2021-11-06
Sequestrati 12 milioni alla squadra della Verona «solidale e antirazzista»
Luigi Fresco (Getty Images)
Inchiesta sulla Virtus, l'accusa è di truffa ai danni della prefettura nei bandi per l'accoglienza di 700 stranieri. Indagato Luigi Fresco, patron e mister del club da sempre schierato a sinistra. La replica: «Tutto in regola».Travolto dagli sbarchi a getto continuo, il ministro Luciana Lamorgese si appiglia di nuovo alla chimera delle redistribuzioni di profughi gestite da Bruxelles. Senza cavare un ragno dal buco.Lo speciale contiene due articoli.Schei. Tanti soldi, circa 12 milioni, in cambio di migranti da accogliere senza averne i requisiti. Ne ha sequestrato il corrispettivo in denari e beni la Guardia di finanza di Verona per una presunta truffa della Virtus Verona, un'istituzione polisportiva (ha 100 anni e milita nella Lega Pro di calcio) ma anche politica, sociale e morale, totem della sinistra dei movimenti e del benecomunismo nella città scaligera, dipinta dalle sinfonie mediatiche come un'oasi di resistenza permanente nel regno del male della destra al potere. Anche i buoni peccano, si potrebbe dire commentando la notizia. L'inchiesta va avanti da due anni e il capo d'imputazione è pesante ma purtroppo consueto: truffa ai danni della prefettura (che erogava i fondi) nell'aggiudicazione del servizio di accoglienza e assistenza di 700 stranieri richiedenti protezione internazionale. Oltre al maxisequestro è stato indagato Luigi Fresco, presidente e allenatore della Virtus da 36 anni, nonché icona dell'accoglienza veronese. Dovrà rispondere di truffa aggravata, falso ideologico in atto pubblico e turbativa d'asta. Nel mirino della Procura (il fascicolo è sulla scrivania del pm Maria Diletta Schiaffino) sono le operazioni effettuate dal 2016 al 2018 e la dote percepita, in realtà un piccolo tesoro, che ammonta a 12.242.711 euro. L'accusato ha spiegato a TeleArena: «Abbiamo agito in modo corretto e trasparente, la prefettura ha sempre controllato il nostro operato, con verifiche ogni due mesi. I 12 milioni non sono il guadagno della società ma la cifra sostenuta per le spese».I finanzieri hanno studiato le carte ricevute dalla prefettura (che per prima aveva sospettato irregolarità) e hanno accertato passaggi illegali nella documentazione prodotta per la gara, con false attestazioni sui requisiti riguardo all'oggetto sociale, alla pregressa esperienza nel settore, al numero non congruo di operatori dedicati e all'idoneità delle strutture destinate all'accoglienza. Uno scenario simile a molti altri, nei quali più che l'afflato di fratellanza ha un ruolo chiave la speculazione economica. Della serie: cominciamo a prendere i soldi e poi ci metteremo a posto. Da 20 anni il business del migrante rappresenta una corsa all'oro per cooperative e associazioni dalla riconversione facile. Una mala pianta che Matteo Salvini ha provato a estirpare da ministro dell'Interno del governo Conte 1 con i decreti Sicurezza, affondati dalla maggioranza delle quattro sinistre del Conte 2, interessate per scopi elettorali a far ripartire la giostra. Le fiamme gialle di Verona hanno scoperto, per esempio, che alla richiesta d'una «comprovata esperienza in ambito Sprar (il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati)» - condizione necessaria per partecipare al bando - la società aveva attestato di essersi impegnata nell'inserimento sociale di giovani profughi provenienti dall'Albania (1989) e dalla ex Jugoslavia (1991-1995). Ma in realtà Vita Virtus, la onlus sociale della polisportiva, è stata costituita dopo il 2000. Un altro aspetto poco chiaro sta nel requisito primario, che dovrebbe essere quello di «operare nel settore dei servizi di assistenza alla persona» mentre i finanzieri hanno rilevato che l'oggetto sociale in Camera di Commercio prevedeva solo «attività sportive», ampliato in seguito proprio per accedere ai ricchi bandi.Mentre in una nota la Virtus calcio si dichiara estranea alla vicenda («L'inchiesta riguarda una società diversa che opera in maniera autonoma, le uniche attenzioni di squadra e staff tecnico sono rivolte alla partita contro il Trento»), il prefetto Donato Cafagna sottolinea il lavoro degli investigatori che hanno avuto «la ferma volontà di tenere sempre alto il livello di attenzione volto al rispetto delle regole da parte dei soggetti gestori dei centri per l'accoglienza. In relazione alle misure patrimoniali adottate, sono state avviate dalla prefettura procedure per la revoca dell'affidamento». Se le accuse saranno confermate Gigi Fresco finirà nei guai. A Verona è un'autorità, entrò nella Virtus come consigliere a 18 anni (oggi ne ha 60) e gli esperti di calcio lo inseriscono nella classifica degli allenatori-presidenti più longevi d'Europa prima di monumenti come Alex Ferguson e Arsène Wenger. Da sempre schierato a sinistra, per distinguere anche socialmente i tifosi dagli ultrà dell'Hellas Verona, ha caratterizzato la Virtus come simbolo della resistenza «antifascista, antisessista, antirazzista e per i diritti Lgbt». Di supermoda. La curva del club dei buoni ed accoglienti sventola bandiere rosse con tutto il modernariato di area: immagini del Che, stelle rosse a cinque punte, falce e martello, striscioni inneggianti all'anarchia. Un centro sociale che fa gol.Per cinque anni consigliere provinciale della Margherita, Fresco ha stupito la sua parte politica alle amministrative 2017 affiancandosi all'ex leghista Flavio Tosi. Argomentò: «L'ho fatto per amicizia. Ci diede anche una mano nel trovare un luogo dove sistemare i profughi». Quello dei migranti africani è un settore aggiunto alla polisportiva dopo calcio maschile e femminile (sette squadre più scuole calcio), volley e palestre. Due anni fa in un'intervista al Manifesto il Gigi disse: «Dalla prefettura ci è stato assegnato un gruppo di ragazzi che volevano fare sport. Siamo arrivati ad averne anche 400». Ne era orgoglioso perché «la Virtus è un modo di vivere, solidarietà e valori del rispetto». È da sempre la musica del giorno prima. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sequestrati-12-milioni-virtus-verona-2655510772.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lamorgese-bussa-lue-non-risponde" data-post-id="2655510772" data-published-at="1636194333" data-use-pagination="False"> Lamorgese bussa, l’Ue non risponde Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese tenta di distogliere l'attenzione dall'incontenibile flusso migratorio rilanciando il tema della redistribuzione degli sbarcati. Dopo aver borbottato che l'accoglienza «non può essere un carico che deve avere solo il Paese di primo approdo» e che è «ingiusto» ciò che sta accadendo, perché «in pandemia ci sono difficoltà organizzative», il ministro sembra cercare disperatamente la sponda dei commissari europei. «Ne ho sempre parlato con la commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson e lo farò anche in questi giorni», ha annunciato Lamorgese giovedì, dopo aver incontrato al Viminale un altro commissario europeo: Didier Reynders, che si occupa di Giustizia. Durante l'incontro bilaterale, Lamorgese ha tentato di portare il discorso sui flussi migratori con il solito ritornello: «L'esigenza di una forte solidarietà europea che consenta la redistribuzione dei migranti che sbarcano in Italia e di un impegno dell'Unione per sviluppare partenariati strategici con i Paesi di origine e transito dei flussi, a cominciare da Tunisia e Libia». In Tunisia il capo del Viminale è volato più volte senza successo. E la linea di comunicazione diretta di allerta tra le autorità italiane e tunisine per lo scambio rapido di informazioni sulle imbarcazioni con a bordo immigrati irregolari propagandata ad agosto da Lamorgese si è rivelata l'ennesimo flop. Totalmente fallimentare sembra anche la strategia messa in campo nei confronti dell'Europa. L'ultima presa in giro del commissario Johansson risale al maggio scorso, quando, mentre cominciavano ad aumentare gli sbarchi per l'inizio della bella stagione, aveva promesso: «Sto contattando i governi dell'Unione per mettere i piedi un sistema di redistribuzione volontario e provvisorio per aiutare l'Italia ad affrontare l'estate». Il sondaggio che aveva promesso di fare per verificare «quanta voglia» ci fosse «tra i partner di impegnarsi» deve essere andato particolarmente male, visto che il tema della redistribuzione non è più stato toccato per mesi. Lamorgese, però, sembra ancora convinta che Johansson voglia trovare davvero una soluzione che aiuti l'Italia ad allentare la pressione sui tre fronti bollenti dell'invasione delle coste: quello siciliano, quello calabrese e quello pugliese. Gli hotspot scoppiano e le navi quarantena non bastano. Ma i professionisti dell'accoglienza appaiono soddisfatti: «Siamo lieti delle dichiarazioni di Lamorgese, che rappresentano chiaramente un cambio di direzione rispetto all'atteggiamento che l'Italia e gli altri Paesi costieri hanno tenuto in questi ultimi anni». Parole di Valeria Taurino, direttrice generale di Sos Mediterranée. D'altra parte, la Ong, rivendica Taurino, lo sostiene da anni: «A fronte dell'obbligo giuridico di salvare vite in mare e di fornire un porto sicuro di sbarco ai naufraghi in capo ai Paesi costieri come l'Italia, deve corrispondere un analogo dovere di solidarietà sulla redistribuzione delle persone soccorse che ricade sui Paesi membri dell'Unione Europea». È questo il punto nel quale la propaganda di Lamorgese si salda con le tesi delle Ong. Per Taurino, infatti, è «questo l'atteggiamento corretto, non la politica dei muri e dei finanziamenti alla Guardia costiera libica. Una politica, quest'ultima, che negli ultimi anni ha causato morte e indicibili sofferenze a migliaia di persone». Una visione che non combacia, però, con i dati sugli sbarchi. Soprattutto con quelli dell'ultimo anno.