divisi tra mercato nazionale ed estero. Un dislivello economico troppo ampio che deve essere colmato. Nei mesi scorsi l’amministratore delegato Luigi De Siervo era volato negli Stati Uniti per rilanciare la vendita dei diritti Tv della Serie A. Al momento, però, non c’è ancora stata una risposta.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/serie-a-cresce-troppo-poco-2657957360.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ancora-problemi-di-trasmissione-per-dazn" data-post-id="2657957360" data-published-at="1661789319" data-use-pagination="False"> Ancora problemi di trasmissione per Dazn Le polemiche e lamentele degli utenti contro Dazn, la piattaforma streaming che possiede tra gli altri i diritti televisivi del campionato di Serie A, non accennano a placarsi. Dopo il caos della prima giornata, quando gli abbonati non sono riusciti a vedere buona parte delle partite in programma nel weekend del 13 e 14 agosto, con diversi disservizi verificatisi durante le partite Lazio-Bologna, Salernitana-Roma, Fiorentina-Cremonese e Spezia-Empoli, a causa di quello che è stato definito dalla stessa azienda un «problema tecnico di portata globale» che ha causato problemi di trasmissione non solo in Italia, ma anche in Germania e perfino in Giappone. Problemi che hanno richiamato l'attenzione del governo con la sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali che è dovuta intervenire con un tavolo tra ministero dello Sviluppo economico, Dazn, Agcom e Lega Serie A e che ha portato alla decisione di risarcire gli abbonati con un rimborso automatico pari al 50% del valore mensile dell'abbonamento. Vezzali che si era ritenuta soddisfatta per questa soluzione e che aveva ricevuto rassicurazioni da parte di Dazn sul fatto che «il problema tecnologico che nella prima giornata di Serie A aveva causato disservizi agli abbonati fosse risolto e pertanto non vi era il rischio di una ripetizione delle difficoltà di visione del campionato».Tuttavia, nella giornata di sabato il Codacons ha continuato a ricevere numerose segnalazioni di errori durante la partita tra Juventus-Roma, giocata sabato scorso allo Stadium a Torino. Nello specifico, alcuni abbonati hanno denunciato messaggi di errore comparsi sugli schermi durante la partita. «Stiamo verificando l'entità del problema allo scopo di verificare quanti utenti abbiano riscontrato disservizi e in quali zone d'Italia» ha fatto sapere il Codacons - «ci mettiamo a disposizione di tutti i tifosi che non siano riusciti a seguire correttamente la partita. Abbiamo deciso inoltre di inviare una segnalazione all'Agcom affinché accerti se Dazn abbia effettivamente superato le criticità tecniche riscontrate all'inizio del campionato».
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
L’attuale governo sta mostrando la consapevolezza di dover sostenere, con una politica estera molto attiva sul piano globale, il modello economico italiano basato sull’export che è messo a rischio - gestibile, ma comunque problematico per parecchi settori sul piano dei margini finanziari - dai dazi statunitensi, dalla crisi autoinflitta per irrealismo ambientalista ed eccessi burocratici dell’Ue, dai costi eccessivi dell’energia e, in generale, dal cambio di mondo in atto senza dimenticare la crisi demografica. Vedremo dopo le soluzioni interne, ma qui va sottolineato che l’Italia non può trasformare il proprio modello economico dipendente dall’export senza perdere ricchezza. La consapevolezza di questo punto è provata dalla riforma del ministero degli Esteri: accanto alla Direzione politica, verrà creata nel prossimo gennaio una Direzione economica con la missione di sostenere l’internazionalizzazione e l’export delle imprese italiane in tutto il mondo. Non è una novità totale, ma mostra una concentrazione di risorse e capacità geoeconomiche e geopolitiche finalmente adeguate alla missione di un’Italia globale, per inciso titolo del mio libro pubblicato nell’autunno 2023 (Rubbettino editore). Con quale meccanismo di moltiplicazione del potere negoziale italiano? Tradizionalmente, via la duplice convergenza con Ue e Stati Uniti pur sempre più complicata, ma con più autonomia per siglare partenariati bilaterali strategici di cooperazione economica-industriale (i trattati doganali sono competenza dell’Ue, condizione necessaria per un mercato unico europeo essenziale per l’Italia) a livello mondiale.
E con un metodo al momento solo italiano: partenariati bilaterali con reciproco vantaggio, cioè non asimmetrici. Con priorità l’Africa (al momento, 14 nazioni) ed il progetto di «Via del cotone» (Imec) tra Indo-Pacifico, Mediterraneo ed Atlantico settentrionale via penisola arabica. La nuova (in realtà vecchia perché elaborata dal Partito repubblicano nel 2000) dottrina di sicurezza nazionale statunitense è di ostacolo ad un Italia globale? No, perché, pur essendo divergente con l’Ue, non lo è con le singole nazioni europee, con qualche eccezione. Soprattutto, le chiama a un maggiore attivismo per la loro sicurezza, lasciando di fatto in cambio spazio geopolitico. Come potrà Roma usarlo? Aumentando i suoi bilaterali strategici e approfondendoli con Giappone, India, nazioni arabe sunnite, Asia centrale (rilevante l’accordo con la Mongolia se riuscisse) ecc. Quale nuovo sforzo? Necessariamente integrare una politica mercantilista con i requisiti di schieramento geopolitico. E con un riarmo non solo concentrato contro la minaccia russa, ma mirato a novità tecnologiche utili per scambiare strumenti di sicurezza con partner compatibili. Ovviamente è oggetto di studio, ma l’Italia ha il potenziale per farlo via progetti condivisi con America, europei e giapponesi nonché capacità proprie. Considerazione che ci porta a valutare la modernizzazione interna dell’Italia perché c’è una relazione stretta tra potenziale esterno e interno.
Obiettivi interni
La priorità è ridurre il costo del debito pubblico per aumentare lo spazio di bilancio utile per investimenti e detassazione stimolativi. Ciò implica la sostituzione del Pnrr, che finirà nel 2026, con un programma nazionale stimolativo (non condizionato dall’esterno) di dedebitazione: valorizzare e cedere dai 250 a 150 miliardi di patrimonio statale disponibile, forse di più (sui 600-700 teorici) in 15 anni. Se ben strutturata, tale operazione «patrimonio pubblico contro debito» potrà dare benefici anticipativi via aumento del voto di affidabilità del debito italiano riducendone il costo di servizio che oggi è di 80-90 miliardi anno. Già tale costo è stato un po’ ridotto dal giusto rigore della politica di bilancio per il 2026. Con il nuovo programma qui ipotizzato, da avviare nel 2027 per sua complessità, lo sarà molto di più dando all’Italia più risorse per spesa sociale, di investimenti competitivi e minori tasse.
Stimo dai 10 ai 18 miliardi anno di risparmio sul costo del debito e un aumento di investimenti esteri in Italia perché con voto di affidabilità (rating) crescente. Senza tale programma, l’Italia sarebbe condizionabile dalla concorrenza intraeuropea e senza i soldi sufficienti per la politica globale detta sopra. Ci sono tante altre priorità tecniche sia per invertire più decisamente il lento declino economico dell’Italia, causato da governi di sinistra e/o dissipativi, sia per rendere più globalmente competitiva l’economia italiana. Ma sono fattibili via un nuovo clima di cultura politica che crei fiducia ed ottimismo sul potenziale globale dell’Italia. Come? Più ordine interno, investimenti sulla qualificazione cognitiva di massa, sulla rivoluzione tecnologica, in sintesi su un’Italia futurizzante. L’obiettivo è attrarre più capitale e competenze dall’estero, comunicando credibilmente al mondo che l’Italia è terra di libertà, sicurezza, opportunità e progresso. Non può farlo solo la politica, ma ci vuole il contributo dei privati entro un concetto di «nazione attiva», aperta al mondo e non chiusa. Ritroviamo il vento, gli oceani.
www.carlopelanda.com
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Lando Norris (Getty Images)
Nell’ultimo GP stagionale di Abu Dhabi, Lando Norris si laurea campione del mondo per la prima volta grazie al terzo posto sul circuito di Yas Marina. Nonostante la vittoria in gara, Max Verstappen non riesce a difendere il titolo, interrompendo il suo ciclo di quattro mondiali consecutivi.
Lando Norris è campione del mondo. Dopo quattro anni di dominio incontrastato di Max Verstappen, il pilota britannico centra il titolo iridato al termine di una stagione in cui ha saputo coniugare costanza, precisione e lucidità nei momenti decisivi. La vittoria ad Abu Dhabi, conquistata con una gara solida e senza errori, suggella un percorso iniziato con un Mondiale che sembrava già scritto a favore dell’olandese.
La stagione ha visto Norris prendere il comando delle operazioni già nelle prime gare, approfittando di alcuni passaggi a vuoto di Verstappen e di una gestione impeccabile del suo team. Il britannico ha messo in mostra una costanza rara, evitando rischi inutili e capitalizzando ogni occasione: punti preziosi accumulati gara dopo gara che hanno costruito un vantaggio psicologico e tecnico difficile da colmare per chiunque, ma non per Verstappen, che nelle ultime gare ha tentato il tutto per tutto per costruirsi una chance di rimonta. Una rimonta sfumata per appena due punti, visto che il pilota della McLaren ha chiuso il Mondiale a quota 423 punti, davanti ai 421 del rivale della RedBull e che se avessero chiuso a pari punti il titolo sarebbe andato a Verstappen in virtù del numero di gran premi vinti in stagione: otto contro i sette di Norris. Inevitabile per l'olandese non pensare alla gara della scorsa settimana in Qatar, dove Norris ha recuperato proprio due punti sfruttando un errore di Kimi Antonelli all'inizio dell'ultimo giro.
La gara di Abu Dhabi ha rappresentato la sintesi perfetta della stagione di Norris: partenza accorta, gestione dei pit stop e mantenimento della concentrazione fino alla bandiera a scacchi. L’olandese, pur vincendo la corsa, non è riuscito a recuperare il distacco, confermando che i quattro anni di dominio sono stati interrotti da un talento giovane e capace di gestire la pressione del momento clou.
Alle spalle dei due contendenti, la stagione è stata amara per Ferrari e altri protagonisti attesi al vertice. Charles Leclerc e Lewis Hamilton non hanno mai realmente impensierito i leader della classifica, incapaci di inserirsi nella lotta per il titolo o di ottenere risultati significativi in gran parte del campionato. Una conferma, se ce ne fosse bisogno, delle difficoltà del Cavallino Rosso nel trovare una combinazione di macchina e strategia competitiva.
Il Mondiale 2025 si chiude quindi con un volto nuovo sul gradino più alto del podio e con alcune conferme sullo stato della Formula 1: Norris dimostra che la gestione mentale, l’attenzione ai dettagli e la capacità di evitare errori critici contano quanto la velocità pura. Verstappen, pur da vincitore di tante gare, dovrà riflettere sulle occasioni perdute, mentre la Ferrari è chiamata a ripensare, ancora una volta, strategie e sviluppo per la stagione successiva.
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